Sù le mani dalla Costituzione

L'abolizione politica del bicameralismo e l'accentramento di poteri sul capo del governo, dissolvendo la figura del presidente della Repubblica: due punti che al senatore Andreotti proprio non piacciono.
04 Luglio 2005 | di

La Costituzione vigente dal primo gennaio 1948 ha dato ottima prova, aiutando la crescita della nazione, ampliando gradualmente i consensi, non mettendo mai a rischio la libertà . Nella legislatura scorsa fu varata una modifica secondo la quale: «la Repubblica è formata da comuni, aree municipali, province, regioni e Stato». Un modo molto infelice per dare più spazio alla periferia e accordarsi all'ostilità  a Roma, propria della Lega Nord.
L'attuale maggioranza ha provveduto ad approvare alcune modifiche incisive, concentrando tra l'altro molto potere nel presidente del Consiglio; dando valore politico solo alla Camera dei deputati, riducendo il Senato ad un organo consultivo su base regionale; svuotando la figura del presidente della Repubblica, ecc.
Tutto questo a colpi di maggioranza senza alcuna ricerca di quel consenso ampio che assicurerebbe alle modifiche (voto di oltre due terzi) la non appellabilità  al referendum. Procedure affrettate e senza sentire i pareri di eminenti giuristi e di altre fonti.

I presentatori e i fautori tengono molto a sottolineare che non è una nuova Costituzione e che comunque i punti fermi della prima parte nessuno si sogna di ridiscuterli. Non nego che nella difesa rigida del testo del 1946-47 possa influire, in un reduce di quella straordinaria esperienza, una intransigenza vigilante.
Due punti nello schema innovativo emergono, dunque, e preoccupano: l'abolizione politica del bicameralismo e l'accentramento di poteri sul capo del governo, dissolvendo la figura del presidente della Repubblica.
Il nuovo Senato, chiamato federale, non avrebbe più parte nella fiducia al governo e sarebbe meramente consultivo; mentre per la composizione si rifarebbe alle Regioni.
Forse, se ci si deve veramente muovere in questa direzione, converrebbe riformare il consiglio dell'Economia e del Lavoro associando Regioni, datori di lavoro e prestatori di opera, professioni e università .
Ma meglio di tutto sarebbe lasciare il Senato com'è.

Circa il premierato (che brutto neologismo!) il punto più debole è il potere di scioglimento delle Camere dato non più al presidente della Repubblica ma al governo, se sfiduciato. Nessuno si offenda, ma anche i deputati «tengono famiglia», e se, votando contro mi`€¦suicido, posso esser tentato di dare una o più prove d'appello al presidente del Consiglio.
Le modifiche sono state votate frettolosamente in prima lettura ma ancor più in fretta - in Senato - nella seconda. Senza che la Commissione referente avesse concluso il parere e senza relatore. E con la minaccia di crisi di uno dei partiti di governo (Lega Nord) se non si votava prima delle vacanze pasquali. Il ministro Calderoli si era addirittura temporaneamente dimesso per fare pressione.
Si dice: lasciamo correre perché c'è sempre il rimedio di un referendum abrogativo (dato che non vi sarà  il voto dei due terzi, che lo impedirebbe). Ma quale referendum? Altrettanti sì o no o un solo voto?
C'è ancora tempo per azzerare la procedura e rinviare il tutto alla prossima legislatura, preparando, nel frattempo, il dibattito attraverso la consultazione delle università , di assemblee politiche e altro. Spero quindi che non vada in porto, anche perché non si affronta il tema del coordinamento con lo sviluppo dell'Unione europea.
Prima di iniziare i lavori della Costituente, l'Italia del dopoguerra nominò un ministro ad hoc (Pietro Nenni) che fece un'ampia consultazione. Questa mia meditazione non ha finalità  politiche nascoste. Sono solo preoccupato, per il metodo e per i contenuti.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017