Viaggiando a occhi aperti

Non è roba da Indiana Jones, ma nemmeno da pigri patentati. È il turismo responsabile, un nuovomodo di viaggiare per conoscere, rispettando popoli e ambienti.
26 Maggio 2005 | di

C'è un modo di viaggiare che fa bene, e non solo a chi viaggia. Fa bene pure a chi il viaggio lo subisce, ovvero alle cosiddette comunità  ospitanti.
È l'ecoturismo, un modo nuovo di viaggiare che, diversamente da quanto suggerisce il termine, non sta a indicare solo, o almeno non più, il turismo ecologico, riservato ad amanti della natura o ecologisti incalliti. Ecoturismo significa preoccuparsi che il luogo visitato possa essere in grado di sopportare il viaggio, rispettarne l'ambiente e le persone che ci vivono. Vuol dire, soprattutto, viaggiare con senso etico e comportamento rispettoso verso il Paese che si andrà  a visitare e la sua gente. Significa insomma, in due parole, fare turismo sostenibile.
Quella del turismo sostenibile è una filosofia di viaggio (e non una moda) rivalutata abbastanza di recente. Dopo il boom del turismo di massa, con i suoi pacchetti tutto compreso e le strutture ricettive uguali in tutto il mondo, qualcuno ha pensato che viaggiare poteva anche essere una cosa diversa dalla vacanza-usa-e-getta.
In Italia, la spinta iniziale arriva nel 1990, con l'iniziativa del Touring club italiano di creare un Comitato etico internazionale turismo e ambiente.
A questo primo passo segue, solo un anno dopo, l'attività  dell'associazione Ram - Robe dell'Altro Mondo. Nata, in realtà , già  nel 1987 attorno a Renzo Garrone, Ram è tra le prime a proporre viaggi-incontro fuori dai soliti schemi turistici, nella regione indiana e nel Sud-est asiatico. S'intravedono i primi tentativi di dare una definizione di turismo sostenibile quando Ram si premura non solo di stilare ma arriva persino a depositare presso la Siae (Società  italiana degli autori e degli editori) i Criteri per un viaggiare non dannoso. Il primo Forum italiano del turismo responsabile nasce proprio attorno a una costola della stessa associazione.

Ma chi è il vero turista?

Nel 1993, poi, Roberto Furlani del Wwf di Milano cura le Linee Guida per attività  di ecoturismo per tour operator, allargando così le responsabilità  non solo al singolo turista ma anche a chi i viaggi li organizza per altri.
Il 23 novembre 1997 undici associazioni impegnate nel settore del turismo sottoscrivono la Carta d'identità  per viaggi sostenibili, decalogo del viaggiatore responsabile ispirato oltre che dal lavoro di Ram, da documenti importanti prodotti all'estero (il Tourism Bill of Rights and Tourist Code dell'Omt, l'Organizzazione mondiale del turismo, 1985, e la Carta di Lanzarote, nata nell'aprile del 1995 al termine della prima Conferenza Mondiale sul Turismo Sostenibile). Un anno dopo, le stesse associazioni fondano a Milano l'Aitr, Associazione italiana turismo responsabile, un'organizzazione laica senza scopo di lucro che ha tra i suoi fondatori anche Legambiente, Wwf e Cts (Centro turistico studentesco). Oggi, Aitr comprende più di cinquanta associazioni non profit che si occupano di turismo a vario titolo, oltre ai soci che vi aderiscono a livello individuale.
È impensabile che oggi si possa ancora fare distinzione tra il vero viaggiatore e il turista, racconta Duccio Canestrini, giornalista e antropologo, esperto di viaggi, che, sin dagli inizi, ha seguito la nascita di Aitr, ed è oggi curatore di iniziative culturali per Outis, ente non profit creato nel 1999 per diffondere un turismo di qualità . Attorno alla figura del turista, Canestrini ha scritto il libro Andare a quel paese (Universale economica Feltrinelli, 2004, euro 7,00) e ha creato persino il sito internet www.homoturisticus.com.
Siamo tutti un po' homo turisticus - egli sostiene -. Anzi, mi piace citare simpaticamente, a questo proposito, una foto che conservo, dove un gruppo di turisti in giacche a vento rosse osserva un gruppo di pinguini: e mi domando allora chi stia osservando chi, chi è il turista e chi la specie da osservare. Se dunque è vero che quando viaggiamo siamo tutti turisti, meglio allora cercare le differenze tra le varie tribù di turisti, dato che oggi vi sono diversi modi per vivere il viaggio, come semplice evasione o come crescita personale.
Ma che cosa vuol dire, allora, concretamente, turismo sostenibile? Secondo l'Organizzazione mondiale del turismo, l'agenzia dell'Onu che ha sede a Madrid, il turismo sostenibile deve proteggere le risorse ambientali, assicurare che le comunità  locali traggano benefici sia in termini di reddito sia di qualità  della vita e mettere i turisti in condizione di vivere un'esperienza di qualità . In pratica, significa porre l'attenzione sul duplice aspetto del turismo, quello che riguarda l'individuo che intraprende il viaggio e, soprattutto, quello che riguarda l'impatto verso il Paese ospitante.
Dal punto di vista strettamente personale, fare turismo sostenibile vuol dire considerare l'aspetto etico del viaggio, che deve però fare i conti con l'organizzazione pratica. Il che non significa necessariamente fare vacanze scomode, alternative a ogni costo, trascorse in sistemazioni di fortuna giocando ai provetti esploratori. C'è una via di mezzo tra la vacanza stile Indiana Jones e il turismo massificato delle strutture e dei servizi che alimentano solo i conti di società  straniere le quali spesso sfruttano le comunità  ospitanti. Si può, infatti, viaggiare eticamente, anche stando comodi e scegliendo tra servizi che favoriscano lo sviluppo dell'economia locale e il contatto reale con i luoghi visitati (favorendo dunque la crescita personale). Qualche esempio? L'alternativa al villaggio turistico standardizzato, può essere l'albergo a conduzione familiare. Per la ristorazione si possono privilegiare cibi locali. Si può affidare l'organizzazione del proprio viaggio ad agenzie o tour operator che si avvalgano di partner locali, affinché parte del prezzo pagato arrivi nelle tasche della comunità  ospitante. E questi sono solo alcuni dei principi fissati dalla Carta d'identità  per viaggi sostenibili, stilata da Aitr (www.aitr.org).

