Violenti i figli, confusi i genitori

Perché e come le famiglie smettono di educare? Tutto comincia quando, per evitare l’autoritarismo, si rinuncia a esercitare ogni forma di autorità. Quando si pensa che non ci sia bisogno di norme.
21 Dicembre 2006 | di

La fine dell’anno è stata segnata da fatti molto sgradevoli: in tutta Italia, in città grandi o in piccoli centri, si sono verificate violenze perpetrate da ragazzini minorenni su compagne e compagni di scuola – fra cui alcuni disabili – e talvolta persino su professori. Un particolare, comune a tutti gli episodi, colpisce: a rivelarli non sono state le vittime ma gli stessi colpevoli, che si sono vantati delle bravate a voce o diffondendo in rete – e mettendo in vendita – filmati e immagini dei fatti. Una prova ulteriore della mancanza di coscienza morale dei ragazzi, che rivela, in soggetti di questa età, un totale deficit di educazione. Vuoto di educazione confermato dal fatto che in alcuni casi i genitori si sono schierati al fianco dei figli per proteggerli dalla giustizia.
Sono indizi gravi e sintomatici di un degrado culturale e morale della nostra società che spaventa e per il quale non è facile trovare soluzioni serie, almeno a breve scadenza.
Non abbiamo voluto vedere i segni di un disastro annunciato. Su autobus e treni ragazzi maleducati non lasciano il posto ai passeggeri anziani o alle madri con bambino, ma spesso lo conservano protervamente, anche sotto gli sguardi e i commenti irati di altri passeggeri. Le scuole medie inferiori e superiori sono spesso sporche e devastate, all’interno e all’esterno, e più che luoghi di studio sembrano teatro di battaglie scatenate da violenti che disprezzano l’attività culturale. I professori – a cui di frequente si rimprovera di essere apatici e di non trasmettere entusiasmo e amore per la cultura – non trovano alcuna solidarietà presso le famiglie, anzi i genitori li accusano di non sapere tenere la disciplina e di non sapere educare, rovesciando su di loro la responsabilità del cattivo comportamento dei figli.
Perché e quando le famiglie hanno smesso di educare? Quando si è cominciato a pensare che le norme fossero sbagliate e una fatica inutile farle rispettare? Certo, le origini di questa mentalità diffusa sono lontane: bisogna risalire alla secolarizzazione – con la ribellione alla morale cristiana, ritenuta, specie sul piano sessuale, troppo rigida – e all’illuminismo, che ha cancellato il concetto di peccato originale convincendoci, con Rousseau, che la natura umana è originariamente buona e naturalmente volta al bene. Il male non sarebbe quindi insito in ogni essere umano, ma frutto di un’educazione sbagliata, magari troppo rigida, imposta da una società ottusa.
Queste idee, che si sono diffuse per tutto l’Ottocento con successo, hanno poi trovato conferma in varie scuole pedagogiche novecentesche, e persino in quella montessoriana, spesso ridotta nella pratica a una rinuncia a qualsiasi tipo di insegnamento in favore di una libertà espressiva insita nel bambino.
Ma la causa è anche il cambiamento demografico, che ha provocato una trasformazione radicale dell’infanzia: i bambini oggi sono quasi tutti figli unici, desiderati e spesso idolatrati da genitori molto impegnati nel lavoro, che non hanno voglia, nel poco tempo che passano con i figli, di educarli, ma preferiscono accontentarli in tutto, per trasformarli in fonte di gratificazione sentimentale. E storicamente la crisi dell’autorevolezza degli insegnanti è iniziata nel ’68, a causa di una critica che confondeva autorità con autoritarismo, cosicché oggi questa ideologia è così diffusa da permeare quasi tutti gli opinionisti – che addebitano il degrado morale dei giovani al consumismo e al volere tutto subito, fenomeni importanti, che sono però un effetto, più che una causa, della decadenza educativa – e filosofi di successo, sostenitori di un’etica dell’autonomia e della libertà che dovrebbe nascere naturalmente dalla natura umana, senza bisogno di norme. Forse però è ora arrivato il momento di cambiare rotta.


Lucetta Scaraffia, torinese di nascita, è sposata e ha una figlia. Insegna Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma occupandosi prevalentemente di donne e religione. Vicepresidente di Scienza & Vita, è membro del Comitato nazionale di bioetica. L’ultimo libro l’ha scritto con Eugenia Roccella: «Contro il cristianesimo» (Piemme, 2005).

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017