Sporche scarse amare Acque

Che importa al Nord ricco se nel Sud povero un miliardo e mezzo di persone soffre la sete? A domanda cinica, risposta cinica: badate che la scarsità di questa risorsa vitale sta aggredendo anche noi.
03 Ottobre 2001 | di

Ogni anno, all`€™arrivo della calura estiva, è la stessa scena. I rubinetti delle maggiori città  italiane meridionali e insulari, riescono a sputare a malapena qualche goccia d`€™acqua. È nella bella stagione, infatti, che secondo il Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) il 15 per cento della popolazione dell`€™Italia meridionale ha meno della metà  del fabbisogno giornaliero di acqua, fissato in 300 litri. E, secondo le previsioni, nei prossimi vent`€™anni la situazione potrebbe coinvolgere tutte le grandi città  italiane.

Questa situazione, però, per quanto critica, non rappresenta che la punta di un iceberg di enormi proporzioni. Nel mondo un miliardo e mezzo di persone, quasi un terzo dell`€™umanità , non ha accesso all`€™acqua potabile e il numero è destinato a raddoppiare nei prossimi vent`€™anni se non interverranno cambiamenti sostanziali. Le terre senz`€™acqua formano idealmente una grande landa riarsa che taglia in due il pianeta: a Nord i ricchi che consumano l`€™80 per cento delle risorse mondiali, acqua compresa; a Sud i poveri, che devono accontentarsi delle gocce.

LA GRANDE SETE

Daniel ha 11 anni e tanta sete. Ogni giorno, nel villaggio del Sahel dove vive, è costretto a compiere cinque chilometri a piedi per recarsi al pozzo più vicino a prendere l`€™acqua. Un`€™acqua che ha la morte dentro. Negli ultimi tre anni due dei suoi quattro fratelli sono morti di dissenteria per averla bevuta. Ma quella di Daniel non è storia isolata, purtroppo. Ogni otto secondi un bambino muore in qualche zona povera del mondo per aver bevuto acqua contaminata, che sarebbe come dire `€“ ha affermato di recente John J. Brandon, dell`€™"Asia Foundation" di Washington `€“ che ogni giorno 12 jumbo carichi di bambini si schiantano al suolo senza alcun superstite, nell`€™indifferenza generale. Secondo l`€™Oms (Organizzazione mondiale della sanità ), le patologie intestinali causate per lo più dall`€™acqua inquinata colpiscono ogni anno 500 milioni di persone, e rappresentano la più frequente causa di decesso nei bambini con meno di due anni.

Mentre i ricchi della terra usano normalmente acqua potabile anche per lo sciacquone del bagno, ben 400 milioni di persone al mondo non hanno acqua da bere e 10mila muoiono ogni giorno di sete (Nazioni unite, 1997). Un abitante della California, regione quasi desertica, consuma per gli usi domestici (irrigazione compresa) 4100 litri di acqua al giorno, contro i 350 di un italiano medio, i 260 di un belga e i 30 appena di un cittadino del Sahel. Un neonato tedesco consuma la stessa quantità  d`€™acqua di quaranta bambini indiani.

La crisi dell`€™acqua si è aggravata negli ultimi cinquant`€™anni. In tale periodo, infatti, la richiesta è triplicata, probabilmente a causa della meccanizzazione delle pompe che ha favorito l`€™estrazione di acqua dalle falde a ritmi superiori rispetto a quelli necessari alla loro ricostituzione. L`€™inquinamento massiccio delle fonti ha poi fatto il resto.

Secondo gli esperti, comunque, la principale causa della drammatica situazione idrica mondiale è la povertà .

"Aumento demografico, disuguaglianza nella ripartizione naturale delle risorse idriche e inquinamento sono cause apparenti, o comunque concause, della mancanza di acqua `€“ sostiene Riccardo Petrella, segretario del Comitato internazionale per il Contratto mondiale sull`€™acqua e presidente del Comitato italiano e del Gruppo di Lisbona `€“. Questi fattori, infatti, aggravano una situazione che è già  critica per larghe fasce della popolazione mondiale. I ricchi hanno tutto, acqua compresa. I poveri non hanno nulla, nemmeno l`€™acqua".

