Un lavoro in proprio per salvarsi la vita

Prima la scuola, poi i corsi professionali, ora l’avvio di microimprese: ecco la strada verso il riscatto per gli 800 bambini e ragazzi di un centro di accoglienza e formazione, fondato da un missionario italiano.
28 Novembre 2007 | di


Sono tutti figli di contadini poveri senza terra, sfrattati dai grandi proprietari, arrivati in città per trovare lavoro. Vivono spesso con la sola madre e tre o più fratelli, in baracche di legno e fango, senza servizi. Pochi e saltuari i lavori disponibili: facchini nei mercati, giardinieri, domestici, ambulanti. «Quando sono arrivato in Brasile, il 43 per cento dei brasiliani viveva in città – ricorda padre Luigi –, oggi la percentuale è salita all’80. C’è un urbanizzazione selvaggia, che alimenta la violenza e la criminalità». Assalti, sequestri e furti sono all’ordine del giorno. Per i ragazzi senza educazione e senza lavoro l’unica strada resta il crimine.

L’opera inizia nel 1975. «All’epoca una nostra ricerca rilevava che circa 800 ragazzi di Limoeiro non erano mai andati a scuola. Per recuperarli ne abbiamo aperta una noi». Poi il governo offre l’istruzione gratuita e il Centro si riconverte in un doposcuola accogliente e familiare che opera ancora oggi: «Questi ragazzi appartengono a famiglie disgregate, incapaci di educare non solo perché povere ma anche perché prive esse stesse di punti di riferimento. Ciò di cui hanno più bisogno è l’esperienza dell’affetto gratuito e della vita in famiglia».

Al Centro i ragazzi trovano un bagno caldo, un pasto sostanzioso, l’aiuto a fare i compiti. Ma il vero nutrimento sta nello stile d’accoglienza: «Qui le porte sono sempre aperte. I ragazzi entrano come a casa loro, sono coinvolti in tutto, sparecchiano, lavano i piatti. C’è un clima affettuoso e sereno, garantito dalla direttrice, Silvia, che trent’anni fa era una di loro. Siamo come una famiglia».

E come una vera famiglia il Centro segue i suoi figli fino alla completa autonomia. «Dopo alcuni anni di servizio, ci siamo accorti – ricorda padre Cecchin –, che i ragazzi, finita la scuola dell’obbligo, perdevano d’improvviso tutti i punti di riferimento, non avevano accesso alla formazione professionale né potevano aspirare a un lavoro. Una condizione rischiosissima in un’età delicata, che li esponeva al richiamo della strada». Nel 1982, il Centro organizza per la prima volta i corsi di formazione professionali. Oggi ci sono sette specializzazioni: falegnameria, saldatore, tornitore, elettrotecnica, informatica, taglio e cucito e serigrafia. Eccezionali i risultati. «I nostri alunni sono richiesti non solo perché conoscono un lavoro, ma perché sono puntuali, fedeli alla parola data, rispettosi verso le persone. Alcuni sono riusciti addirittura a crerasi una piccola impresa».


Costruttori di futuro

E proprio per promuovere fino in fondo l’autonomia dei suoi ragazzi don Luigi ha accettato l’ennesima sfida coinvolgendo questa volta la Caritas Antoniana e i suoi sostenitori: la creazione di una piccola impresa artigiana. «È fondamentale in questa fase passare dalla formazione alla promozione del lavoro autonomo. Per questo abbiamo costruito un capannone e avviato la produzione di sedie e tavoli di legno e ferro, i più richiesti dalle amministrazioni pubbliche, con le quali abbiamo già dei contratti. Ciò consentirà ai ragazzi di lavorare da subito e apprendere la fatica ma anche il piacere di guadagnare onestamente il pane quotidiano e al nostro Centro di avere delle entrate per affrontare le tante spese».

Il Centro infatti è diventato nel tempo una grande realtà, un sistema di servizi, riconosciuto dalle autorità, che oggi accoglie e segue circa 800 bambini e ragazzi dai 3 ai 20 anni. Esso è ormai il cuore pulsante di una comunità, che lo sostiene con tutti i mezzi: «La gente ci dà quello che ha; spesso è solo un sacchetto di farina, tre pere, delle uova, ma ha un valore inestimabile. È il segno di un cambiamento». Gli adulti hanno capito che dal futuro dei figli dipende anche il riscatto della loro vita. Da cosa è nata cosa: e ora i contadini s’incontrano nella sala parrocchiale e si è arrivati a comprare persino un campo comunitario. «Se noi vogliamo davvero fare il bene dei poveri – conclude don Luigi – smettiamola di presentarli sempre come disperati e senza iniziativa. Accendiamo una scintilla e lasciamo che cresca secondo il loro stile e la loro cultura. Perché il dono non sia solo elemosina ma impegno di vita, dobbiamo partire dagli occhi e dal cuore di Cristo, che è venuto a salvare l’uomo e a collocarlo dove il progetto di Dio l’ha pensato da sempre». 



Info

info

. Il progetto in breve
➜ Cosa: Contributo costruzione di un capannone per l’avvio di una microimpresa artigiana

➜ Dove: Limoeiro, stato del Pernambuco, Brasile

➜ Quando: settembre 2006 - settembre 2007

➜ Quanto: 10 mila euro

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017