Luci e ombre di un’età che fa paura

Grazie all’allungamento della vita media, la menopausa non rappresenta più la soglia della senilità, ma l’ingresso in una fase della vita che può ancora essere ricca di soddisfazioni e relazioni.
28 Ottobre 2008 | di

Una donna su tre entra in menopausa senza neppure accorgersene, eppure questa tappa è sempre guardata con timore e connotata quasi da un senso di tristezza.
«Infatti si associa ancora all’inizio della vecchiaia, mentre almeno la metà delle donne arriva a girare questa boa in ottime condizioni di salute» commenta Serena Donati, dell’Istituto superiore di sanità, che ha coordinato un’indagine conoscitiva sulle conoscenze e le attitudini delle donne nei confronti della menopausa in diverse regioni italiane.
«Grazie all’allunga­mento della vita media, questa fase di passaggio non rappresenta più la soglia della senilità, ma solo l’ingresso in un periodo della vita che può ancora essere ricco di soddisfazioni e relazioni e che in genere rappresenta più di un terzo della durata totale dell’esistenza» aggiunge Paolo Zola, professore associato di ginecologia e ostetricia dell’università di Torino.
Il rapido aumento della sopravvivenza ottenuto nel secolo scorso rispetto alla precedente storia dell’umanità aveva portato, a partire dagli anni Sessanta, all’idea che un così repentino cambiamento nelle aspettative di vita non avesse dato tempo all’organismo femminile di adattarsi a stare tanti anni senza il sostegno degli ormoni. Gli estrogeni, infatti, dopo la cessazione definitiva dei cicli mestruali, tendono a calare rapidamente, favorendo l’indebolimento delle ossa e l’insorgenza di malattie del cuore e dei vasi sanguigni. Si era così diffusa la convinzione che la menopausa fosse da considerare una malattia dovuta a questa carenza e che come tale richiedesse una terapia sostitutiva a base di estrogeni, alla stregua del diabete per il quale occorre fornire l’insulina.
«Invece la menopausa di per sé non è affatto una condizione patologica» afferma Carlo Campagnoli, già presidente della Società italiana di ginecologia della terza età. E le italiane sembrano dargli ragione. «Dalla nostra indagine risulta che per il 92 per cento delle intervistate, di età compresa tra i 45 e 60 anni, la menopausa è una parte normale della vita» precisa Donati. «Anzi, abbiamo notato che sono maggiori le preoccupazioni di chi non è ancora arrivata al momento della svolta rispetto a chi la sta vivendo o l’ha già passata».
Forse anche per questa diversa mentalità il trattamento sostitutivo non ha mai raggiunto in Italia la diffusione registrata negli Stati Uniti, dove tuttavia ne sono emersi anche i rischi.


I rischi delle terapie

Era il 2002. Le vendite dei preparati ormonali crollarono e in parallelo, come osservarono poi diverse altre ricerche, si vide diminuire anche la frequenza di tumori della mammella, soprattutto là dove si era più abusato del trattamento.
Non mancarono, e non mancano tutt’oggi, le critiche allo studio WHI, che tuttavia resta finora quello condotto in maniera più convincente e che ha coinvolto il maggior numero di donne. Si dice che i suoi risultati non si possono estendere a tappeto perché osservati con prodotti diversi da quelli più utilizzati in Europa, in una casistica di età piuttosto avanzata e gravata da molti altri fattori di rischio, soprattutto obesità e diabete.

In particolare sta prendendo piede l’ipotesi secondo cui il rapporto tra rischi e benefici dipende soprattutto dalla tempestività della cura: iniziata subito e non protratta oltre i 60 anni potrebbe produrre per il cuore più vantaggi che danni. Sembra inoltre che la somministrazione tramite cerotto possa ridurre il rischio di trombi ed emboli.
«In relazione al rischio di cancro è importante anche il tipo di sostanza utilizzata» interviene Franco Berrino, direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. «Secondo uno studio che abbiamo condotto in Francia, per esempio, il progesterone naturale parrebbe innocuo in questo senso, ma poiché non è brevettabile non c’è interesse da parte delle industrie a promuoverlo».
La controversia tra gli studiosi è quindi ancora aperta e si traduce in una serie di messaggi contraddittori che arrivano al pubblico, col duplice rischio che alcune donne si sottopongono al trattamento dopo essere state falsamente rassicurate e altre, come quelle in cui la menopausa è precoce − prima dei 40-45 anni − possono a volte essere recalcitranti a seguire una cura in quel caso assolutamente necessaria.