Poi, naturalmente, ci sono altri fattori, come per esempio gli sprechi, che non sono quelli del semplice cittadino che si fa due docce al giorno anziché una, ma quelli che coinvolgono il settore agricolo e industriale. Chi la fa da padrona in termini di consumi è infatti l`€™agricoltura che, per l`€™irrigazione, assorbe il 70 per cento di tutta l`€™acqua mondiale; segue poi il comparto industriale, con il 20 per cento e, fanalino di coda, i consumi domestici con appena il 10 per cento. Ed è proprio nel campo agricolo che si registra la maggior quantità  di sprechi: pare, infatti, che il 40-50 per cento dell`€™acqua irrigua vada perduta per l`€™evaporazione o perché le tubazioni sono vecchie.

"La nostra `€“ prosegue Petrella `€“ è un`€™agricoltura ad alta intensità  produttiva: produce molto più dei reali bisogni della popolazione ed è tarata sulle esigenze dei ricchi; è un`€™agricoltura che provoca l`€™inquinamento delle falde acquifere, perché utilizza grandi quantità  di pesticidi e fertilizzanti che vanno a contaminare l`€™acqua usata per l`€™irrigazione e di conseguenza il suolo, favorendo tutti i processi di desertificazione".

E poi c`€™è l`€™industria che è responsabile dell`€™inquinamento di buona parte dei fiumi, laghi e falde acquifere. Basti pensare all`€™industria informatica che ha bisogno di acqua purissima, spesso attinta da falde antiche che, per legge, non potrebbero essere toccate.

L`€™Ibm comparto francese, ad esempio, secondo quanto riportato da "Le Monde" del 17 gennaio 1998, per produrre cip elettronici di 64 megabites, utilizza ben 2,7 milioni di metri cubi all`€™anno di acqua purissima prelevata da una fonte protetta nel bacino Seine-Normandie. Gli ambientalisti francesi sostengono che le autorità  pubbliche, pur essendo a conoscenza del fatto, preferiscono chiudere un occhio, per timore che l`€™Ibm sposti la fabbrica in qualche altro Paese la cui legislazione in materia sia meno rigida.

CHE FARE?

Se un abitante dell`€™Africa non ha acqua anche a causa dei nostri stili di vita, che cosa possiamo fare? "Modificarli, naturalmente `€“ risponde ancora Riccardo Petrella `€“. Ricordandoci, però, che "stili di vita" non significa solo "consumi domestici". È comodo per i grandi utilizzatori di acqua, le multinazionali industriali o dell`€™agrobusiness, colpevolizzare solo il piccolo consumatore, facendogli credere di essere il maggiore responsabile della carenza d`€™acqua. Abbiamo visto che i consumi domestici incidono poco sui consumi mondiali d`€™acqua. Per cui rifiutiamo l`€™etichetta di "consumatori e basta" e riappropriamoci del nostro ruolo di cittadini, di individui in grado di partecipare alla res publica e di cambiare il sistema agricolo e il sistema industriale oltre, naturalmente, ai nostri consumi. Il risveglio della coscienza parte dal consumo ma deve arrivare alla politica".

Oggi, purtroppo, si tende a presentare l`€™acqua sempre più come un bene economico, come è accaduto nel corso del 2° Forum mondiale sull`€™acqua, tenutosi all`€™Aja nel marzo 2000 e organizzato dal World Water Council (il consiglio mondiale dell`€™acqua, un organismo istituito nel 1994 per volontà  della Banca mondiale, dei governi di Francia, Olanda, Canada, oltre che di multinazionali del settore). In tale occasione, l`€™acqua è stata definita per la prima volta un bisogno invece che un diritto fondamentale che la collettività  deve garantire a tutti. Che cosa vuol dire? Che l`€™acqua, divenuta un bene economico qualsiasi, sarà  sottoposta alle leggi del mercato e subirà  una privatizzazione su scala mondiale. Non si pensi, però, che l`€™entrata in gioco dei privati, guidati dalla filosofia del profitto, liberi il mondo dallo spreco d`€™acqua che, secondo alcuni, è dettato dal suo basso costo. È vero, infatti, che l`€™acqua costerebbe di più, ma solo per i piccoli consumatori; i grandi consumatori, i gruppi industriali o dell`€™agrobusiness, grazie al loro potere contrattuale, continuerebbero a pagarla poco.

