Ricostruire insieme dopo la guerra

Ricominciare da zero, dopo le distruzioni di una lunga guerra. Al centro la sanità, la scuola, la formazione al lavoro. Sono i nuclei del progetto Caritas Antoniana, realizzato in Congo Brazzaville. Un progetto difficile ma che oggi sta dando frutti.
26 Settembre 2013 | di

Era il settembre del 2009 quando don Abel Durand Nienze bussò alla porta della Caritas Antoniana pieno di speranze e di progetti. All’epoca aveva 30 anni circa, sapeva parlare l’italiano grazie ai suoi studi di teologia a Roma e aveva già sulle spalle una missione quasi impossibile. Ritornato nel suo Paese, il Congo Brazzaville, nell’Africa centrale, i superiori l’avevano nominato economo della diocesi di Nkay, di fatto con l’incarico di trovare le risorse per far partire lo sviluppo e la ricostruzione in una zona dilaniata dalla guerra.

La diocesi di Nkay è situata nel Sud del Paese e a sud anche di Dolisie, la terza città del Congo Brazzaville, quasi ai confini con l’Angola. Una diocesi di confine non solo per ragioni geografiche, ma anche per la vastità del territorio e per l’estrema povertà della sua gente. È grande quasi due volte e mezzo la Lombardia (59.140 chilometri quadrati) ma ha un sesto dei suoi abitanti (542.166); è suddivisa in 576 villaggi e venticinque parrocchie, quasi del tutto priva di strade asfaltate e mezzi di comunicazione.

Gravissima la situazione sociale con cui don Abel avrebbe dovuto confrontarsi: il territorio di Nkay era stato il più esposto alle tante guerre fratricide scoppiate nel Paese negli ultimi vent’anni, e nonostante gli accordi di pace siglati, gli episodi di devastazioni e violenze sommarie continuavano a verificarsi periodicamente. Tanti anche gli ex bambini e ragazzi soldato, senza arte né parte, con un bagaglio di atrocità negli occhi e nel cuore e nessuna prospettiva per il futuro. Il sistema scolastico era ormai gravemente compromesso ed era in ginocchio anche l’assistenza sanitaria, con i tredici dispensari della diocesi distrutti. Eppure il Congo è Paese ricco di materie prime, attira investitori stranieri, tra i quali uno dei maggiori è proprio l’Italia. Già nel 2009, al tempo della visita di don Abel, il Pil del Congo Brazzaville era al 7,6 per cento, mentre l’Occidente colava a picco nella crisi. Un successo economico che non sembrava toccare le popolazioni, tanto che un congolese su due viveva sotto la soglia di povertà.
 
Un progetto complesso
Di fronte a tanta devastazione, don Abel sembrava un piccolo Davide contro un immenso Golia. Lui guardava al futuro, alle scuole da ricostrui­re, ai pozzi da bonificare, ai progetti per i bambini soldato, al recupero dei dispensari, al ripristino dell’assistenza sanitaria con una fiducia cieca e una strana serenità: «La nostra forza è gloria nella croce di Cristo», ripeteva. Era come prospettare una città di fronte a un ground zero. Alla Caritas Antoniana c’era sorpresa mista a perplessità: era difficile all’inizio capire se si trattasse d’incoscienza o profezia evangelica. Per appurarlo, si recò per primo a Dolisie padre Valentino Maragno, direttore della Caritas Antoniana. Seguì la visita di padre Danilo Salezze, allora direttore generale del «Messaggero di sant’Antonio» e di un altro frate del «Messaggero», padre Paolo Floretta. Fu importante per pensare insieme il fattibile, capire le forze in campo, stabilire le priorità.

In tre anni da economo don Abel si era costruito il suo gruppo di lavoro. Innanzitutto si era reso conto che era importante avere il quadro della situazione. E aveva individuato tra i tanti ragazzi della diocesi, Serge, un giovane che aveva fatto studi di sociologia, brutalmente interrotti dalla guerra e dall’arruolamento forzato nell’esercito: sbattuto con brutalità dai libri al fucile, nell’inferno di una guerra non sua. Abel gli aveva dato un compito: raccogliere quanti più dati poteva sullo stato della diocesi e della sua gente, elaborarli, studiarli per poter pianificare il futuro. Un’opportunità che non era solo un lavoro, era un riscatto.

