Noa e la fede nella pace

A trent’anni dal suo esordio, in occasione dell’uscita del suo ultimo album «Afterallogy», la cantante israeliana Achinoam Nini (in arte Noa) si racconta al «Messaggero di sant’Antonio».
06 Agosto 2021 | di

Ci sono persone che emanano energia positiva anche da lontano, persino attraverso lo schermo di un pc. Poco importa se le incontriamo in video, in foto o – come nel caso di questa intervista – via e-mail. La loro aura permea parole e note. E dall’orecchio arriva dritto al cuore dell’interlocutore. È capitato così anche a noi, mentre tentavamo di raggiungere la cantante israeliana Achinoam Nini (in arte Noa) tra una tappa e l’altra della sua tournée (finalmente live e in presenza!) per portare al pubblico la sua ultima fatica realizzata con il chitarrista Gil Dor: l’album Afterallogy. È la prima volta che l’artista se la vede con il jazz nudo e crudo. Per quanto, in trent’anni di carriera, abbia esplorato e fuso tantissimi stili, suoni, lingue, collaborando con trii acustici, quartetti e orchestre sinfoniche.

Dopo un anno e mezzo di pandemia, ci voleva proprio un progetto «alle origini» per ripartire con ancora più entusiasmo ed energia. Lo sa bene la cantante nata a Tel Aviv nel 1969 da genitori ebrei yemeniti che, dal trasferimento a New York fino al rientro in Israele da adolescente, non ha mai smesso di cercare e di evolvere. Cantante, dunque, ma anche poetessa, compositrice, percussionista, attivista e – non ultimo – madre di tre figli, Noa ha calcato in questi ultimi trent’anni i maggiori palcoscenici del mondo (compresi quelli più inediti nella Basilica del Santo di Padova o nel santuario di San Francesco di Paola). Indimenticabili le collaborazioni con Antonello Venditti, Pino Daniele, Andrea Bocelli e con il jazzista Pat Metheny. Tanto quanto la sua interpretazione di Beatiful that way, colonna sonora del film di Roberto Benigni La vita è bella, scritta da Nicola Piovani.

La musica per Noa non è mai fine a se stessa, piuttosto un veicolo di speranza. Uno strumento per portare luce anche laddove la luce scarseggia... Non c’è da stupirsi, quindi, se nel 2001 Noa ha ricevuto il premio «Artista per la Pace» nell’ambito del meeting United Artists for Peace promosso dai francescani di Assisi. O se, nel 2003, è stata nominata Ambasciatrice di buona volontà dalla FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura). E la lista non finisce qui… È del 2006 l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia conferitale in Quirinale. Mentre risalgono al 2018 la nomina a Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e il premio Pellegrino di Pace da parte del Centro internazionale per la pace fra i popoli di Assisi. L’ennesima dimostrazione che il talento senza cuore non porta da nessuna parte. 

Msa. Il suo ultimo album Afterallogy (in collaborazione con il chitarrista Gil Dor) è un viaggio molto personale alle origini del jazz. Come è nato e che cosa rappresenta per lei?
Noa.
Afterallogy è il nostro primo album di jazz, a lungo desiderato. Il titolo, in omaggio ai grandi che ci hanno ispirato (su tutti: Ornithology di Charlie Parker), è una dichiarazione intorno alla vita e alla musica esasperata dalla crisi che il covid ha portato. Dopo tutto quello che è stato detto e fatto, dopo trent’anni, dopo una pandemia che ha scosso, denudato e mandato in frantumi il mondo intero, dopo migliaia di chilometri percorsi e molti altri di note suonate e cantate, che cosa rimane? Un profondo amore per l’umanità, il rispetto per la grande musica e per la grandezza nella musica. Un grande apprezzamento per il regalo dell’amicizia, per una partnership unica. Infine, la curiosità e la passione, la ricerca meticolosa nell’intento di svelare il più profondo mistero della musica che ci guida sempre avanti. Afterallogy è la prima parte del nostro progetto jazz. Stiamo lavorando alla seconda, con la band, con più improvvisazione e un approccio sperimentale.

Dopo la diretta streaming del concerto live di presentazione di Afterallogy, ora nel suo calendario compaiono le prime date della tournée. Quanto conta per lei il rapporto diretto con il pubblico? 
Ho amato fare i concerti da casa, ma sono anche davvero tanto felice di tornare a viaggiare e di vedere di persona i fan.