"È dimostrato che dove l`€™acqua è già  stata privatizzata, oltre a non esserci stato alcun miglioramento del servizio, i prezzi sono lievitati `€“ continua Petrella `€“. Per i ricchi, questo non è un problema. Ma per i poveri sì. A loro, infatti, non rimarrebbe che sperare nella compassione dei ricchi e nella loro eventuale decisione di costituire fondi sociali per garantire a tutti l`€™accesso all`€™acqua".

L`€™esperienza della Bolivia è illuminante. Nel 1999 il governo boliviano, su precisa richiesta della Banca mondiale, decide di privatizzare il sistema idrico di Cochabamba. Il consorzio Aguas del Tunarì ("controllato fra l`€™altro da una società  del gruppo italiano Montedison", avverte Putrella), se ne aggiudica la gestione per quarant`€™anni. Non appena l`€™acqua viene privatizzata, partono gli aumenti: in poco tempo le bollette passano dai 5 ai 20 dollari al mese, una cifra insopportabile per una famiglia che può contare su uno stipendio medio di 65 dollari al mese. Parte una prima ondata di scioperi che, nonostante le promesse del governo, non ottiene alcun effetto. Seguono manifestazioni, organizzate dal Coordinamento per la difesa dell`€™acqua e della vita, detto familiarmente "La Coordinadora". Si sfiora la guerra civile. Alla fine, le multinazionali abbandonano il campo. L`€™acqua oggi è tornata in mano ai cittadini, ma a che prezzo?

Questa è solo una delle innumerevoli "guerre dell`€™acqua" che si stanno combattendo sul pianeta. Sarebbero ben 50 attualmente i conflitti tra stati scoppiati a causa di dissidi sulla proprietà , la spartizione e l`€™uso dell`€™acqua. Un segnale allarmante di ciò che potrebbe avvenire nei prossimi anni, quando la risorsa si assottiglierà  sempre più e sarà  in mano a grandi potentati.

Autorevoli analisti finanziari affermano che il settore dell`€™acqua sarebbe destinato a diventare nei prossimi anni uno dei più redditizi per il capitale. "La banca privata svizzera Pictet `€“ conclude Petrella `€“ che nel gennaio 2000 ha lanciato il primo fondo d`€™investimento internazionale di capitali sull`€™acqua, ha calcolato che da qui al 2015 l`€™investimento garantirebbe un rendimento che va dal 400 all`€™800 per cento".

Pare proprio, dunque, che l`€™acqua si appresti a diventare sempre più il business del futuro. Abbandonata la veste di "sorella", intesa come elemento unificatore della collettività , l`€™acqua si sta trasformando in "oro blu". Tra qualche decennio, quindi, oltre ai signori del petrolio, avremo anche i signori dell`€™acqua. Pazienza se questo avverrà , ancora una volta, sulle spalle dei poveri.

SPRECONI D`€™ITALIA

Rubinetti a secco, acquedotti colabrodo, centinaia di miliardi spesi in acqua minerale. L`€™Italia sembra il bengodi dell`€™acqua sprecata, tra inefficienze politiche, interessi economici e colpevoli omissioni. E mentre regna sovrana la disinformazione, i rischi si moltiplicano.

di Giulia Cananzi

A Sud rimangono a secco, a Nord con l`€™acqua potabile lavano le macchine o annaffiano i giardini. Magari in barba ai divieti. Ma è un segno. Anche da noi l`€™uso dell`€™acqua marca la differenza, divide. Di primo acchito verrebbe da imputare la cosa a madre Natura, più prodiga in alcune zone, meno in altre. In realtà , Cristo non si è fermato ad Eboli: mancanza o abbondanza d`€™acqua in un Paese sono in buona parte frutto di politiche, d`€™interessi economici e di orientamenti culturali. In fatto d`€™acqua, l`€™Italia spicca in Europa per inefficienze, sprechi, ma anche discutibili reticenze, che ci hanno fatto meritare tre poco invidiabili primati.

Primo. La nostra rete idrica è la più disastrata del Vecchio continente. Gli acquedotti italiani perdono mediamente il 30 per cento dell`€™acqua, in alcuni tratti più del 50 per cento. Basterebbe riportare le perdite alla media europea, il 10 per cento, per dissetare quasi tutto lo stivale.

