«Qui la steppa è fiorita»

Nel disorientamento e nella povertà seguiti al crollo dell’Unione sovietica, un missionario italiano ha creato a Kapchagai, in Kazakhstan, piccole oasi di serenità e accoglienza per i bambini abbandonati.
16 Aprile 2007 | di

Tania, 14 anni, è orfana di madre, suo padre non ha lavoro e probabilmente beve. Vive nel focolare di Santa Veronica, una delle sei case-famiglia istituite presso la parrocchia cattolica di Kapchagai, una cittadina di 50 mila abitanti, in piena steppa, vicino all’antica capitale Almaty, nel Sud-est del Kazakhstan, ex territorio sovietico quasi al confine con la Cina. «Alcuni bambini mi hanno consigliato di venire al focolare e la mia vita è cambiata completamente – continua Tania –. Qui viviamo come una gioiosa famiglia, impariamo gli uni dagli altri a stimarci, ad amarci, ad aiutarci». La storia di dolore, a cui Tania solo accenna con pudore, è comune a molti bambini in questa parte di mondo. «Il crollo dell’Unione Sovietica – spiega don Massimo Ungari, missionario fidei donum della diocesi di Cremona e parroco di Kapchagai – ha spazzato via le minime tutele sociali che il regime garantiva, lasciando la gente senza punti di riferimento, senza lavoro, con una libertà difficile da gestire per chi non ne ha sviluppato nel tempo la cultura e le potenzialità».
La popolazione è composta per metà da etnie asiatiche, in maggioranza kazache, e per metà da etnie europee (russi, ucraini, polacchi, tedeschi, baltici, deportati in queste zone dal precedente regime), che vivono insieme in concordia, anche grazie al clima di libertà religiosa promosso dalle autorità del Paese. Appese alla precarietà, nonostante il veloce sviluppo economico che sta interessando il Paese grazie allo sfruttamento delle ingenti risorse del sottosuolo, le famiglie si sfasciano; crescono l’alcolismo, la droga, i furti. E i bambini pagano il prezzo più alto: l’abbandono, l’analfabetismo, la mancanza di ogni possibile futuro.
È per riempire questo vuoto di assistenza ma anche di senso esistenziale dei bambini e dei giovani che nel 2000 è nata l’opera dei Focolari di Maria Vergine dell’Eucaristia, che ha promosso l’istituzione di piccole case-famiglia in grado di accogliere circa venti bambini e giovani, dai pochi mesi ai vent’anni, con i loro educatori: «Proprio qui, dove i bambi-ni non avevano sufficiente amore e attenzione dai loro genitori – spiega don Massimo –, abbiamo chiesto l’aiuto della Madre celeste e aperto a suo nome quasi un focolare all’anno».
Ogni casa è stata posta sotto la protezione di un santo e la più recente è dedicata proprio a sant’Antonio: «Era già in costruzione – racconta don Massimo – e ci mancavano 20 mila euro per completarla. Mi sono chiesto: perché non li chiediamo direttamente a “lui”? E mi sono rivolto a Caritas Antoniana. Grazie all’aiuto di voi lettori, il focolare sant’Antonio è stato completato l’anno scorso, e ora altri venti piccoli hanno una famiglia».
Oggi i focolari sono un punto di riferimento per tutti. Nel tessuto della società post-sovietica sono una realtà nuova, dirompente, che insegna la solidarietà gratuita.
E sono soprattutto il segno tangibile della vitalità della piccolissima comunità cattolica, appena il 2 per cento della popolazione: «E pensare – ricorda don Massimo – che sotto il comunismo qui c’era solo un pugno di cattolici che si riunivano clandestinamente in un monolocale attorno a un sacerdote lituano. La parrocchia è stata riconosciuta solo nel 1998». Una pianticella fragilissima su cui pochi avrebbero scommesso e che ora è un laboratorio di nuova umanità.
Lo testimonia Tania: «Se volete scacciare, abbandonare, lasciare il vostro bambino – cosa che purtroppo accade spesso in questo Paese – allora è meglio che lo portiate qui da noi». È commovente che lo dica lei, bambina abbandonata, dall’alto delle sue nuove sicurezze e delle sue nuove responsabilità. «Da noi e per noi sarà un fratello e una sorella. Vivere nel focolare mi ha cambiato la vita. Vale la pena capitare qui».

Don Massimo, che cosa vede nel futuro?

«Qui il bisogno è grandissimo. Non c’è giorno che non ci arrivi una richiesta di aiuto in favore di qualche bambino. Ce li indirizzano tutti: la scuola, le autorità, i conoscenti, il passaparola tra bambini. Costruiremo altri focolari e altre opportunità per questi piccoli. Per esempio, Caritas Antoniana di recente ci ha donato altri 5 mila euro per avviare una microimpresa di fabbricazione di mobili: darà lavoro a qualche famiglia e sarà un ottimo laboratorio per i nostri ragazzi che vogliono imparare un mestiere qui molto richiesto. Da cosa nasce cosa».

Dopo tanto lavoro qual è la soddisfazione più grande?

«Appena sono arrivato qui, è stato terribile. Mi dicevo: che razza di Paese è questo? Avrò fatto bene a venire fin qui? Oggi la fede e il calore umano di questi bambini e delle persone che mi circondano sono la mia ricompensa. I bambini che sono passati attraverso le prove della vita posseggono una meravigliosa umanità. Qui la steppa è fiorita».      


il progetto in breve

2005
Completamento focolare sant’Antonio: euro 20.000

2006
Avviamento microimpresa di costruzione mobili: euro 5.000


Totale: euro 25.000

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017