Ripartire insieme

Lo scorso aprile a Padova è avvenuta una piccola rivoluzione pacifica: le Province patavina e bolognese dei frati minori conventuali si sono unite eleggendo fra Giovanni Voltan nuovo Provinciale della neonata Provincia italiana di sant’Antonio di Padova.
24 Aprile 2013 | di

«Appena eletto, il primo pensiero è stato di gratitudine per la stima e la fiducia che i frati mi hanno dimostrato»: esordisce così fra Giovanni Voltan, 51 anni, dal 12 aprile Ministro provinciale della neonata Provincia italiana di sant’Antonio di Padova dei frati minori conventuali. Poi, con tono sommesso, aggiunge: «A dire il vero ero anche un po’ preoccupato, perché consapevole della mia piccolezza dinanzi al grande compito affidatomi: ci troviamo in un contesto di Provincia nuova, con situazioni per me inedite». «Meno male – prosegue – che lavorerò con dei consiglieri validi, “la squadra del Provinciale”, cioè il Definitorio, un gruppo di otto frati con i quali potrò portare avanti l’animazione della Provincia. So che l’ultima parola spetterà a me, che chi dovrà andare avanti sono io, ma sapere che accanto, dietro, insieme con me ci sono loro mi rincuora».

Msa. Fra Giovanni, ci aiuta a comprendere la nuova realtà nata dall’unione di due Province religiose, quella padovana e quella bolognese?
Voltan. L’unione nasce da un suggerimento del Capitolo generale del 2007: all’epoca si pensò, visto il trend di decrescita delle Province più antiche, di unire alcune giurisdizioni, tra cui vi erano, appunto, le Province patavina e bolognese. Così, dopo un adeguato percorso di preparazione, il 7 aprile 2013, ovvero il primo giorno del Capitolo provinciale, il decreto del Ministro generale fra Marco Tasca è divenuto realtà: le due Province sono state soppresse ed è nata la nuova Provincia italiana di sant’Antonio di Padova. Elemento comune, come si evince, è sant’Antonio che ha vissuto in questi territori, li ha santificati e animati con la sua guida come Provinciale. La neonata Provincia conta circa trecento frati nella sola Italia, con un’età media di 62 anni. Essa si estende praticamente in tutto il Nord Italia, con due Delegazioni estere (Portogallo e Cile) e tre Custodie (delegazioni missionarie ormai cresciute e in attesa di diventare Province): Francia-Belgio, Ghana e Indonesia.

Come accennato, con l’attuale configurazione territoriale lei si ritrova a essere Provinciale della stessa area affidata, otto secoli fa, a sant’Antonio...
È proprio così. Per amore di storia va rilevato, però, che subito dopo la morte di Antonio, questo vasto territorio fu diviso in più Province. Quello attuale, quindi, è, se così possiamo dire, un ritorno alle origini, ma dettato da contingenze: abbiamo meno vocazioni, dobbiamo concentrare le forze. Questa motivazione così umile deve rappresentare però uno stimolo per i frati.

Quali sono, a suo parere, i punti forti della Provincia e, se ci sono, quelli deboli?
Il primo punto di forza sta senza dubbio nel desiderio di noi frati di riappropriarci in maniera creativa della nostra identità francescana. Io noto, e non solo nei più giovani, il desiderio di una vita sempre più secondo il vangelo, quindi semplice, sobria, accanto alla gente, facendo leva sulla fraternità, vero punto focale. Il secondo punto di forza è senz’altro legato al come essa si è creata, vale a dire al cammino compiuto dai due ex Definitori in questi anni: tutto è avvenuto con calma, favorendo la conoscenza reciproca. Insomma, dietro questa nuova realtà ci sono stati una mens e un cuore. Un ulteriore punto di forza mi sembra la visione comune alle due ex  Province, e dunque alla nuova, dell’apporto dei laici: c’è la volontà di vivere una reale corresponsabilità e collaborazione con i laici, nella consapevolezza che ciò che stiamo portando avanti appartiene anche a loro non solo ai frati. Ovviamente non mancano nemmeno le fragilità. La prima: l’età che avanza, realtà che ci sta obbligando a un ridisegno delle nostre presenze in vista di comunità che siano vivibili e significative là dove si deciderà di restare. La seconda: la complessità delle opere da gestire, opere più o meno grandi e quindi non facili da mettere al passo con in tempi. Alla terza fragilità voglio guardare con lo spirito di san Paolo («è quando sono debole che sono forte»): sto parlando della vastità della Provincia, aspetto che può diventare anche un punto di forza nella misura in cui saremo meno autoreferenziali, capaci di aprirci all’apporto di culture nuove. Ne abbiamo fatto esperienza anche al convento del Santo dove, da alcuni anni, vivono frati di altre nazioni: questa convivialità di differenze si è dimostrata un dono per tutti, perché ci ha aiutato a capire che la nostra è una grande famiglia.

