Quei titoli gridati che forzano la realtà

I titoli dei giornali talvolta sono costruiti appositamente per attirare l'attenzione del lettore:chi legge solo quelli può essere tratto in inganno. Com'è accaduto di recente in tema di "giustizia fai da te"...
30 Marzo 2005 | di

L'influenza sui lettori dei titoli dei quotidiani - lo vado ripetendo da anni senza successo - continua a essere sottovalutata. Sembra quasi che non pochi redattori contino sul fatto che la maggior parte dei lettori leggano con attenzione il contenuto degli articoli, dalla prima all'ultima pagina. Il titolo servirebbe, dunque, soprattutto da richiamo e la lettura dell'articolo provvederebbe a ridimensionare ogni eccesso d'enfasi, ambiguità  o, addirittura, la non corrispondenza del titolo al contenuto. Convinzione che giudico troppo ottimista, visto che, per mancanza di tempo o di buona volontà , spesso gran parte della lettura dei giornali si limita a una rapida scorsa ai titoli delle pagine preferite. È per questo che, tanto per fare un esempio, un titolo come quello apparso in un grande quotidiano nazionale, a metà  gennaio, nelle pagine degli spettacoli mi ha particolarmente colpito per l'effetto che avrebbe potuto avere su un pubblico frettoloso e forse anche ingenuo: Amendola: sarei pronto a farmi giustizia da solo.
I lettori sanno che ho più volte avanzato forti critiche alla giustizia fai da te e proprio per questo ho letto con curiosità  l'articolo. Claudio Amendola è un bravo attore, molto popolare anche per avere impersonato personaggi duri e rudi in lotta, benché spesso coinvolti in attività  criminali, contro le ingiustizie. Nell'articolo, presentando una miniserie televisiva di cui è protagonista, Amendola descrive il suo personaggio, Pietro, meccanico in fuga dall'orefice Lorenzo cui avrebbe ucciso moglie e figlio durante una rapina. Nell'intervista, l'attore afferma di sentirsi vicino proprio al suo antagonista, Lorenzo, che si trasforma in killer per vendicarsi di Pietro.


Che cosa dice davvero Amendola

Dice Amendola che pur ammettendo razionalmente che ci sono lo Stato, la magistratura, le forze dell'ordine, comprende anche le ragioni di Lorenzo e aggiunge che, personalmente, combatterebbe in prima persona per i propri figli e per la libertà . Come si può vedere, il titolo non rappresenta nella sua sinteticità  le parole dell'attore e si trasforma in un'affermazione senza se e senza ma: sarei pronto a farmi giustizia da solo. Di questo Amendola non ha certo colpa, ma data la sua popolarità  non vorrei che, contro le sue intenzioni, questo messaggio arrivasse così, nudo e crudo, a chi si limita alla lettura del titolo, specie se ancora adolescente. Approfittiamone, comunque, per una breve riflessione sul fatto che, di fronte agli innumerevoli fatti di sangue di cui abbiamo notizia, è giusto distinguere tra le reazioni delle vittime e dei loro parenti e quelle di chi non è stato direttamente colpito dalla violenza. È comprensibile che chi ha visto violentare, ferire o uccidere una persona cara possa nutrire sentimenti di vendetta, e non è ammissibile che gli si chieda, come spesso sento fare, se è disposto a perdonare. Nessuno si può permettere, credo, di giudicare negativamente chi non trova dentro di sé la forza di perdonare e di affidarsi esclusivamente alla giustizia terrena o divina. Ma è intollerabile che chi non è direttamente coinvolto, invece di stringersi attorno alle vittime della violenza e di collaborare con chi ha il compito di assicurare i responsabili alla giustizia, getti benzina sul fuoco mostrando sfiducia nell'operato delle forze dell'ordine e della magistratura e invocando l'azione diretta della giustizia amministrata dai cittadini. Costoro non hanno l'alibi di essere travolti dal dolore, dalla rabbia, dalla sofferenza, tutti sentimenti che toglierebbero forse a tutti noi ogni lucidità  qualora fossimo legati da intensi rapporti di affetto con le vittime.
La giustizia fai da te non trova alcun fondamento nella legittima difesa che il Codice Penale delimita laddove recita: Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità  di difendere un proprio diritto o altrui contro il pericolo attuale dell'offesa ingiusta. Ci sono, dunque, tre condizioni per parlare di legittima difesa: ci si limita alle azioni strettamente necessarie per difendersi, non si è stati causa volontaria dell'aggressione e ci si deve trovare in uno stato di pericolo attuale. Nulla a che fare con la vendetta, come si può notare. La legge della giungla, sia pure mitigata dal rigore dei codici, può rendere più violenta la convivenza civile, senza produrre affatto maggiore sicurezza, come ha scritto su La Stampa Leonardo Zega il 15 maggio 2004.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017