Non è tutta colpa di Katrina

Il terribile uragano ha fatto strage, ma qualcos'altro ha dato il colpo fatale a New Orleans: l'ignavia dell'uomo.
26 Settembre 2005 | di

Non è stato l'uragano terribile dal nome (Katrina) grazioso a ferire (quasi) a morte Big Easy, la splendida New Orleans mitica capitale del jazz e del meticciato intelligente. È stato un argine difettoso, trascurato dal bilancio federale, a provocare la tragedia.
A colpire l'architettura creola della città  dove il francese è tuttora lingua franca, è stata l'ignavia dell'uomo, dei burocrati incaricati di non perder mai d'occhio il lago Pontchartrain che è un lago anomalo, diverso dagli altri. Non fosse altro perché è di cinque metri più alto della depressione dove si slarga la città  del dixieland.

Vittorio Zucconi, uno dei giornalisti dell'attuale generazione più bravi ed incisivi, ha scritto su Repubblica un reportage drammatico e dettagliato di questa tragedia postmoderna: lungo quella diga, scavalcata dalla pozzanghera gonfiata, c'erano soltanto le casupole di legno o cartongesso, della città  nera, di quel 27 per cento di abitanti che vivono sotto il livello della povertà  ufficiale, oltre che dell'acqua.
Muoiono i poveri, nessun allarme.
 
Consolazione meschina: noi italiani che ci siamo sempre stracciate le vesti denunciando colpe vere, o presunte, delle persone preposte alla protezione civile in occasione di alluvioni assassine (dal Polesine al Piemonte, dal Lazio alla Campania; Sarno, dice niente questo nome?), davanti alla mediocre opera di soccorso federale a New Orleans, al cospetto degli orrori dello stadio Superdome (stupri, linciaggi, lotte a coltellate per un bicchier d'acqua) scopriamo che i superuomini della Iperpotenza assoluta sono come noi se non addirittura peggiori dei chiacchierati italiani. Che, va detto, han sempre concepito per New Orleans affetto e rispetto.
Quella popolazione, infatti, non considera il turista come un pollo da spennare bensì come un visitatore graziosamente curioso cui dar risposte esaurienti.
Di più: New Orleans distribuisce a piene mani jazz puro che non è soltanto musica ma altresì canto e memoria, gioia e dolore, preghiera: vita, insomma.

Chi scrive, il vostro Vecchio Cronista, è stato più volte in Louisiana, a New Orleans: la prima volta nell'estate lontana del 1953, quando ancora non esisteva il turismo a pacchetti, l'ultima due anni fa per salutare definitivamente un caro amico che, com'è ovvio, aveva chiesto d'essere accompagnato al cimitero da una band di suoi amici maestri del jazz.
Nell'omelia il sacerdote (cattolico) ci invitò a cercare nel jazz, nel gospel, la Parola. In verità  non è difficile trovarla nelle melodie scandite dalla fatica degli schiavi, giunte a noi niente affatto sbiadite e subito rinvigorite dalla scansione della batteria, dagli acuti della trombetta.

Per ricostruire Big Easy ci vorrà  un miracolo umano in grazia della carità  divina, ha detto un sacerdote, come ad Amsterdam nel 1953.
La cattedrale cattolica di Saint Louis ha visto Katrina sradicare gli alberi antichi che le facevano corona ma la statua lignea di Gesù è rimasta al suo posto, nel cuore del Quartiere Francese.
È un segno palese della volontà  del Signore. Ci dice che New Orleans continuerà  ad esistere. La ricostruiremo col sudore della nostra fronte grazie all'aiuto di Dio, ha detto ai fedeli l'Arcivescovo Alfred Hughes.
... e le acque prevalsero tanto grandemente sulla terra che gli alti monti che erano sotto i cieli furono coperti, così è scritto nella Bibbia (Genesi: 7- 9) ma Dio perdona nella sua terribile magnanimità .
Tenero e pietoso è il Signore, / lento all'ira e grande nella benignità .../ Come un padre è tenero coi suoi figli, / così il Signore è tenero con coloro che in Lui credono (Sal 103,3-4. 8.13).

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017