Lei ha una vasta esperienza in campo formativo. Nel futuro, in quali ambiti vorrebbe concentrare il suo impegno?
L’esperienza mi dice che perché la formazione funzioni occorre che si stabilisca una relazione di alleanza tra il formatore e i formandi, una relazione semplice, incentrata sui valori che ci accomunano e che si possono sintetizzare semplicemente con il desiderio di vivere il Vangelo di Gesù Cristo in fraternità. Io credo che uno dei compiti che mi è richiesto sia proprio di favorire queste relazioni, affinché siano buone ed efficaci alla luce di questi valori. Il mio impegno, dunque, dovrebbe essere proprio quello di poter visitare i frati per coltivare la relazione con loro. Non so se questo mi sarà sempre possibile, però qui entra in gioco la squadra: dove non arriva il Provinciale può arrivare un definitore.

Come vede l’impegno dei frati nelle comunicazioni sociali, anche alla luce della vostra tradizione in tale ambito?
In questo tempo è un impegno strategico, necessario. Oggi la comunicazione è tutto. Io credo che il nostro carisma francescano mediato, con l’aiuto dei laici, attraverso uno stile evangelico, sia davvero un modo di servire il Signore. Un esempio? Le nostre ultime vocazioni sono arrivate attraverso il blog animato da fra Alberto Tortelli (www.vocazionefrancescana.org). Questo dice l’importanza dei media ma dice anche, appunto, uno stile accogliente, che non si sottrae alla relazione. È quanto accade anche con il «Messaggero di sant’Antonio»: la rivista è fondamentale e va affiancata dalla disponibilità all’ascolto, a creare una relazione con chi ci contatta.

Ci può raccontare il suo legame con il «Messaggero di sant’Antonio»?
Il Messaggero è parte del Dna di noi frati, impariamo a conoscerlo da quando entriamo in seminario. In tempi più recenti, con il «Messaggero» ho realizzato l’esperienza della «Due giorni al Santo insieme con i frati», un’iniziativa che ha portato frutti molto buoni e grazie alla quale ho potuto toccare con mano che il «Messaggero» è un mensile che arriva nelle case creando relazione e, proprio come sant’Antonio, è capace di mantenerla viva.

Nella sua prima omelia da Provinciale ha avuto parole di riconoscenza nei confronti del suo predecessore, padre Gianni Cappelletto...
Sì. Come ho detto in quella omelia, non sarei stato eletto Ministro provinciale se padre Gianni quattro anni fa non mi avesse chiesto di essere suo Vicario. In questi quattro anni, vivendo con lui ho imparato molte cose, soprattutto sono stato edificato dalla sua testimonianza di vita, dal suo stile coinvolgente, dall’attenzione alla persona e dal modo davvero puntuale di essere presente, di programmare, di non lasciarsi sfuggire niente di ciò che riguarda il bene delle persone. Ringrazio padre Gianni perché, se siamo giunti alla nuova Provincia con questo clima fraterno e cordiale, è anche grazie a come lui ci ha condotti.
 
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Biografia
Fra Giovanni Voltan nasce a Padova il 12 gennaio 1962. Entrato nel seminario minore dei Frati minori conventuali a Camposampiero (Padova) nel 1973, emette la professione temporanea nel 1982 e, dopo gli studi filosofico-teologici presso l’Istituto Teologico S. Antonio Dottore di Padova, quella solenne nel 1988. Il 16 dicembre 1989 è ordinato sacerdote dall’allora vescovo di Gorizia, Antonio Vitale Bommarco, già Provinciale e Ministro generale dei conventuali. Dal 1987 al 2005 si occupa di formazione, dapprima presso i seminari minori di Rivoltella del Garda e Camposampiero, poi come rettore dei postulanti a Brescia e dei postnovizi a Padova. Nel 2008 ottiene la licenza in Teologia e studi francescani presso l’Istituto Teologico di Assisi (aggregato alla Facoltà di Teologia dell’Università Lateranense). Nel 2007 è nominato responsabile dei frati professi solenni. Il 13 marzo 2009 è eletto Vicario provinciale della Provincia Patavina e, lo scorso 12 aprile, Ministro provinciale della Provincia italiana di sant’Antonio di Padova.



Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017