Sostenibile sì, ma sempre turismo

Ma è in agguato anche il rischio di un altro fraintendimento. Spesso si crea confusione tra turismo responsabile e volontariato - dice infatti Renzo Garrone di Ram -. Quello responsabile o sostenibile resta comunque una forma di turismo e dunque un servizio per il quale si paga. Ma è importante sottolineare allora che il compito di chi organizza questo tipo di viaggi è fare in modo che l'etica si sposi con la qualità . Quando organizziamo un viaggio privilegiamo sì il contatto vero con la realtà  locale, ma lo facciamo sapendo bene dove e come andare e quali servizi offrire.
Esempi? I nostri gruppi sono formati da un minimo di cinque a un massimo di quindici persone. Prevediamo visite culturali e naturalistiche, ci serviamo di trasporti pubblici e dormiamo in alloggi a gestione familiare. Ma senza fanatismi, come specificano anche i criteri di viaggio dell'associazione.
La domanda per questo tipo di viaggi non manca, sostiene ancora Renzo Garrone, anche se non trattandosi di un turismo a buon mercato (un viaggio può arrivare a costare circa 2 mila euro) è richiesto più da singoli che da famiglie.
Ma l'attenzione da parte del grande pubblico cresce, per cultura o per coscienza. Ne è una prova il numero sempre maggiore di guide pratiche sull'argomento: titoli come Vacanze contromano, Vacanze tra spirito e impegno e Turisti Responsabili pubblicati da Insieme nelle Terre di Mezzo, associazione nata dal periodico di strada Terre di Mezzo. Ma anche sulla stampa turistica più generica compaiono sempre più spesso servizi su itinerari alternativi, a forte componente etica.
Da un punto di vista organizzativo, resta però ancora difficile garantire la qualità  dei viaggi offerti su larga scala. All'estero, la Pacific Asia travel association, associazione non-profit del settore turistico, ha già  istituito un premio annuale che si chiama Green Leaf (foglia verde) per i tour operator che propongono iniziative di turismo sostenibile. In Italia si vorrebbe la creazione di un Marchio del turismo responsabile che doterebbe gli organizzatori sostenibili di un bollino di certificazione per garantire la qualità  del prodotto così da poter assicurare che il viaggio proposto risponda ai requisiti richiesti: basso impatto ambientale, riscontro sociale, culturale ed economico presso le comunità  ospitanti.
La strada verso questo passaggio è lunga e difficile. C'è, infatti, il rischio che gli organizzatori di viaggi sfruttino questa nuova attenzione verso il turismo solidale solo per guadagnare nuove fette di mercato senza veramente sposarne le reali motivazioni. Lo stesso Renzo Garrone, nel 1996, nella premessa alla seconda edizione del suo libro Turismo responsabile scriveva con tono provocatorio che il turismo sostenibile è un'idea talismano che rischia di venirci scippata da tour operator ecofurbi. Rimane da chiedersi quanta etica ci sia nella vendita di tempo organizzato, come fosse l'ennesima merce. Dal punto di vista umano, un'esperienza autentica non si può comprare, si può solo propiziarla.
Ma a distanza di quasi dieci anni, mentre lavora ormai alla terza edizione di quel libro, Garrone oggi si ritiene soddisfatto nel vedere che molti gruppi hanno iniziato da allora a fare turismo sostenibile nel modo giusto. Resto comunque dell'idea - prosegue - che chi affronta un viaggio sostenibile non debba cercare l'esperienza come merce. Quello che si acquista è un buon prodotto turistico fatto con etica, che poi è quanto questo genere di turismo vorrebbe realmente proporre. Il resto, se mai, viene di conseguenza.
E vedo ancora molto lontana la possibilità  che i grandi tour operator possano realmente proporre questo tipo di turismo, dato che la loro catena di produzione è complessa e difficilmente controllabile. C'è chi, invece, ha una visione più ottimistica. Nulla vieta anche ai grandi tour operator di adottare i principi del turismo sostenibile, anzi converrebbe a tutti - sostiene Duccio Canestrini -. Il turismo sostenibile per le direttive europee non deve essere una nicchia di mercato, ma l'unico modo di fare turismo. Anche se preferisco ormai definirlo turismo permeabile, inteso come curioso, permeabile alla realtà , proprio per evitare termini ormai troppo sfruttati.