Gli altri operatori a fianco di don Abel erano due medici in pensione, un chirurgo, una pediatra, e un infermiere professionista. Un primo nucleo per cominciare a ricostruire anche una rudimentale assistenza sanitaria. «Non partivamo sotto i migliori auspici – ammette padre Maragno –. Ma capivamo che quel piccolo gruppo era l’unica speranza che c’era, l’unica forza su cui poteva contare quella poverissima diocesi. E abbiamo deciso di scommetterci».

Don Abel, sotto la guida e la supervisione della Caritas Antoniana, stilò una lista degli interventi più urgenti. «I dati di Serge – continua padre Maragno – ci dicevano che in quella zona la mortalità infantile era elevatissima. Morivano 126 bambini ogni mille sotto il primo anno di vita e la speranza di vita alla nascita era di appena 45 anni. Nella zona dilagava l’Aids, ma i primi killer erano la malaria e le malattie trasmesse dall’acqua infetta». L’osservazione portò alla soluzione più semplice ma più efficace: «Bonificare i pozzi d’acqua e costruirne di nuovi nei villaggi in cui non c’erano». Era poi indispensabile una minima sorveglianza sanitaria: «Pensammo a un’unità mobile, che potesse periodicamente visitare i villaggi, somministrare qualche cura, formare la gente alle minime regole igienico-sanitarie». L’altra grave emergenza erano i ragazzi soldato senza alcuna prospettiva di formazione e di lavoro: «Per questo aspetto – continua padre Maragno – ci accordammo con don Abel su due fronti. Da un lato l’avremmo aiutato a costruire una scuola professionale, dall’altro avremmo fornito mezzi di lavoro più adeguati a una piccola cooperativa agricola di ragazzi, sorta spontaneamente, un esempio per tutti che, impegnandosi, era possibile risorgere».
 
Semi di futuro
Sei mesi e qualche viaggio più tardi, il progetto aveva preso forma: la bonifica o ricostruzione dei numerosi pozzi, l’acquisto dell’unità mobile per il progetto sanitario, la costruzione della scuola, un trattore con relativi accessori per i ragazzi della cooperativa, una borsa lavoro per Serge per un costo totale previsto di circa 300 mila euro. «Ne eravamo coscienti – ricorda padre Maragno –, era un progetto complesso, difficile per le condizioni in cui si doveva lavorare, ma che poteva essere il primo nucleo di un nuovo futuro. Per questo motivo lo presentammo ai lettori del “Messaggero” come progetto di punta per il 13 giugno 2010, festa di sant’Antonio». Una scommessa nella scommessa.

A distanza di tre anni dall’inizio di quell’avventura è ora il momento di darne conto: «Ce l’aspettavamo ed è stato difficile – commenta padre Maragno –. I tempi dell’Africa non sono i nostri. Non è un caso che abbiamo aspettato a rendicontarlo. Abbiamo seguito il progetto passo passo, subendo scacchi di ogni tipo: la ripresa della guerriglia, l’aumento vertiginoso dei prezzi, tasse e gabelle impreviste, cavilli burocratici, difficoltà a reperire materiali e maestranze, solo per fare alcuni esempi. Alla fine, però, siamo riusciti a concluderlo, anche se con alcune modifiche». I pozzi rimessi in funzione con l’acquisto di pompe o costruiti da zero sono stati in tutto trenta, molti altri sono stati bonificati grazie a un sistema rudimentale messo a disposizione dei villaggi e che permette di produrre varechina. L’unità mobile è stata acquistata come pure il trattore per la cooperativa. L’ultimo scoglio è stata la scuola professionale, terminata qualche mese fa e che oggi si chiama significativamente «Scuola professionale sant’Antonio di Padova». È abbastanza per tirare un sospiro di sollievo: «A volte – conclude padre Valentino – è davvero dura stare accanto ai poveri, aiutare senza prevaricare, aspettare fiduciosi anche quando tutto rema contro. Abbiamo solo piantato dei semi, ne siamo coscienti. Semi che ora richiedono l’impegno di don Abel e della sua gente per germogliare. Ma non è questo, in fondo, l’insegnamento di sant’Antonio e san Francesco?».
 

Il progetto in breve
 
Realizzazioni:
- Bonifica e costruzione di vari pozzi d’acqua in tutte le 25 parrocchie.
- Formazione per la produzione di varechina in loco per la disinfezione dell’acqua.
- Acquisto unità mobile per il progetto sanitario.
- Costruzione e allestimento scuola di formazione professionale.
- Un trattore per cooperativa agricola.
- Una borsa lavoro per Serge, lo statistico della diocesi di Nkay.
 
Tempi:
giugno 2010 - dicembre 2012
 
Costo:
euro 300 mila

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017