Secondo. L`€™Italia è il Paese europeo più sprecone. Preleva più acqua procapite di tutta la comunità  `€“ 980 metri cubi l`€™anno per abitante, contro gli 890 della Spagna e i 700 della Francia `€“ e la impiega peggio: in Europa con un metro cubo d`€™acqua l`€™industria produce mediamente beni per un valore di 96 euro, in Italia solo per un valore di 41. In agricoltura siamo il Paese che consuma la più alta quantità  d`€™acqua per ettaro irrigato.

Terzo. Siamo i cittadini europei che bevono più acqua minerale. Sganciamo, senza batter occhio, dalle 300 alle oltre 1000 lire per una bottiglia, illudendoci che sia purissima, che faccia dimagrire e che faccia fare tanta "din din". E intanto ogni anno regaliamo alle multinazionali dell`€™acqua il corrispettivo (pare circa 500mila lire) di 155 litri a testa, contro i 97 della Germania e i 17 dell`€™Olanda.

La sproporzione degli sprechi rivela che di questa nostra preziosa risorsa sappiamo poco, anzi pochissimo. E la mancanza di informazione ci espone a grossi rischi. Ne parliamo con Riccardo Rifici, esperto delle acque.

Msa. Perché un abitante di una zona ricca d`€™acqua dovrebbe iniziare a preoccuparsi?

Rifici. Perché l`€™acqua di qualità  è molto limitata. Faccio l`€™esempio del milanese, una delle zone più ricche d`€™acqua. Dopo la prima guerra mondiale, bastava scavare due metri di terra per arrivare alla falda idrica. Lo scriteriato utilizzo industriale delle acque fino agli anni `€™80 ha abbassato la falda di oltre 40 metri. Oggi, con la chiusura di molte industrie pesanti, l`€™acqua riaffiora e arriva ad allagare metropolitana e garage sotterranei. Ma non è più la stessa. Ha riportato in superficie tutti gli inquinanti accumulati nel terreno. L`€™acquedotto deve perciò pescare l`€™acqua potabile a 80, 100 metri di profondità . Succede però che l`€™acqua, così faticosamente raggiunta, viene per esempio sprecata per innaffiare giardini o pulire strade. Attività  per cui basterebbe acqua di minor qualità  (magari quella che allaga la metropolitana). Ecco che una risorsa in apparenza abbondante è in realtà  a rischio. In Italia il problema di non usare in modo corretto e differenziato la risorsa è grave.

Un`€™altro motivo di preoccupazione sono i cambiamenti climatici che stanno progressivamente impoverendo la risorsa.

Se ciò non bastasse siamo anche un popolo di spreconi. Secondo lei perché?

Uno dei motivi principali è che paghiamo l`€™acqua pochissimo e i contadini, che sono la categoria di abitanti che ne consuma di più, la pagano ancora meno. La prima norma italiana che introduce i canoni dell`€™acqua è un regio decreto del 1933. Se aggiorniamo le tariffe del `€™33 ai costi di oggi, il così detto "modulo" (quantità  d`€™acqua ben definita) per irrigazione costava 255mila lire; oggi costa 70mila lire. Quello potabile, invece, è passato dalle 255mila lire ai tre milioni. Ciò non incentiva i contadini a munirsi di sistemi d`€™irrigazione più efficienti. Si fa ancora ampio uso di tecnologie a pioggia o a scorrimento, così molta acqua si spreca per evaporazione o ruscella via. Devo dire che invece l`€™industria, negli ultimi dieci anni ha fatto passi avanti nel risparmio dell`€™acqua, anche se ancora molto ci sarebbe da fare.

Sì, ma là  dove non arriva la buona volontà  e l`€™interesse del privato non dovrebbe intervenire lo Stato a garantire il corretto uso di una risorsa così preziosa?

Le leggi ci sono. L`€™ultima, uscita nel 1999, indica tra le altre cose che là  dove c`€™è la possibilità  di utilizzare una risorsa alternativa non si può usare l`€™acqua potabile per usi che non richiedono quella qualità . Se non ci sono altre risorse, il canone deve essere triplicato. Esiste addirittura una norma del `€™77 del Comitato interministeriale contro l`€™inquinamento, che contiene un allegato con i criteri "per un corretto e razionale uso delle acque". Dunque non mancano le leggi, il problema è che non vengono applicate. Non c`€™è rigore. Ci dovrebbe anche essere un sistema d`€™incentivi per chi usa razionalmente la risorsa. E per la verità  già  ci si sta pensando.

