Sviluppo all’africana

Prima la scuola, poi il dispensario, ora, con l’aiuto dei lettori, l’acquedotto. La regia di questo sviluppo è opera di un’associazione di contadini camerunesi, povera ma molto dinamica ed efficiente.
25 Settembre 2008 | di

«Lo sviluppo è un processo mediante il quale una comunità – cosciente della necessità e della possibilità di uscirne – si libera da una situazione di dipendenza, costrizione o povertà mediante l’impegno personale e comunitario…». Lo stile impeccabile non inganni: la dotta definizione non appare in un vocabolario né è opera di un guru della cooperazione internazionale. È una frase tratta dalla tesi di un ragazzo del Camerun, laureato a Torino, ma con il cuore radicato in quella terra amara e bellissima che l’ha visto nascere. E non si tratta di elucubrazioni di accademia: lo sviluppo di cui parla lo studente è stato da lui stesso cercato, alimentato, vissuto insieme a tutti i membri della sua comunità, emigrati in Italia per studio o per lavoro. Vengono da Batack, comune di Bandja, nella provincia Ovest, una delle dieci in cui è suddiviso il Camerun e appartengono all’etnia bamiléké, nota per la sua operosità e onestà. Il loro sogno di sviluppo ha raggiunto Caritas Antoniana tramite la ong torinese «Movimento sviluppo e pace» ed è un vero gioiello africano.

Una rete dal basso

Batack è un villaggio agricolo di circa 4 mila e 500 anime, in maggioranza donne e bambini. La gente vive di agricoltura di sussistenza e di orticoltura, praticata soprattutto dalle donne. Da decenni questi poveri contadini hanno intrapreso un processo di autosviluppo di grande efficacia, frutto del loro senso di comunità e della capacità di individuare e risolvere i problemi. Si sono costituiti in un comitato, il Co.Vi.De.Ba (Comité villageois pour le développement de Batack) che riunisce le autorità del villaggio ma anche le élite emigrate all’estero. Con le loro sole forze sono riusciti a dotarsi di una scuola elementare e di un dispensario medico, costruendo anche un’abitazione per il personale.

«Agiscono facendo rete con le realtà locali: le autorità e la diocesi di Nkongsamba – spiega Piergiorgio Gilli, presidente del Movimento sviluppo e pace –, con la quale noi collaboriamo da tempo. Partecipano in prima persona ai progetti, offrendo la propria manodopera; e quando c’è bisogno di soldi attivano le tontines, collette pubbliche il cui impiego è prestabilito e socialmente controllato. A gestire le tontines sono soprattutto i laici: diaconi, catechisti ma anche padri e madri di famiglia».

Il sogno dell’acqua



«Pur essendo una somma considerevole – continua padre Maragno –, non abbiamo avuto esitazione ad approvare il progetto, perché c’erano in esso già tutti gli ingredienti per garantirne l’efficacia e la durata nel tempo: una controparte attiva e organizzata, la fattibilità tecnica, un buon rapporto costi-benefici, il coinvolgimento delle autorità locali, la partecipazione della gente».
Se la gestazione del progetto è stata lunga per mancanza di risorse, la sua realizzazione è stata breve pur tra tante vicissitudini, tra cui alcuni moti popolari di protesta per il caro-vita e un’inflazione galoppante. Dieci mesi per creare un serbatoio di 30 metri cubi, interrare 7.040 metri di tubi, costruire tredici fontane in punti strategici, come i locali pubblici. Ora l’acqua potabile arriva nelle scuole, migliora la salute, cambia la vita. «Vi saremo eternamente grati – scrive Tchapa Tchouawou, presidente del Co.Vi.De.Ba. –. Avete realizzato un sogno che abbiamo cullato per vent’anni». 

Il progetto in breve

– Oggetto: acquedotto

– Dove: Batack, Bandja, Provincia Ovest, Camerun

– Realizzazioni: serbatoio di 30 m³; scavo e posa di 7.040 metri di tubi; 13 fontane in scuole e locali pubblici.

– Tempi: luglio 2007-maggio 2008

– Contributo: 38 mila euro
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017