Tra destino e destinazione

Dio ha voluto che l’uomo fosse libero di accettare o meno, nei piccoli come nei grandi eventi quotidiani, i suoi disegni. A noi umani spetta di accettare la sfida della libertà, per tracciare il nostro destino.
24 Ottobre 2007 | di

Alessandro Meluzzi, è medico e psicologo, psichiatra e psicoterapeuta. È fondatore delle comunità di accoglienza del disagio psichico ed esistenziale per minori e adulti «Agape Madre dell’accoglienza». Direttore scientifico della Scuola Superiore di Umanizzazione della Medicina, è giornalista e autore televisivo.

 È per me una grande gioia avviare questa collaborazione con il «Messaggero di sant’Antonio», storica voce e anima cartacea tra le più attive nel campo della spiritualità e della cristianità in Italia. Non è facile parlare di temi così delicati come il Mistero, la Provvidenza, l’Incontro, la Divino-Umanità, la Croce. Ma sarà questo il nostro terreno di riflessione e discussione. Vorrei quindi esordire portando l’attenzione su due termini: «destino» e «destinazione», dalla radice molto simile, ma dalle implicazioni concettuali assai differenti per il cristiano. Il pensiero che il «destino» dell’esistenza umana possa essere in qualche modo condizionato da un percorso, in parte visibile e in parte invisibile, proiettato nella dimensione della trascendenza, ha riempito la storia del pensiero filosofico, ma anche la storia della poesia, della letteratura, dell’arte. I fatalisti hanno chiamato «fato» o «destino» il disegno complessivo della vita di un uomo, considerandolo come qualcosa di incomprensibile e ineluttabile.

Altra è invece la Provvidenza cristiana, la quale, più che a un destino, fa pensare a una «destinazione», cioè a un percorso misterioso in cui la soggettività di ogni uomo intercetta e si apre a una volontà e a un disegno universale. La volontà di ogni uomo rappresenta, però, la precondizione affinché la destinazione possa essere prima accolta e poi raggiunta. L’homo viator, l’uomo in cammino verso il proprio orizzonte, è dunque alla ricerca di una «destinazione» che si rivela attraverso segni e manifestazioni, ma anche e soprattutto attraverso incontri tra persone che schiudono schegge di totalità ed eternità.

L’annuncio dell’Angelo a Maria ci rivela esattamente questa dimensione misteriosa della destinazione e della provvidenza cristiana. Ma che Dio è un Dio che ha bisogno del sì di una piccola donna per realizzare il Mistero della Trinità? E, soprattutto, che sarebbe stato della condizione umana qualora quel sì della giovane Maria non vi fosse stato? Il sì dell’uomo e della donna, il sì di ognuno di noi è allora fondamentale perché il mistero della Provvidenza si possa realizzare. Non c’è un uomo che propone e un Dio che dispone, e non c’è neppure e soltanto un libro del destino, sopra il quale sta scritto tutto ciò che dovrà accadere. Dio è così innamorato della propria libertà e della libertà dell’uomo al punto da aver voluto l’uomo libero: un Dio trinitario capace di aprirsi a un mistero dell’Amore che nulla impone e dispone, ma piuttosto teneramente propone.

Quest’intreccio di destino e destinazione salda il mistero della Provvidenza cristiana con il concetto di sincronicità proprio del pensiero orientale: sincronicità significa che vi sono eventi legati da un nesso che non è soltanto casuale e neppure rigidamente causale. C’è una zona d’ombra, fervida e feconda, in cui gli eventi si connettono tra loro in una danza di biforcazioni, in ognuna delle quali l’essere umano è libero di scegliere tracciando il proprio destino, e così facendo influenzando anche in parte il destino degli altri. In questa dimensione, caotica e armoniosa allo stesso tempo, la libertà di ciascuno intreccia un grande e provvidenziale disegno universale in cui tre concetti che in apparenza paiono culturalmente lontanissimi – Provvidenza, Kharma e Dharma, Sincronicità – in realtà si saldano e si arricchiscono reciprocamente di sfumature nuove che tutti possiamo assaporare se solo prestiamo attenzione alle piccole grandi evenienze di tutti i giorni.

È in questo contesto che il mistero dell’incontro con l’«altro» – soprattutto con gli ultimi – talvolta prelude all’incontro con Lui, Gesù Dio e Uomo. Accadde così a Francesco d’Assisi con il lebbroso; accade ogni giorno a noi. Ma spesso non ce ne accorgiamo.

(ha collaborato Rossana Silvia Pecorara)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017