Quei piccoli mostri sono i nostri figli

Quali sono le origini del bullismo? In ogni epoca i giovani hanno trasgredito. Ma oggi esagerano: sono saltati limiti e norme. E il primo pessimo esempio viene proprio dagli adulti.
21 Dicembre 2006 | di

Tutti si chiedono che cosa stia avvenendo ai nostri ragazzi. Per la prima volta, in forma diffusa nel nostro Paese, gli adulti si rendono conto che le cose non vanno. I nostri figli si dimostrano aggressivi, trasgressivi, violenti e cinici oltre ogni immaginazione. Al di là dell’onda di allarme, forse è arrivato il momento di chiedersi se e come stia cambiando il volto dei nostri minorenni. Lasciando da parte le drammatizzazioni, è certamente utile riflettere sul fenomeno chiamato «bullismo».
Si potrebbe rispondere che nei confronti del passato nulla è cambiato, ma anche che tutto è cambiato.
L’adolescenza, per definizione, è un’età piena di incertezza, di ribellione, di trasgressione. Il «piccolo animale» si affaccia alla vita e, in qualche modo, tenta strade diverse da quelle sperimentate nella fanciullezza. Vuole diventare adulto e quindi saggia le ipotesi. Lo fa con irruenza, esagerando i toni, rifiutando consigli e guida. Anche per i nostri ragazzi si ripete il rito della sfida al mondo degli adulti, come d’altronde per il passato: contro i genitori (rispondono male, sono disobbedienti), contro le buone regole (si vestono pazzamente, si pittano capelli, si fregiano di piercing e di tatuaggi), contro gli educatori (non credono a nulla, sfidano i luoghi comuni, sono anarchici).
Si potrebbe dunque rispondere, a prima vista, che forse è cambiata la «quantità» della trasgressione, ma non la qualità. Chiunque, oggi adulto, può ricordare le proprie trasgressioni. Si potrebbe aggiungere che sarebbe un guaio se l’adolescente non fosse trasgressivo: rischierebbe di non diventare mai adulto, rimanendo un eterno bambino, gestito da adulti.
Le forme di trasgressione odierna fanno pensare però anche a un cambiamento della qualità della trasgressione stessa.
La forma più evidente è lo scardinamento dei limiti, sullo sfondo del venir meno dei valori di riferimento. Mentre nel passato si era trasgressivi, ma all’interno di un codice di regole comunque stabilite e accettate, i ragazzi di oggi sembrano aver dimenticato quelle norme. Non si tratta più di spacconerie nei confronti di qualche compagno di classe e di qualche coetaneo. C’è di peggio: nel branco i ragazzi usano violenza verso le loro amiche; diventano calcolatamente crudeli; non hanno limiti che li frenino; si affidano all’alcol e alle droghe.
La domanda ritorna: abbiamo creato dei mostri? La risposta, come sempre, è nelle mani degli adulti.
La triste realtà dice che il quadro di riferimento è saltato innanzitutto per loro, gli adulti. I ragazzi non fanno che ingigantire ciò che gli adulti vivono con maggior disinvoltura: la caduta libera dei valori. Si può iniziare con la famiglia, che sta perdendo stabilità: i dati ufficiali dicono che i matrimoni calano, mentre sono in aumento le separazioni e le convivenze. Il riferimento alla famiglia è diventato dunque incerto e contraddittorio. Anche nella vita economica – così fan capire gli adulti – si può prescindere da ogni regola: si può mentire, mancare alla parola data, essere disonesti, evadere le tasse. Per non parlare della vita sociale: ciò che conta è apparire belli, procurarsi piacere, mostrarsi forti. Anche in questi aspetti i ragazzi, sempre esagerando, imitano.
Qualcuno obietterà che le famiglie non sono tutte così. Il messaggio che la tv, il cinema, il web suggeriscono è però esattamente questo. Volete che la vita sregolata delle persone dello spettacolo e l’immagine dei «potenti» non abbiano influenza sui giovani? Il loro influsso è più forte di quanto si immagini. Non solo: viaggiando in rete (cosa che ai ragazzi piace molto) incontrano di tutto: sevizie, crudeltà, violenza, mancanza di solidarietà. Meravigliarsi delle loro bravate è fuori luogo. È più utile che gli adulti si interroghino su cosa vogliono che siano e diventino i loro figli.
Vinicio Albanesi, sacerdote della diocesi di Fermo, è abate e parroco dell’Abbazia di San Marco, direttore della Caritas diocesana e insegnante di Diritto canonico. È stato presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza ed è attualmente presidente della Comunità di Capodarco.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017