Parlar chiaro alle donne

«Per questo abbiamo organizzato a Torino una conferenza di consenso, cioè un’occasione in cui tutte le parti in causa, non solo medici ma anche giornalisti e associazioni di pazienti e consumatori, potessero incontrarsi e, sulla base della letteratura scientifica esistente, sottoscrivere un documento per fornire alle donne informazioni chiare e condivise, sulle quali formarsi una propria opinione ed effettuare scelte consapevoli» spiega Paola Mosconi, del Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità dell’Istituto Mario Negri di Milano, promotore dell’iniziativa insieme con l’Istituto superiore di sanità, con il sostegno della Compagnia di San Paolo.
«Innanzitutto il documento chiarisce come non tutti gli acciacchi che compaiono intorno alla cinquantina dipendono dalla menopausa» precisa Donati. I dolori osteoarticolari affliggono anche gli uomini, i disturbi dell’umore possono avere altre cause: gli unici sintomi per cui è dimostrato un legame con la ridotta produzione di ormoni sono le sudorazioni e le vampate di calore, i disturbi del sonno e i fastidi a livello vaginale legati alla secchezza delle mucose.
Non tutte le donne li avvertono, tanto meno con la stessa intensità: «Solo per due su dieci sono così fastidiosi da condizionare la vita di tutti i giorni» sostiene Campagnoli. «Per questo è ragionevole aspettare per vedere se il trattamento è proprio necessario».

Infatti, sulla base degli studi attualmente disponibili, la cura ormonale non è consigliabile allo scopo di prevenire malattie future, ma solo per controllare disturbi percepiti come importanti e persistenti. Anche in questo caso la donna deve comunque essere informata che, per quanto fastidiosi, questi sintomi sono innocui, passano da soli e, anche quando viene attivata una terapia, in quasi la metà dei casi si ripresenteranno al momento in cui sarà interrotta.
«A proposito di quando smettere non ci sono certezze – prosegue Zola – ma poiché il rischio di tumore della mammella dipende, oltre che dal tipo di ormone, anche dalla sua dose e dalla durata del trattamento, anche quando si decide di sottoporsi alla cura è prudente farlo per il più breve tempo possibile».
In altre parole è questa una decisione in cui la donna non deve limitarsi a eseguire passivamente le indicazioni di un medico: occorre che ascolti altri pareri, si informi bene, con atteggiamento critico nei confronti del materiale diffuso e sponsorizzato dalle case farmaceutiche, su carta e su internet, e poi soppesi bene rischi e benefici.
«La controindicazione alla cura è invece assoluta per chi è ad alto rischio per le malattie del cuore o ha già avuto un cancro al seno o altri tipi di tumori soggetti all’azione degli ormoni» conclude Campagnoli.
E allora, queste donne, e quelle che scelgono di non sottoporsi al trattamento, non possono fare nulla per affrontare meglio questa età critica?
«Tutt’altro – risponde Campagnoli –. A parte i disturbi vaginali, che si possono curare con creme e ovuli, vampate e sudorazioni si possono ridurre notevolmente con uno stile di vita più sano». Un’alimentazione leggera e ricca di frutta e verdura, senza cibi piccanti, può diminuire il numero e l’intensità degli episodi nel corso della giornata; inoltre aiuta a non aumentare di peso e riduce il rischio futuro di malattie del cuore.

Anche un’attività fisica regolare produce gli stessi effetti, contribuendo, insieme con un adeguato apporto di calcio, a prevenire l’osteoporosi, limitando le vampate, migliorando la qualità del sonno e, aspetto da non trascurare, soprattutto dell’umore.