Insomma manca la volontà  politica?

Forse ma anche un`€™adeguata conoscenza della risorsa da parte degli stessi amministratori. Per esempio c`€™è una norma del `€™93, continuamente prorogata, che riguarda i prelievi da pozzo per l`€™agricoltura. Essa sancisce che, poiché tutte le acque sono pubbliche chi ha un pozzo deve denunciarlo e deve prelevare l`€™acqua dietro concessione della pubblica amministrazione. Si stima che il 60 per cento dei pozzi non siano denunciati, dunque una grande quantità  di risorsa viene utilizzata senza controllo. Voglio dire che se un Paese non sa neppure come viene utilizzata la sua acqua, come può riuscire a pianificarne l`€™uso?

Mi sembra che in tema d`€™acqua la cattiva informazione regni sovrana.

Questa disinformazione è quasi criminale, perché da un lato non permette ai cittadini di conoscere l`€™uso di una risorsa vitale e dall`€™altro non permette agli amministratori di fare le scelte giuste.

Gli italiani sono i cittadini europei che consumano più acqua potabile per usi domestici, oltre 250 litri a persona al giorno contro per esempio i 156 della Francia. La pagano pochissimo, appena 1,3 lire al litro, prezzo che include i costi del servizio di fognatura e depurazione. Ma non la bevono, pensano che per questo uso l`€™acqua minerale sia migliore tanto che sono disposti a pagarla 300/600 volte in più dell`€™acqua di rubinetto.

È che non abbiamo grande fiducia dell`€™acqua di acquedotto`€¦

È un pregiudizio. In realtà  l`€™acqua dell`€™acquedotto non solo è paragonabile ma spesso è migliore dell`€™acqua minerale. Può avere, magari in alcune zone, un sapore peggiore a causa della presenza di cloro (usato per disinfettarla) ma la sua qualità  è stabilita da una normativa europea. Qualche anno fa un gruppo di comuni toscani situati vicino a una zona termale sono stati costretti a chiedere una deroga a causa di un eccesso di solfato nell`€™acqua. Nel contempo le terme imbottigliavano e vendevano la stessa acqua senza alcun problema. Infatti, le acque minerali possono superare limiti di sostanze non concessi all`€™acqua di rubinetto.

Sì, ma a noi viene detto che queste acque hanno effetti benefici sulla salute.

Dipende. Se uno ha i calcoli e gli viene consigliata l`€™acqua con pochi sali di calcio, la cosa ha un senso. Ma bere quell`€™acqua normalmente può essere addirittura dannoso, specie in estate quando il corpo suda e ha bisogno di reintegrare i sali minerali. Peraltro la scarsa presenza di calcio aumenta l`€™acidità  dell`€™acqua e ciò alla lunga potrebbe aumentare il rischio di malattie cardiovascolari.

Altre acque hanno troppi sali, sono utili in casi particolari ma possibilmente dietro indicazione medica.

Ci sono poi un paio d`€™informazioni quasi da denuncia. È una stupidaggine dire che le acque povere di sodio fanno dimagrire, la quantità  di sodio tolta giornalmente grazie all`€™uso di queste acque è irrilevante. Ancora più stupido affermare che un acqua minerale è diuretica: non esiste acqua al mondo che non lo sia.

Da qualche tempo negli scaffali dei supermercati troviamo delle acque di laboratorio, di che cosa si tratta?

È banale: la nuova direttiva comunitaria sull`€™acqua potabile dice che gli enti locali possono imbottigliare l`€™acqua del loro acquedotto. Praticamente l`€™acquedotto esce dalle nostre tavole e ci ritorna imbottigliato, dopo opportuni trattamenti.

Acqua venduta e comprata come un qualsiasi bene di consumo. Non potrebbe essere questa la porta attraverso la quale passa anche da noi la tendenza, ormai mondiale, alla privatizzazione?

