In viaggio con Romina nel Paese delle badanti

È arrivata in Italia più di tre anni fa, senza soldi e famiglia. Ora, con un lavoro e un permesso di soggiorno, può tornare a casa da regina e dimostrare a tutti di avercela fatta. Una nostra inviata è partita con lei.
22 Febbraio 2007 | di

Rimini. L’appuntamento è per il sabato a mezzogiorno, di fronte all’ospedale. Romina, con due valigie nuove, attende il suo turno accanto al pulmino delle «badanti», quello che fa la spola dalla Moldavia, trasportando le «russe», come le chiamano qui. Non è venuta per partire con loro ma per lasciare i suoi bagagli, pieni di vestiti nuovi. «Prenderò l’aereo» dice raggiante dall’alto dei suoi 1200 euro al mese, quasi a sottolineare che quei viaggi allucinanti, da clandestina, sono ormai alle sue spalle. È euforica: dopo più di tre anni, la questura le ha rilasciato i documenti, può tornare al suo Paese «alla grande» e mostrare a tutti di avercela fatta. Io parto con lei, ma al ritorno voglio prendere quel bus per cercare di capire le fatiche, le speranze, i timori, le delusioni di quelle donne che curano i nostri vecchi e accarezzano i nostri bambini. Tante storie diverse accomunate dal coraggio di abbandonare la famiglia per riuscire a mantenerla.
Romina in realtà si chiama Rodica, ma «Romina è più facile per gli italiani». Ha 27 anni ed è giunta nel riminese tre anni fa, senza famiglia, amici, lavoro, soldi. È contenta che io, giornalista, vada con lei: sono la prova della sua riuscita e del fatto che lei non è una prostituta.
In aereo mi racconta del suo Paese. Un tempo prospera repubblica dell’ex Unione Sovietica, oggi la Moldavia soffre una grave crisi economica: le industrie sono chiuse e la maggior parte della gente vive sotto la soglia di povertà.
Senza introiti, molti matrimoni sono naufragati. Frequenti le violenze all’interno delle famiglie, la prostituzione, l’abuso di alcol e la droga. Lavoro nero, piccolo commercio e agricoltura sono le uniche attività possibili, ma garantiscono appena la sussistenza. Chi ha la fortuna di lavorare guadagna circa quaranta euro al mese, mentre il costo della vita è altissimo.
Romina ha scelto di emigrare, come tante altre, quando, dopo la morte della mamma, si è ritrovata senza lavoro, con un padre giovane, depresso e alcolista. «È stata dura lasciare tutto, ma non avevo altra scelta» ammette. È riuscita a partire grazie all’interessamento di una zia «potente» e a un grosso prestito che ora finalmente può restituire.
Lei è ansiosa di fare il suo ingresso da diva e io, più di lei, di accompagnarla.    


Nostalgia di casa

Il viaggio di Romina – nella foto, ritratta in camera sua – è accompagnato dalla nostalgia, dai ricordi della sua vita insieme alla madre scomparsa, dalle persone e dagli oggetti del passato: come la foto dei bisnonni (a destra), esuli per anni in Siberia al tempo del regime.
Nel periodo del suo ritorno al Paese, la nonna di Romina, una vecchietta dolce e sola, le consegnerà tutte le foto di famiglia e le dirà, quasi a volerle predire il futuro: «Tienile. Qui non tornerai più. Queste foto sono la tua storia. Portale in Italia».
Sogni all’europea. All’aereoporto di Chisinau, la capitale della Moldavia, ci aspetta un drappello di parenti: campeggia la zia «cittadina e potente». Mezz’ora di abbracci e regali. La città si presenta piena di contrasti: gente vestita all’occidentale e donne con fiorati foulard tradizionali; vecchie Lada di fabbricazione russa e nuove Bmw e Mercedes; povertà estrema ed esibizione di ricchezza: telefonini, film americani,
moto straniere, antenne paraboliche ovunque. I ragazzi per le strade mimano i coetanei europei.
Ritorno al passato. Fuori dalla capitale il paesaggio cambia radicalmente. Contadini con mezzi rudimentali, carri trainati da animali, i tradizionali pozzi, sparsi ovunque, punteggiano il paesaggio della campagna moldava. La gente è semplice, affabile e curiosa: sguardi sorpresi e saluti carichi di calore umano. Le povere case sono piene di tappeti e tessuti tradizionali.


Come una piccola star

«È tornata Romina dall’Italia», tambureggia la voce nel villaggio. Una piccola folla la circonda per curiosità, per un saluto, per amicizia, per invidia. Il padre, che non vede da anni, la abbraccia con calore ma subito dopo le chiede soldi per pagare i debiti e per bere. Il sorriso di Romina diventa una smorfia di delusione. Ma lei lo sa, gli uomini qui sono così; non hanno lavoro e si stordiscono per dimenticare: amori, vino, gioco. Così «le donne sono costrette a emigrare per far sopravvivere la famiglia». Il contrario è una rarità.Ma oggi non è tempo di amarezze: Romina si sente comunque una regina, tutti le fanno i complimenti, le dicono che sembra una modella.


Al mercato«da signora»

Romina compra senza badare a spese. Ora che è più ricca di tutti i suoi parenti,ricambia affetti e favori.Quando una badante ritorna, la vita dei parenti migliora: si ristrutturano le vecchie case, se ne costruiscono di nuove. Alcune famiglie riescono ad avviare piccole attività agricole. Il ritorno è anche il tempo della celebrazione dei grandi eventi familiari e religiosi. Romina e io partecipiamo alla Pasqua ortodossa (foto a destra) con i suoi riti, i suoi dolci tipici, i suoi colori.


La realtà dopo la festa

Tre giorni e due notti di viaggio, attraverso la Moldavia, la Romania, l’Ungheria e l’Austria. Il carico: quattro donne, due autisti e un mare di bagagli. Il clima è triste: ho visto queste donne salutare figli e mariti e poi piangere di nascosto. Non dicono nulla, ma so che per loro sono un’eccentrica: donna occidentale, con passaporto, nel bus delle clandestine. I vetri oscurati non permettono di godersi il panorama. Al mio arrivo a Padova, squilla il cellulare. È Romina. «Tutto bene – le dico –. E tu?». «È stato bello ma ora sono a casa, a Rimini» risponde. Riattacco. Su un palo della luce c’è un annuncio di lavoro: un’altra Romina sta cercando la sua strada.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017