In viaggio con cuore e cervello

Un trekking a piedi e a cavallo in Venezuela, dalle Ande ai Caraibi, insieme alla Caribana, cooperativa locale di turismo responsabile. Una visita al parco nazionale di Wazà , in Camerun, terra dalle forme e colori che contrastano e per questo estremamente affascinanti. Ma anche una settimana in Molise, tra le sconosciute e straordinarie bellezze di una delle più piccole regioni d'Italia, incontrando realtà  che operano in campo sociale. Oppure a Napoli, con l'associazione Koibà , per scoprire le bellezze della città  partenopea insieme a persone del luogo, impegnate nelle realtà  sociali. E poi Riace, la Sicilia, i Colli Euganei. Sono solo alcune delle proposte di Viaggi Miraggi (tel. 0422 304242; www.viaggimiraggi.org), cooperativa onlus che aderisce ad Aitr, nata nel 2000 per promuovere a livello nazionale il turismo responsabile.
Viaggiare facendo i pagliacci è quanto propone Planet - Viaggiatori responsabili (tel. 045 8005167; www.planetviaggi.it), associazione culturale, socia di Aitr, nata nel 2002 con l'obiettivo di promuovere e sviluppare il turismo responsabile in un'ottica di incontro, dialogo, scambio e solidarietà  tra i popoli. Il progetto si chiama Planet clown e coniuga clowneria e viaggi consapevoli. Vale a dire che se il viaggio proposto dura, in genere, una ventina di giorni, quattro o cinque di essi saranno dedicati a giocare, inventare, recitare, improvvisare spettacoli di clowneria in orfanotrofi, ospedali o per le strade di quartieri disagiati. Un modo - dicono dall'associazione - per superare pregiudizi e timidezze ed entrare in comunicazione con tutti, al di là  dei problemi di lingua. Le proposte Planet clown per la prossima estate-autunno sono tre: Brasile, Argentina del nord e Messico (Chiapas e Yucatan). Il terzo suggerimento arriva invece dalla Sardegna. Siamo nel sud ovest dell'isola, precisamente nel Sulcis, zona di miniere, dove il turismo è arrivato solo di recente. L'iniziativa ha origine nel 1993, quando, in seguito a una grave crisi economica, le miniere di carbone, principale risorsa economica della zona, vengono chiuse. Mesi e mesi di occupazione dei luoghi di lavoro, proteste e manifestazioni non servono a nulla. Finché un gruppo di mogli, sorelle e madri di ex minatori non decide, con concretezza tipicamente femminile, di rimboccarsi le maniche e dare vita a una proposta nuova di autosviluppo della loro comunità  locale: la onlus Centro sperimentazione autosviluppo, che vede la luce nel 1999. Nasce così l'esperienza delle Domus Amigas (in lingua sarda, case amiche), associazione di famiglie disposte ad aprire le porte delle loro case (senza creare nuove costruzioni e dunque con un impatto ambientale molto basso), accogliendo gli ospiti come amici, offrendo loro un pezzetto della propria vita e condividendo conoscenze e tradizioni di un tempo (come i metodi antichi di fare il pane o di costruire e cuocere i mattoni usati nella costruzione delle case). L'iniziativa ha creato un vero e proprio mini-indotto: attorno alle Domus Amigas, infatti, stanno fiorendo laboratori artigianali per la lavorazione del legno o dei prodotti tessili o centri di coltivazione biologica (www.domusamigas.it).
Per saperne di più: Aitr, www.aitr.it.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017