In Italia c`€™è una situazione e c`€™è una tendenza. La situazione attuale è che la maggior parte della gestione delle acque è pubblica e la legge sancisce che l`€™acqua è una risorsa pubblica. La tendenza `€“ almeno questa è la mia opinione `€“ è che l`€™Italia si stia spostando verso una forma di privatizzazione particolare: la costituzione di società  miste pubbliche e private, in cui il pubblico detiene il 51 per cento delle azioni.

Io non sono ideologicamente schierato pro o contro le privatizzazioni, però l`€™acqua è un bene primario, non è come il servizio telefonico in cui posso limitarmi. Per questo la sua privatizzazione richiede estrema cautela. Chi ne fa un affare può essere spinto per esempio a non occuparsi di alcune cose, come la garanzia di una certa qualità  delle acque o la manutenzione degli impianti o il risparmio della risorsa.

Ma i cittadini che cosa possono fare per evitare i rischi?

I cittadini possono aggregarsi, esigere informazioni, vigilare sulle convenzioni di affidamento dei servizi, pretendere che chi gestisce il servizio non sia lo stesso ente che deve fare i controlli. Non si tratta di demonizzare la privatizzazione, ma di saperla guidare affinché la risorsa comune non venga svenduta. Su temi così scottanti ci deve essere consapevolezza e partecipazione popolare, prima che sia troppo tardi.

 

«A COME ACQUA». La campagna dei Beati i costruttori di pace

di Claudio Zerbetto

Moderare i propri consumi senza abbassare la qualità  della vita, ma soprattutto rivedere gli stili di vita. È questo l`€™obiettivo dei Bilanci di giustizia, iniziativa avviata nove anni fa dal movimento Beati i costruttori di pace. Il progetto è rivolto alle famiglie, realtà  sociale in grado di condizionare dal basso l`€™economia, partendo dai piccoli gesti quotidiani, nella consapevolezza che il possesso di una gran quantità  di beni non dà  la felicità . Attualmente, le famiglie impegnate in questo progetto sono 619, suddivise in 35 gruppi in tutta Italia.

Quest`€™anno Bilanci di giustizia ha lanciato la campagna "A come acqua", per sensibilizzare e coinvolgere le famiglie intorno a una delle fondamentali risorse della vita. "Per il 2001 `€“ spiega don Gianni Fazzini, coordinatore di Bilanci di giustizia `€“ abbiamo proposto un nuovo obiettivo: monitorare il consumo dell`€™acqua". Decine di famiglie hanno già  risposto all`€™appello.

"Abbiamo puntato sulla risorsa acqua `€“ spiega Fazzini `€“ perché ci rimanda ancora una volta alle nostre responsabilità  nei confronti del mondo. Non è ammissibile che un miliardo e 400 milioni di persone non abbiano acqua potabile e poi le multinazionali dell`€™acqua minerale registrino un volume di affari di 28 miliardi di dollari. Il "problema acqua" investirà  il nostro futuro e sarà  causa di conflitti".

Come fare, allora, per realizzare un giusto equilibrio tra la risorsa acqua e il suo consumo? I promotori dei Bilanci di giustizia, credono che bisogna partire dalla quotidianità  e lanciano alcune proposte concrete.

* Calcolare i propri consumi di acqua, sia quella del rubinetto, sia quella minerale, con l`€™obiettivo di spostare il più possibile il consumo di acqua minerale verso il consumo di acqua del rubinetto. "È importante `€“ spiega Fazzini `€“ rendersi conto degli sprechi. Quanti di noi lasciano scorrere l`€™acqua inutilmente".

* Utilizzare piccoli accorgimenti di risparmio: riparare un rubinetto che perde, innaffiare le piante e il nostro giardino riutilizzando per esempio l`€™acqua usata in cucina per lavare le verdure.

* Approntare piccoli interventi tecnici: per esempio montare opportuni frangigetto per ridurre il flusso dell`€™acqua, utilizzare filtri per migliorare la qualità  dell`€™acqua di rubinetto oppure pensare a sistemi di recupero dell`€™acqua piovana per lo scarico del water.