Nelle sue canzoni ha toccato tanti temi e speso molte parole di denuncia contro razzismo e guerra. C’è ancora spazio per la speranza in questo mondo dominato dalla violenza?                                                                                                                  Dove c’è vita c’è speranza. In questo anno di coronavirus abbiamo imparato ad aspettarci l’inaspettato! Se qualcosa può essere sorprendentemente cattivo, allora può essere anche sorprendentemente buono! Sono le due facce della stessa medaglia.

La sua passione per Bach è nota a tutti, dopo la pubblicazione dell’album Letters to Bach. Quale altra musica ama ascoltare?
Adoro i cantanti e i compositori degli anni Sessanta: Paul Simon, Leonard Cohen, Joni Mitchell… E alcuni più recenti come Sting, James Taylor, Billy Joel. Amo molto anche ascoltare Stravinsky, Faure, Puccini e altri grandi della musica classica. Per non parlare della musica brasiliana di Antonio Jobim e Caetano Veloso, e del jazz di Miles Davis, Pat Metheny, Chic Corea, Ella Fitzgerald. Amo la buona musica!

L’anno scorso, in pieno lockdown, lei è stata scelta dal ministero degli Esteri assieme ad altri grandi artisti per promuovere la cultura italiana attraverso un messaggio video. Ormai è una cittadina italiana doc? 
Purtroppo non ho la cittadinanza italiana, anche se mi piacerebbe tanto averla! Amo l'Italia, mi ha dato infinite possibilità di esprimermi, non solo facendo musica, ma anche seguendo i miei propositi di inclusività, compassione e pace! Sono stata onorata, in veste di donna ebrea israeliana, di esibirmi in Vaticano per tre Papi (!!!) e di rompere il muro del pregiuizio, di lavorare con Roberto Benigni, Nicola Piovani, il Solis String Quartet, Andrea Bocelli, Nabil Salameh e molti altri grandi artisti. Ho tenuto centinaia di concerti nel vostro bel Paese, e anche di questo sono onorata.  

A proposito dei tre Papi (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco) per cui si è esibita: ce n'è uno che l'ha colpita in particolare?
Potersi esibire per un Papa e incontrarlo personalmente è sempre un'esperienza toccante. Io ho avuto il grande onore di portare il messaggio di pace e riconciliazione, rompendo muri e costruendo ponti. Nutro uno speciale amore e un'ammirazione particolare per papa Francesco che ho incontrato personalmente diverse volte. 

Che cosa significa per lei la parola «fede»? E la parola «pace»?
Io ho fede nella pace! Ho fede nell'amore che abita in ogni cuore umano, l'amore con cui siamo nati e che è la più grande forza trainante delle nostre vite. Credo nella gentilezza umana e nella compassione, nell'energia positiva che possiamo emanare quando comunichiamo, quando mostriamo rispetto, sincerità e solidarietà.

Nel 2018, in visita ad Assisi per ritirare il premio Pellegrino di Pace, lei ha elogiato l’ideale di vita francescano. In che senso, secondo lei, gli insegnamenti del Poverello d’Assisi sono universali e declinabili in tutte le fedi e in tutti i contesti?
Anche se non sono religiosa, credo nel potere della vita e della gentilezza. Si tratta di un potere che esiste in ogni religione. San Francesco rappresenta l’attenzione a molte delle cose che amo: la natura, la semplicità, la generosità, l’umiltà e la modestia. Per questo mi sento connessa al suo spirito. I concetti che stanno alla base del movimento francescano sono vicini al mio cuore e io cerco di vivere proprio secondo quegli ideali. 

Perché in questi tempi di incertezza e di dolore è così importante l’umiltà insegnataci da san Francesco?
In parole povere, dietro questa parola c’è sempre lo stesso messaggio: «Ama il prossimo come ami te stesso». Un concetto che, ancora una volta, ritroviamo in tutte le religioni. San Francesco lo incarna nel cristianesimo. Il mondo oggi ha bisogno di tanta umiltà, generosità, altruismo e amore incondizionato per poter guarire. Dev’essere chiaro, una volta per tutte, che nessuna religione detiene il monopolio della saggezza e della verità. Le cose più importanti e basilari, la luce che dobbiamo seguire se vogliamo curare e salvare il pianeta, oltre che noi stessi, esiste in ogni fede e in ogni grande filosofia. Noi dobbiamo solo aprire gli occhi e vedere. 


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Data di aggiornamento: 06 Agosto 2021
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