Una Lingua che parla di vita e di Vangelo

Padre Alessandro Brentari da venticinque anni segue i giovani attratti dalla scelta di vita fatta da san Francesco e sant'Antonio: qui riflette con noi sulla festa della Lingua del Santo, segno tangibile di una grande vocazione.
19 Gennaio 2006 | di

Il 15 febbraio, con la festa della Lingua, si rende omaggio alla reliquia più famosa di sant'Antonio, custodita nella cappella barocca, edificata a ridosso dell'abside della basilica del Santo. La lingua, ben conservta, dopo quasi otto secoli dalla sua morte, è uno strumento silenzioso attraverso il quale sant'Antonio continua a parlare agli uomini di ogni tempo. Ce lo dice padre Alessandro Brentari, che ha seguito molti giovani nella loro ricerca vocazionale e che trova nella Lingua del Santo l'esempio della più forte delle vocazioni.
Msa. Padre Alessandro, che cosa le dice la reliquia della lingua di sant'Antonio?
Padre Alessandro. Mi parla al cuore e alla mente dell'ardore con cui sant'Antonio parlava di Gesù. Quanta forza ebbe il Santo nel predicare l'amore di Dio e del Crocifisso; quanto coraggio nel prendere posizione contro le ingiustizie sociali che minavano la convivenza nelle città  e nelle comunità  medievali; quanta sapienza nell'insegnare la teologia ai primi frati per formarli alla predicazione...

Che senso ha oggi celebrare la festa della Lingua di sant'Antonio?
Da secoli questa lingua continua a parlare nel silenzio più segreto dei devoti. Credo che in una società  come la nostra, così assordata da rumori, celebrare questa festa significhi fermarsi, anzitutto. Fermarsi per scegliere che cosa e chi ascoltare, per ascoltare allora una Parola diversa. Ce lo dicono gli innumerevoli pellegrini che passano qui davanti alla tomba e alle reliquie del Santo per pregare, per confidare a lui i propri problemi.
Il mese di febbraio inizia con la festa della Presentazione di Gesù Bambino al tempio, giornata dedicata alla Vita consacrata...
La data per la giornata è stata scelta bene: Gesù viene offerto al Padre come primogenito. Consacrarsi a Dio vuol dire presentarsi a Lui per offrirsi, per mettere nelle sue mani la propria vita, perché la usi come meglio crede.

Sant'Antonio affascina molti giovani. Perché?
Antonio ha il fascino del testimone. Testimoniava Gesù nel suo tempo. Ha anche il fascino del coraggio: aveva quindici anni quando ha scelto con decisione la via della consacrazione, deludendo le aspettative dei suoi che lo volevano cavaliere, come tutti i rampolli delle nobili famiglie. Curioso l'accostamento con san Francesco, il quale da giovane ambiva a diventare cavaliere. I giovani sono affascinati anche dal suo coraggio di cambiare, dopo l'incontro con i francescani missionari e martiri in Marocco, la tranquilla vita del monastero con le scelte radicali di san Francesco, intorno al quale si era formato un gruppo di poveracci, per alcuni, ma ricchissimi di gioia, di libertà  interiore, di semplicità , di Vangelo...

E poi?
Il fascino del silenzio. Sant'Antonio amava molto il silenzio. Anche quest'aspetto oggi attira molto. È nel silenzio che sant'Antonio ha maturato il suo carisma di evangelizzatore, emerso quasi per caso quando, a Forlì, venuto a mancare il predicatore ufficiale di un'ordinazione sacerdotale, fu invitato a sostituirlo. E sorprese tutti per la profondità  della dottrina. L'impegno della predicazione e dell'insegnamento della teologia ai frati mai spensero in lui il bisogno della preghiera, l'anelito alla meditazione, al silenzio.

Lei è stato animatore vocazionale per lunghi anni: quali sono le domande che i giovani si pongono?
Ho seguito parecchi giovani in questi anni; oltre una settantina di essi sono già  frati. Perché dei giovani  si rivolgono a un frate? Perché è entrato in crisi il tipo di vita che conducono, il loro modo di rapportarsi con una società  nella quale non si ritrovano più... C'è una forte domanda di essenzialità , di senso religioso della vita.
Questi giovani, spesso cristiani fiacchi e alcuni nemmeno praticanti, si ritengono dei convertiti. Desiderano rinnovare la loro fede, spendere le loro energie e il loro tempo per fare della propria esistenza un dono per gli altri. Soprattutto per chi è solo, per chi soffre. Stimano il matrimonio come scelta bella e impegnativa, tuttavia ritengono che, sposandosi, sarebbero limitati nel loro totale donarsi agli altri. È una scelta di amore e di libertà  per servire, non per fuggire dalle responsabilità . Ci si consacra solo se si è innamorati di Dio. Come Francesco, come Antonio.


Febbraio 2006.
Appuntamenti in basilica. La festa della Lingua

10-11 febbraio: Giornata mondiale del malato. Il 10 febbraio, in basilica, alle ore 16.00 si celebra la messa per i malati, presieduta dal Vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo.
L'11 febbraio, alle ore 8.15 , messa per gli ammalati della Famiglia antoniana e per gli iscritti all'Uamm (Unione antoniana mondiale malati) .
16 febbraio: Preghiera per la pace. Incontro di preghiera mensile, sul tema I dieci Comandamenti, un sentiero di pace. Durante gli incontri, aiutati dalle parole di san Francesco e di sant'Antonio, si ripercorrono i dieci comandamenti, si ascolta la Parola e si chiede al Signore di insegnare gli atteggiamenti concreti per diventare strumenti della sua pace. Basilica del Santo (Chiostro della Magnolia), ore 21.00 - 22.15 .
19 febbraio : Celebrazione della Traslazione di sant'Antonio (Festa della Lingua).
Ore 11.00, messa solenne, presieduta dal delegato pontificio, monsignor Gioia. Alle 17.00 si celebra la messa solenne, presieduta dal provinciale, padre Marco Tasca. Al termine della messa, processione con la reliquia del Mento di sant'Antonio, all'interno della basilica.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017