Consigli per “lui”.

Menopausa: non è solo affare da donne

Anche gli uomini soffrono per la menopausa: possono essere disturbati nel sonno dalla difficoltà di dormire della compagna, sono costretti a coprirsi quando la moglie in preda alle vampate spalanca le finestre in pieno inverno, rischiano di sentirsi ingiustamente rifiutati per i disturbi che possono rendere difficili o addirittura dolorosi i rapporti. Ma ciò che fa soffrire di più, come sempre nelle relazioni interpersonali, è la mancanza di comunicazione. «A causa del tabù che ancora segna il mondo della sessualità femminile, gli uomini non solo fanno fatica a comprendere le esigenze e le difficoltà di questa fase critica, ma non ne vogliono proprio sapere nulla, nascondendosi dietro l’idea che si tratti di “cose da donne”» spiega Gianna Schelotto, nota saggista e psicoterapeuta. Che aggiunge: «In parte ciò si verifica perché questo momento di passaggio spaventa anche loro, che si rivedono come in uno specchio. I rintocchi dell’orologio biologico che per le donne si fanno sentire in maniera esplicita, inevitabilmente valgono anche per la controparte maschile, che tende a fuggire, talvolta simbolicamente isolandosi, talvolta purtroppo anche realmente abbandonando la famiglia o cercando storie extraconiugali». Non bisogna poi dimenticare che se una volta si parlava di «sindrome del nido vuoto», con la sensazione di smarrimento e di improvvisa inutilità che coglieva le donne quando la fine dell’età riproduttiva più o meno coincideva con il momento in cui i figli, ormai grandi, prendevano il volo, oggi al contrario si potrebbe parlare di un «nido troppo pieno». La menopausa, con i suoi inevitabili disagi, spesso arriva nel momento della vita più gravoso dal punto di vista delle responsabilità, degli impegni e delle preoccupazioni: i figli, concepiti in età più avanzata rispetto a cinquant’anni fa, sono ancora nel pieno turbinìo dell’adolescenza o faticano a trovare la loro strada; i genitori anziani, che vivono più a lungo, devono a loro volta essere accuditi; in molti casi a ciò si sommano le richieste del mondo del lavoro, in un momento che può coincidere con l’apice della carriera. Un lieve malessere o la mancanza di sonno sono così più difficili da affrontare.

Lo spostamento in avanti del concetto sociale di gioventù, che ormai lambisce la soglia dei quarant’anni, si scontra poi con i tempi immutati della biologia, per cui la menopausa, subito lì dietro l’angolo, può rappresentare una doccia fredda non solo per le dirette interessate, che fino a poco prima si consideravano ragazze, ma anche per i loro mariti. «E sebbene ancora oggi non si possa trascurare il forte valore simbolico della perdita della capacità procreativa» prosegue Francesca Zajczyk, docente alla facoltà di sociologia dell’Università di Milano Bicocca, «la vera difficoltà delle donne nella nostra epoca dipende dalla necessità di confrontarsi con i modelli di giovinezza proposti dalla società». Sta ai mariti, quindi, tranquillizzare le proprie compagne, che per il timore di non essere più desiderabili possono cercare di nascondere i primi segni della trasformazione che stanno vivendo o sottoporsi al trattamento ormonale per ragioni estetiche più che mediche, per ritardare l’invecchiamento della pelle e dei tessuti. Una motivazione che non giustifica assolutamente i rischi della cura. È evidente quindi che la menopausa non è solo un affare da donne, ma qualcosa che riguarda la coppia: «Se questa era solida prima, saprà affrontare anche questo momento di trasformazione senza bisogno di consigli dall’esterno» afferma la Schelotto. Se invece ci sono tensioni preesistenti è facile che esplodano in questo momento di difficoltà. «Perché ciò non accada − conclude − le armi fondamentali sono, come sempre, quelle del dialogo e della comprensione reciproca».


info

Il testo definitivo della conferenza di consenso, insieme con gli strumenti per formarsi una propria opinione ed effettuare scelte consapevoli, si trovano sul sito www.partecipasalute.it
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017