Poesia di pace

La pace non è una condizione anodina e analgesica, ma una «quiete accesa», per rubare le parole a Ungaretti. Non una «pace vuota», ma una pienezza di vita che richiede la nostra capacità di essere costruttori, attori, «operatori» di pace.
01 Febbraio 2024 | di

È passata una nuova giornata mondiale per la pace, eppure la pace sembra un sogno lontano. O forse, per molti, non è neppure più un sogno. In fondo la guerra, quando si è convinti di essere nel giusto, sembra offrire un senso e uno scopo alle nostre vite: ci fa sentire attori della storia, genera un senso di appartenenza, incastona le nostre singole esistenze nella cornice di un popolo che difende i propri valori. Più siamo vicini alla morte e più ci sentiamo vivi. Posto che personalmente sono d’accordo con Albert Einstein («La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire»), l’inizio di un nuovo anno e la drammatica situazione internazionale ci sollecitano a rompere qualche luogo comune sulla pace, che la rende paradossalmente meno entusiasmante della guerra.

La pace non può essere definita solo in negativo: assenza di conflitto, mera conservazione degli assetti esistenti. Anche perché in troppi casi si tratta di assetti ingiusti. Né può essere il frutto della paura di cambiare le cose: una sorta di immobilismo conservatore per timore dell’inedito. E, infine, non può essere costruita attraverso procedure, dispositivi, regolamentazioni: importanti ma insufficienti. La pace non è una condizione anodina e analgesica, ma una «quiete accesa», per rubare le parole a Ungaretti. Non una «pace vuota», ma una pienezza di vita che richiede la nostra capacità di essere costruttori, attori, «operatori» di pace: un fare che non è solo fabbricare ma creare poeticamente. Che questo nuovo anno ci renda poeti di pace.

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Data di aggiornamento: 01 Febbraio 2024

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