Se i piedi del Santo potessero parlare...

Potrebbero raccontarci delle sue mille difficoltà nel capire che direzione prendere nella vita. E di molto altro ancora.
27 Aprile 2004 | di

Vi siete mai chiesti da cosa si riconosca un santo?! Dall'aureola dorata, spesso simile a un piatto o a un disco volante, con cui viene raffigurato da pittori e scultori. Esatto, ma non del tutto. Almeno nel senso che nella realtà  i santi non se ne vanno in giro con quel coso sulla testa.
Dai poteri magici. In un certo senso, ma voi guardate troppi cartoni animati giapponesi.
Perché c'è il suo nome nel calendario. Sì, ma non ci sono tutti nei 365 giorni a disposizione.
Insomma, perché c'è scritto santo prima del loro nome!. Già , come se questo risultasse all'anagrafe.
Tutte cose vere, applicabili senza particolari difficoltà  anche ad Antonio di Padova. L'aureola? Ce l'ha! Poteri magici? Caspita, ne ha fatti di miracoli!. Un posto tutto suo nel calendario? A be', qui non ci si può sbagliare: il 13 giugno. Il santo prima del nome c'è...
Eppure ci sono santi, e Antonio è tra questi, che si riconoscono dai... piedi.
Si potrebbe misurare in chilometri il loro impegno per Dio e per i fratelli! E chissà  quante storie avrebbero da raccontare i loro piedi, se solo potessero parlare, oltre naturalmente a lamentarsi per la fatica.
Sicuramente ci narrerebbero di una persona che ha scoperto, o riscoperto, la sorgente profonda della sua vita, l'ha ripulita dai detriti sotto cui spesso la seppelliamo soffocandola, e ha permesso a quest'acqua di ingrossarsi e di prorompere, travolgendo, con l'impeto dei desideri e con la nostalgia di Dio, tutto quanto: Antonio stesso, le sue paure, le sue sicurezze, i suoi progetti. Quella stessa sorgente la cui eco anche noi abbiamo percepito, almeno in certi momenti particolari, quando il Mistero riesce a forare le maglie spesso impenetrabili della nostra esistenza...
Mille rigagnoli che hanno reso inquieta e mai ferma la sua persona, buttandola a capofitto nella vita, mai contento della meta raggiunta e mai sazio delle strade percorse, sempre dietro ai passi del grande Camminatore. Torrente che diventa fiume, per tuffarlo infine nell'oceano della misericordia di Dio.
I piedi di Antonio, come quelli di Francesco d'Assisi, potrebbero raccontarci delle sue mille difficoltà  nel capire che direzione prendere nella vita: di quante volte sia tornato sui suoi passi e di come poi si sia lanciato a gambe levate nel progetto che il buon Dio gli proponeva. Potrebbero raccontarci della polvere del sagrato della piccola chiesetta di Sant'Antonio dos Olivais, quel mattino che, spogliandosi dell'abito agostiniano, si tolse per sempre anche i comodi e caldi calzari; della sabbia del Marocco, sfortunato missionario; della fredda pietra dell'eremo di Montepaolo; e ancora delle corse spensierate per i campi fioriti, della sporcizia delle prigioni, dei morbidi tappeti nella reggia di Ezzelino da Romano, di tutte le soglie di case e chiese attraversati.
Potrebbero sussurrarci della grande stanchezza degli ultimi anni della sua vita, piedi trasportati, alfine, su un carro trainato da buoi, verso l'incontro con sorella morte.
Piedi consumati. Ma alla fine della nostra esistenza, candela consunta alla festa di Dio, non sarà  da leggere nella cera disciolta, nella luce cioè che avremo sparso attorno a noi, il senso e il valore della nostra vita, ciò di cui andare fieri?

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017