Gli amici di una vita che si ritrovano intorno a un tavolo per festeggiare i 40 anni di uno di loro e, a ogni portata di pesce, affrescano una quotidianità fatta di tasse, partite Iva e «dio-lavoro». Una giovane docente di italiano e latino in un liceo scientifico alle prese con le pene d’amore per il nuovo supplente di informatica. Un politico e i preparativi per il suo comizio elettorale. Una donna disillusa che fugge le relazioni per paura di soffrire.
Il tempo del mate è circolare, un tempo originario, ritorna sempre al punto di partenza. Uguale a se stesso. E sempre diverso. Come ogni sorso di mate. Significa molti giri, molta lentezza, molte chiacchiere, molti sorrisi.
Un’amicizia sbocciata tra due donne in ospedale. Una promessa – fare il Cammino di sant’Antonio insieme – che ha atteso due anni per compiersi. E poi il lieto fine, anzi il lieto inizio. L’inizio di un viaggio che ha nel Santo il proprio perno.
A pochi mesi dalla morte, il ricordo di Ermanno Olmi nelle parole dell’allora redattore (e poi, per anni caporedattore) del «Messaggero di sant’Antonio».
Ogni ragazzo scappa di casa. Fisicamente o simbolicamente la fuga gli consente di arrivare fin sull’orlo del precipizio. Spellandosi mani e ginocchia, procurandosi ferite le cui cicatrici altro che si cancellano. Eppure l’unica speranza per sapere qualcosa di sé è provare a scappare per vedere il mondo che sta fuori e guardare oltre.