04 Gennaio 2021

Verso una fraternità universale

Come è possibile che, in piena pandemia, davanti a tutte quelle morti, si litighi per l'apertura degli impianti sciistici o per il cenone di Capodanno?
Verso una fraternità universale

© Malte Mueller / Getty Images

«Caro direttore, le scrivo in questi giorni in cui si respira un clima pre-natalizio per molti versi paradossale. La tv ci snocciola ogni sera numeri anonimi di morti e ricoverati in terapia intensiva per il covid e la gente, invece che restare attonita dinanzi alla tragedia che sta colpendo il nostro Paese, si mette a litigare per gli impianti di risalita che non apriranno o per il cenone di Capodanno che non si potrà fare o per il Natale da trascorrere in solitudine. Per non parlare poi di chi sta cercando in tutti i modi di aggirare i divieti, pensando di essere furbo. Mi scusi se mi rivolgo a lei, ma davvero io resto annichilita: come si può pensare solo al proprio divertimento dinanzi a un dramma di questa portata? E poi ci lamentiamo se da anni lasciamo morire in mare migliaia di profughi? Ma se non riusciamo a farci toccare il cuore nemmeno dai “vicini di casa”, dai concittadini che muoiono in solitudine! Che mondo è quello in cui viviamo? Non mi ci riconosco più e, a dirla tutta, non mi ci voglio nemmeno più riconoscere. La prego, mi dica qualcosa di davvero “buono”, qualcosa che plachi la nausea che sto avvertendo verso questa Italietta così disumana».
Una lettrice affezionata

 

Carissima «lettrice affezionata», la stessa tua domanda me la sto ponendo anch’io e tante altre persone che, come te, mi hanno scritto, in queste settimane, lettere simili alla tua. Com’è possibile, mi chiedi. Beh, credo sia possibile perché a volte ci illudiamo di vivere in una sorta di bolla di cristallo che ci porta a credere che certe cose capitino solo agli altri e non toccheranno mai noi o i nostri cari. Credo che qui stia la ragione di fondo dei comportamenti irragionevoli e irrazionali che tu descrivi. Non riusciamo più a sentirci davvero uniti gli uni agli altri, incamminati in questo mondo tutti insieme verso un comune destino e chiamati pertanto a condividere le gioie e i dolori gli uni degli altri, a sentirci responsabili l’un l’altro e verso il Creato tutto.

Papa Francesco da sempre lo ripete: «Nessuno si salva da solo» e se hai letto la sua ultima Enciclica, Fratelli tutti, ti sarai accorta che essa è tutta incentrata su questo principio/valore universale e irrinunciabile. «Proprio mentre stavo scrivendo questa lettera – afferma infatti il Pontefice –, ha fatto irruzione in maniera inattesa la pandemia del covid-19, che ha messo in luce le nostre false sicurezze. Al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l’incapacità di agire insieme. Malgrado si sia iper-connessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti. Se qualcuno pensa che si trattasse solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà. Desidero tanto che, in questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità […]. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! […] ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!» (Ft, 7-8). 

Va bene, potresti dire, ma che cosa posso fare io, nel mio piccolo, che cosa possiamo fare noi in questo momento? Innanzitutto non appiattiamoci sul male, su ciò che non funziona. Cerchiamo di fissare il nostro sguardo soprattutto sul bene che anche oggi c’è, ed è tanto. Basti pensare ai moltissimi giovani e meno giovani che in questi mesi di pandemia si stanno adoperando per prestare aiuto e supporto a chi è stato colpito dalla malattia o dalla crisi che essa ha portato con sé. Purtroppo, come sappiamo, il bene spesso non fa rumore, ma c'è, credimi. Ce n’è tanto (e anche noi cerchiamo, sulle nostre pagine, di farlo conoscere). E poi continuiamo ad agire per il bene, anche denunciando ciò che non va. C’è chi si preoccupa del cenone di Capodanno? Bene, e noi ricordiamo che la vita umana, anche quella fragile e in apparenza «improduttiva», come ha detto qualcuno, è preziosa. Creiamo insomma una controcultura rispetto a quella oggi tanto in voga, una voce «altra» che possa pian piano diffondersi. 

Non dobbiamo al contempo dimenticare che magari tra coloro che auspicano un ritorno alla normalità in tutte le sue forme ci sono anche quanti (e non sono pochi) in questo momento sono in grave difficoltà economica e, come spesso accade anche a noi quando stiamo male, sono centrati solo sulla propria sofferenza. Impegniamoci a supportare queste persone, per esempio, ordinando qualche volta un pasto per asporto al ristorante o in pizzeria. Magari offrendo una pizza ai vicini in difficoltà. Sono cose piccole, ma se tutti le facciamo (ognuno secondo le proprie possibilità) qualcosa di buono sortiranno. E poi chiediamo ai nostri politici azioni concrete di aiuto a quanti sono in difficoltà (non vorrei apparire impopolare, ma una patrimoniale, in questo momento, sarebbe davvero così improponibile? O una tassazione più alta per i «grandi» dell’on-line che stanno moltiplicando i loro utili in questo periodo?). Insomma, non perdiamo la speranza, ripeto, e poi cominciamo ad agire nel nostro quotidiano: in fondo, ogni grande cammino dell’umanità è cominciato così, un passo alla volta.

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Data di aggiornamento: 04 Gennaio 2021
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