In trentacinque anni la chiocciola conquista il mondo

Pino Bruno racconta la storia di uno strumento che ha cambiato i rapporti tra le persone nei più svariati settori. Il rischio di un «divario digitale» tra Paesi ricchi e Paesi poveri.
24 Ottobre 2006 | di

Impossibile calcolare il numero dei messaggi di posta elettronica che i computer di tutto il mondo si scambiano ogni giorno. Chi azzarda cifre «probabilmente è un astrologo», sottolinea Pino Bruno, giornalista scientifico che da molti anni si occupa di tecnologie e nuovi media. Inafferrabile per le statistiche, la posta elettronica (in inglese e-mail, da electronic mail «posta elettronica», appunto) è entrata stabilmente nella nostra vita quotidiana. E «la principessa della rete», come la definisce Pino Bruno, ora compie trentacinque anni.
«La chiocciola – afferma l’esperto – è uno dei tasti più cliccati sulle tastiere di tutto il mondo. Corrisponde al simbolo commerciale “at” @ (che significa “presso”), e divide il nome dell’utente da quello del dominio (il gestore di una parte di server internet). Fu introdotta nel 1971 da Ray Tomlinson, un ingegnere americano. Alla ricerca di un segno grafico per inviare i primi messaggi attraverso la rete, tra le varie alternative esistenti nella tastiera, egli scelse proprio il carattere “at”, forse dopo averlo digitato per caso».
Il simbolo ha origini secolari e italiane. Lo storico Giorgio Stabile, dell’Univer-sità La Sapienza di Roma, ha accertato che la chiocciola veniva usata già cinquecento anni fa dai mercanti veneziani. Si chiamava «anfora» e indicava un’unità di peso e di capacità.

Pino Bruno, com’è avvenuto il suo approccio alla posta elettronica?
Per caso, per passione, per curiosità. Ho avuto le mie prime avventure digitali al tempo di Bbs (Bulletin Board System), l’antenato di internet. Erano i primi anni Ottanta e con il mio vecchio computer Commodore mi collegavo fortunosamente con altri utenti che formavano le prime comunità virtuali, all’interno delle quali si discuteva di tutto, dagli hobby alla politica. Eravamo i radioamatori dell’informatica. Tutto era in bianco e nero, senza immagini. L’e-mail vera e propria l’ho scoperta più tardi. Me l’ha fatta conoscere un amico docente universitario. Allora la rete era una peculiarità del mondo accademico. Mi sembrava incredibile che il mio amico potesse dialogare così rapidamente con i suoi colleghi al di là dell’Atlantico! Erano ancora messaggi di solo testo, senza allegati, ma ebbi subito la consapevolezza di vivere un momento straordinario.
In Italia dovemmo attendere la nascita di Video on line, il primo internet provider italiano, per essere dotati di un indirizzo di posta elettronica. Internet era finalmente a colori e l’e-mail la faceva da padrona. La chiocciola stava per conquistare il mondo, anche se a quel tempo la maggior parte dei colleghi e degli amici ci snobbava. Molti pensavano che si trattasse di un gioco. Nelle redazioni giornalistiche, poi, da sempre refrattarie alle innovazioni tecnologiche, l’e-mail è arrivata quando ormai il fenomeno dilagava.

Che cosa ha significato l’avvento della posta elettronica nel mondo delle relazioni umane?

L’e-mail è uno strumento, non un fine. Strumento di comunicazione potente, versatile, globale. Un mezzo innovativo, economico, immediato. Ha facilitato le relazioni interpersonali e contribuito a rendere il mondo più piccolo. È un fattore di democrazia. È però altrettanto certo che se l’e-mail viene usata per fini di bene produce cose buone; se è usata dai delinquenti (terroristi, pedofili, criminali, ecc.) produce cose pessime. Molti si preoccupano del troppo tempo trascorso dai figli davanti al computer, ma si potrebbe dire lo stesso della televisione! Io guardo meno tv, utilizzo di più il computer e continuo a frequentare gente in carne e ossa.

E nel settore dell’economia e della politica?
Come sottolinea Luca di Biase nel suo libro Edologia, tra il 1995 e il 2003 il mondo ha assistito a una clamorosa ascesa seguita da una paurosa discesa delle aspettative che mercati finanziari, media e aziende avevano riposto nelle innovazioni tecnologiche legate all’avvento di internet. Che cosa rimane di questa storia? Una grande trasformazione a due facce, cioè una gigantesca innovazione tecnologica, e una profonda crisi culturale.
C’è poi un’altra considerazione da fare: mentre un quinto della popolazione mondiale sta migrando verso il cyberspazio, il restante è ancora intrappolato in un mondo nel quale scarseggiano i beni materiali.
È il «divario digitale», che si aggiunge a quello storico tra i Nord e i Sud del mondo. Come scrive l’economista James Rifkin, in futuro la grande frattura sarà tra coloro la cui vita è sempre più legata al cyberspazio e coloro che, invece, non vi avranno accesso. Sarà questa divisione a determinare nei prossimi decenni buona parte della lotta politica.

È immaginabile un mondo senza e-mail?

Credo che nessuno sia in grado di quantificare i milioni di euro risparmiati ogni giorno dalla Pubblica amministrazione grazie all’uso della posta elettronica. Con l’introduzione della firma digitale, che attribuisce alla mail (e in genere al documento digitale) lo stesso valore legale di un documento firmato a mano, e del protocollo informatico, la burocrazia pubblica sarà a portata del cittadino. La disponibilità e la tempestività delle informazioni via e-mail sono una condizione imprescindibile per la gestione di moltissime attività economiche.

E in futuro?
La posta elettronica diventerà sempre di più lo strumento privilegiato della comunicazione interpersonale scritta. Presto i sistemi di traduzione simultanea diventeranno finalmente precisi e dunque cadranno anche le barriere linguistiche.
Crittografia e firma digitale, poi, faranno della posta elettronica uno strumento riservato e garantito. Tuttavia, soltanto quando avremo la ragionevole certezza di non essere intercettati dal pirata informatico e, soprattutto, la garanzia dell’identità dell’interlocutore, la posta elettronica avrà raggiunto la maturità.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017