Sosta obbligata al Museo antoniano

Uno scrigno di tesori, dipinti, sculture, oreficerie e paramenti sacri si trova in uno dei chiostri della Basilica del Santo. E le novità non mancano.
25 Maggio 2012 | di

Per tutti i pellegrini in visita a Padova dovrebbe essere una tappa obbligata la visita del Museo antoniano, uno scrigno di capolavori da non perdere. Già in uno dei primi numeri dell’allora «Messaggiero» (1898), si dava notizia della raccolta, varata nel 1895, di oggetti storico-artistici legati alla vita o al culto del Santo. Quindi, all’epoca il museo era di fatto già esistente: ebbe diversi successivi allestimenti, fu chiuso nel 1940 e riaperto poi nel 1995, in occasione dell’VIII centenario della nascita del Santo.
Dopo la doverosa sosta dinanzi alla tomba di sant’Antonio, il turista-devoto può soffermarsi ad ammirare alcuni dei capolavori della Basilica, come gli affreschi di Altichiero da Zevio e Giusto de’ Menabuoi, le statue bronzee di Donatello, le scenografie barocche di Filippo Parodi. Quindi, il pellegrino può recarsi nei chiostri: è proprio in uno di questi, il Chiostro del beato Luca Belludi, che si trova l’accesso al Museo antoniano, visitato soprattutto da inglesi e tedeschi che vengono qui, informatissimi, in cerca delle opere di Tiepolo e Mantegna. La sosta è d’obbligo perché completa la conoscenza della Basilica e anche di sant’Antonio. Il museo è un luogo dove è possibile un «itinerario della memoria attraverso oggetti che manifestano una fede, una cultura, un’arte, espresse con linguaggio diverso» scrive padre Luciano Bertazzo, fondatore dell’attuale museo, nei cataloghi pubblicati in occasione dell’VIII centenario della nascita di Antonio. Infatti, al primo piano sono riunite tante testimonianze della devozione antoniana, mentre ai livelli superiori si possono vedere inestimabili capolavori, come la Lunetta affrescata dal Mantegna per il portale della Basilica, le tarsie lignee quattrocentesche di Pierantonio degli Abbati con le vedute di Padova (1489), le pale d’altare del Piazzetta, del Tiepolo o la splendida Madonna in trono con Bambino e santi (1518) di Vittore Carpaccio, proveniente dalla chiesa di Pirano (Slovenia). È un percorso che si può fare anche in poco tempo, ma che appaga veramente sia la curiosità del pellegrino che il palato più sottile dell’intenditore. Il Museo antoniano riunisce capolavori tessili, di oreficeria e di pittura spesso poco noti agli stessi padovani.
 
Ex-voto da tutto il mondo
«Il Museo della devozione popolare è molto bello» afferma il direttore, professor Leopoldo Saracini. Al piano terreno sono esposti tanti ex-voto, dichiarazioni di grazie ottenute, testimonianze di nascite di bambini desiderati, ricordi di incidenti stradali, ceri, sài di bambini che sono stati vestiti da fratini in segno di devozione.
Ci sono le copie di alcuni celebri reliquiari, come quello donato a Leone XIII e conservato ai Musei vaticani, o quello donato a Lisbona nel 1968, testimoni di una storia secolare, quando, con parsimonia e attenzione, i frati donarono qualche reliquia del Santo. C’è il Si quaeris miracula in lingua cinese, dipinto su seta, e tante immaginette devozionali giunte qui da ogni parte del mondo.
Poi, salendo al piano superiore, si può vedere una carrellata di paramenti sacri, tra cui spicca la celebre pianeta di papa Sisto IV (1472), insieme con molti tessuti soprattutto di fattura veneziana, sapientemente archiviati da Doretta Davanzo Poli. Le vetrine espongono inoltre ori e oggetti preziosi, come il Centrotavola in forma di nave del Cinquecento, opera della Bottega di Norimberga. Si possono ammirare statue di finissima fattura, come la Madonna con il Bambino di Rainaldino di Pietro di Francia (1379-1401), che insieme a san Pietro, san Paolo e san Giacomo erano collocate in origine sull’altare della Cappella di San Giacomo in Basilica. Una parete intera è poi occupata dalle pale d’altare che si trovavano originariamente nelle cappelle radiali della Basilica e che vennero rimosse quando a Camillo Boito fu richiesto il riassetto dell’arredo delle stesse. Un’attenta osservazione merita il Martirio di sant’Agata (1735-36) di Giambattista Tiepolo, che «fu soddisfatto della sua opera con ottanta cechini d’oro», come riportano i documenti d’archivio. Invece che drammaticità, l’opera suggerisce l’idea di una composta adesione a un disegno superiore.
Sulla parete opposta si trovano affreschi staccati dai chiostri e una sinopia di Tiziano, mentre alcuni frammenti di una Crocifissione affrescata, riproducenti la testa di san Giovanni, la testa della Madonna e un perizoma di Cristo, sono attribuiti al maestro del coro degli Scrovegni, presumibilmente Giotto.
 
