Una fiction su Bartali un Perlasca sui pedali

Dopo lo sceneggiato su Coppi, la Rai accontenta i "bartaliani" con una fiction sul lorobeniamino. E non è l'unica novità della prossima stagione.
26 Giugno 2003 | di

Nel paese dei Montecchi e dei Capuleti, dei guelfi e dei ghibellini, poteva restare un fatto isolato Il grande Fausto, interpretato da Sergio Castellitto? Ecco, perciò, a otto anni di distanza da quello su Coppi, uno sceneggiato su Gino Bartali, gigante del ciclismo, in sella per ventisette anni, con un medagliere in cui figurano due Tour de France e tre Giri d'Italia. Ma, soprattutto, uomo generoso, altruista, tenace.
A Ginettaccio - come affettuosamente lo chiamavano gli amici per sottolineare la specificità  del suo carattere toscano, schietto e burbero - la Rai dedicherà  una fiction in due puntate, le cui riprese sono iniziate proprio in questi giorni sotto la direzione di Alberto Negrin (l'autore di Perlasca, un eroe italiano). Ne è interprete Pier Francesco Favino (giovane attore emergente, già  visto in film come L'ultimo bacio di Gabriele Muccino e El Alamein di Enzo Monteleone) che Negrin aveva già  diretto in Unaquestioneprivata (1991), tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio.
La moglie di Gino Bartali, Adriana, che tuttora vive a Firenze, sarà  Vittoria Belvedere. La messa in onda della miniserie è prevista per il 2004 su Raiuno.
Alla Rai non nascondono che, nell'Italia delle passioni sportive, ci voleva molto equilibrio per questa biografia bartaliana. Per prima cosa, si trattava di non scontentare l'altra metà  del tifo (i coppiani) e per questo bisognava trovare qualcuno capace di saper usare il bilancino del farmacista. La scelta è caduta su Giancarlo Governi, non solo fine conoscitore dei due assi dello sport - ai quali aveva già  dedicato il programma televisivo L'Italia di Coppi e Bartali - ma campione di par condicio sportiva come dimostrato nella biografia-romanzo Il grande Airone, dedicata a Fausto Coppi.
La sceneggiatura racconta tutta la vita di Gino Bartali, dalle prime gare con il fratello Giulio, che perì durante una corsa riservata ai dilettanti, fino alla morte di Gino, avvenuta il 5 maggio di tre anni fa.
Una vita straordinaria - ha commentato Giancarlo Governi - che si incrocia con la storia italiana di prima e dopo la guerra. Gino era terziario dei carmelitani scalzi e come tale visse. Pochi sanno, per esempio, del suo impegno in favore degli ebrei e dei perseguitati politici durante l'occupazione nazista. Come Perlasca, anche Bartali salvò molti ebrei e, come Perlasca, non amava parlare di quel che aveva fatto. Bellissimo esempio di persona limpida, con una visione etica della vita, che lo guidava costantemente.
L'episodio al quale accenna Giancarlo Governi si riferisce all'attività  svolta da Gino Bartali fra il 1943 e il 1944. Militante dell'Azione cattolica, seguendo le direttive del cardinal Della Costa, arcivescovo di Firenze, faceva la staffetta portando, ovunque servissero, documenti falsi che avrebbero consentito a molte persone di circolare liberamente. Ben noto per le sue imprese sportive, Ginettaccio aveva ottenuto dai tedeschi il permesso di allenarsi regolarmente e, grazie a quel visto, il telaio della sua bicicletta era diventato la cassaforte segreta dove poter nascondere quelle carte preziose che avrebbero salvato molte vite.

Uno sceneggiato su Luisa Sanfelice
Altro filone promettente che anche la Rai sta cavalcando, è la fiction storica. In particolare, rievocazioni e film in costume hanno riscoperto la Repubblica partenopea, proclamata, nel 1799, dal generale Championnet, entrato a Napoli a capo di un corpo di spedizione francese, dopo aver superato le resistenze dell'esercito borbonico.
In attesa di vedere sul grande schermo Il resto di niente di Antonietta De Lillo (dal bel romanzo di Enzo Striano, che racconta la storia di Eleonora Pimentel Fonseca, altra tragica figura femminile legata alla Repubblica partenopea), reduci da Tolstoj e da Resurrezione, i fratelli Taviani stanno girando, per Raiuno, Luisa Sanfelice.
Chi era Luisa Sanfelice? Nobildonna napoletana, aveva sposato, giovanissima, Andrea Sanfelice, appartenente a una famiglia principesca e molto più anziano di lei. In seguito alla vita dissipata della coppia, Ferdinando IV di Borbone (neppure lui uno stinco di santo, tanto è vero che il popolo l'aveva soprannominato il re Lazzarone) aveva costretto Luisa e il vecchio marito a ritirarsi in campagna e poi, separati d'autorità , a vivere in un monastero. Tornata a Napoli grazie alla rivoluzione, Luisa Sanfelice venne a conoscenza di una congiura filoborbonica, che ella svelò involontariamente, guadagnandosi, suo malgrado, la fama di salvatrice della repubblica. Arrestata al ritorno dei Borboni, fu condannata a morte.
Interpretata da Laetitia Casta (diva francese venuta dall'ambiente della moda e diventata famosa da noi per aver presentato un'edizione del Festival di Sanremo) e da Adriano Giannini, figlio di Giancarlo, la fiction è una coproduzione da 10 milioni e mezzo di euro realizzata in collaborazione con Francia e Spegna. Le due puntate priviligeranno il risvolto romantico della vicenda, intrecciando passione e ideali rivoluzionari, ma Paolo e Vittorio Taviani intendono anche richiamare l'attenzione sul significato storico del racconto e sull'influenza che la Repubblica partenopea esercitò sul nostro Risorgimento.
Dall'esperienza della Repubblica partenopea discendono il Risorgimento e le idee mazziniane, dicono i fratelli Taviani. Se l'Italia è diventata una nazione lo si deve anche a quell'origine.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017