Numerose anche le iniziative "politiche" a livello locale. Alcuni gruppi s`€™impegnano a sensibilizzare l`€™opinione pubblica con azioni sul territorio: per esempio sollecitando i responsabili dell`€™acquedotto comunale a migliorare il servizio, controllando le caratteristiche dell`€™acqua erogata, verificando tempi e modi dei controlli sanitari, individuando eventuali perdite lungo il percorso e calcolando i costi al metro cubo.

"A fine anno `€“ conclude Fazzini `€“ dimostreremo sul campo, che è possibile un consumo diverso, razionale ed etico dell`€™acqua".

Un`€™iniziativa mondiale per difendere l`€™acqua

a cura di Laura Pisanello

Senza acqua non c`€™è vita e la vita è il primo dei diritti umani. Lo afferma Mario Soares, presidente del Comitato internazionale per il contratto mondiale dell`€™acqua, da noi intervistato.

Uno dei massimi esperti al mondo in tema di acqua è Mario Soares, ex presidente della repubblica del Portogallo e attuale presidente del Comitato internazionale per il contratto mondiale dell`€™acqua. Gli abbiamo rivolto alcune domande per capire i risvolti internazionali del problema.

Msa. L`€™ultima conferenza sull`€™acqua svoltasi all`€™Aja nel 2000 ha sottolineato come l`€™acqua sia un bisogno e non un diritto. Che cosa significa questo per l`€™umanità  e per i poveri che non vi hanno accesso?

Soares. Se l`€™acqua è una necessità  e non un diritto `€“ come l`€™équipe del Contratto mondiale dell`€™acqua pretendeva `€“ vuol dire che potrà  essere privatizzata su larga scala con appropriazioni sconvenienti da parte delle grandi multinazionali.

Senza acqua non c`€™è vita. La vita è il primo dei diritti umani. Quindi l`€™acqua deve essere un diritto umano, equamente distribuito tra tutti. E siccome è una risorsa scarsa `€“ contrariamente a quanto si crede `€“ e disegualmente distribuita, deve essere soggetta al controllo di una autorità  internazionale superiore.

Quali sono le soluzioni proposte dal "contratto dell`€™acqua"? Quali sono i suoi obiettivi?

L`€™acqua va considerata un bene comune di tutta l`€™umanità . Il diritto all`€™acqua nella quantità  e qualità  sufficiente alla vita è un diritto inalienabile, individuale e collettivo. Perciò l`€™acqua è diventata per la Terra `€“ e per le specie che in essa vivono `€“ qualcosa di essenziale che non deve essere posseduto individualmente e commercializzato o venduto a scopo di lucro.

È anche necessario e urgente assicurare l`€™accesso all`€™acqua, come una necessità  vitale di tutte le persone e le comunità . È un dovere delle società  nella loro totalità  e una responsabilità  dei cittadini del mondo.

A chi serve concretamente una politica mondiale dell`€™acqua? Chi sono gli attori principali di questa politica?

Alle persone individualmente considerate e all`€™umanità  nel suo insieme. Direi anche a un miglior equilibrio ecologico del pianeta.

Gli attori principali di questa politica sono le persone, che diventano consapevoli di questa problematica decisiva per il futuro dell`€™umanità  e le organizzazioni e le associazioni che cercano di diffondere e promuovere questa coscienza collettiva, tanto necessaria.

La privatizzazione dell`€™acqua è diventata un fenomeno mondiale. Dei movimenti popolari vi si oppongono. Chi sono i protagonisti di questi movimenti nel mondo e che cosa possono fare realmente?

Questo fenomeno ha a che vedere con la globalizzazione delle economie e con quella chiamata "nuova economia", che esalta il "guadagno" come valore principale. Ovviamente ci sono dei movimenti popolari che si oppongono `€“ e cercano di trovare altre vie `€“ per assicurare uno sviluppo sostenibile, con una dimensione sociale e delle preoccupazioni ecologiche. Il successo di questi movimenti può derivare solo da una aumentata consapevolezza della serietà  delle questioni ambientali, accompagnata da una attiva e partecipata cittadinanza globale.

Lei pensa che siamo ancora lontani da uno "sviluppo sostenibile"?

Purtroppo devo rispondere di sì. L`€™idea della necessità  di uno sviluppo sostenibile sta facendo il suo cammino. Ma l`€™atteggiamento negativo di alcuni paesi relativamente al Protocollo di Kyoto è molto preoccupante.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017