In arrivo i calchi in gesso
Al museo, per ora chiusi in una stanza, si trovano anche busti, angeli, fregi, statue dalla compostezza classica: sono tanti calchi in gesso che costituiscono un popolo muto e silente in attesa di essere «richiamato alla vita».
Si sta lavorando perché, entro il 2012, alcuni importanti pezzi siano visibili al pubblico. «In questi mesi – spiega il professor Saracini – si stanno studiando nuovi percorsi museali. In particolare, presumibilmente entro la fine dell’anno, verranno resi accessibili al pubblico i bellissimi calchi in gesso delle opere di Donatello. Questi gessi, finora ammassati in una sala, furono realizzati dagli allievi dell’Istituto d’arte Pietro Selvatico di Padova fin dall’Ottocento (l’Istituto fu fondato nel 1866 subito dopo l’Unità d’Italia) e riproducono le opere del Donatello, del quale qui in Basilica sono concentrati trenta capolavori. La versione attuale dell’altare, con le statue di Donatello così collocate, è una riedizione ottocentesca ideata dall’architetto Camillo Boito, che i calchi in gesso consentiranno di studiare meglio, anche attraverso un sistema di lettura tattile per non vedenti o ipovedenti».
Perciò, i calchi dei bassorilievi di Donatello possono diventare un’opportunità di tipo conoscitivo-didattico molto utile, anche perché l’avvicinamento all’altare in Basilica non è sempre possibile. «Come dicevo – continua Saracini – l’altare attuale è una ricomposizione ottocentesca. L’allestimento del Boito è una riedizione egregia perché, non sapendo come fosse l’altare originale, era necessario ridare un ordine ai trenta pezzi di Donatello che solo qui si trovano in numero così consistente (neanche a Firenze c’è una collezione tanto ricca di questo artista). Sappiamo anche che le esigenze liturgiche sono mutate con il Concilio Vaticano II, e quindi l’uso dell’altare boitiano è diventato secondario, ma non è certo venuta meno la sua dignità estetica e il ruolo di splendida cornice del più cospicuo insieme di opere del grande maestro fiorentino».
I calchi in gesso sono tanti, bianchi e variegati: nel loro nitore, meritano la considerazione delle opere d’arte. «Prima di esporli – spiega ancora Saracini – dovremo procedere a un intervento di pulitura e di restauro. Ma non ci sono solo i calchi di Donatello: abbiamo anche modellini, prototipi, visualizzazioni di diversi progetti fatti nel tempo per la Basilica, soprattutto in epoca ottocentesca, dopo il grande incendio del 1749 e dopo le requisizioni napoleoniche, che furono causa di un depauperamento per la Basilica».
 
I cartoni di Casanova
Un altro fondo consistente del museo è rappresentato dai disegni preparatori di Achille Casanova, che affrescò la parte absidale della Basilica all’inizio del Novecento. «Anche i cartoni di Casanova – dice ancora Saracini – meritano di essere esposti, perché sono un’espressione importante del periodo liberty-déco. Materiali interessanti e di valore ce ne sarebbero tantissimi, ma il museo al momento non ha gli spazi sufficienti per esporli tutti al pubblico. Da sole, le pale d’altare che erano nelle cappelle radiali della Basilica e che adesso sono esposte nell’ultima parete del museo, basterebbero per allestire tre sale. E comunque, nel nuovo ampliamento che stiamo per mettere a punto, ci saranno, oltre a una sala per i calchi, i cartoni di Casanova, le opere di Ludovico Pogliaghi, che lavorò nei primi del Novecento alla Cappella del Santissimo, e infine ricostruzioni in scala eseguite per la ridipintura della Basilica». Come dire un «dietro le quinte» da non perdere.


INFO

 

Museo antoniano

Entrata dal Chiostro del beato Luca Belludi
Aperto tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18

Per informazioni: tel. 049 8603236

Biglietto: intero € 2,50

In occasione del Giugno Antoniano sono previste visite guidate, con ingresso gratuito, il 7,14, 21 e 28 giugno (ore 19.00 - 20.00).


Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017