L'inverno dell'ecumenismo

L'ecumenismo sta attraversando un momento di crisi. Prevalgono altri interessi. Ma l'unità dei cristiani è Gesù Cristo stesso a volerla.
23 Dicembre 2003 | di

Con molta sofferenza, quanti hanno sperato di vedere a breve termine un'unità  plurale, una comunione effettiva e visibile tra le Chiese cristiane, prendono atto che si sta vivendo una stagione di inverno ecumenico, una situazione comatosa... Da quando, a partire dagli anni Ottanta, le Chiese - spaventate dall'aver perduto qualche ricchezza propria non essenziale - hanno voluto ritornare all'affermazione dell'identità  confessionale, da quando hanno voluto camminare nella storia, esprimere la propria fede e prendere posizioni e decisioni l'una senza le altre e, a volte, persino - dobbiamo ammetterlo - le une contro le altre, c'è stato un lento ma costante cammino che contraddiceva quello fino ad allora percorso.
Sì, alcuni dicono che nella stagione che ha seguito il concilio c'era troppo entusiasmo, troppa ingenuità , che i problemi che separano le Chiese sono gravi... Altri dicono che l'opera di comunione visibile ci sarà  quando il Signore vorrà , finendo così per scusare quello che i cristiani, nel frattempo, non fanno in tal senso.
C'è, in sostanza, chi pensa che l'ecumenismo sia una semplice opzione presa dal concilio Vaticano II: un'opzione, quindi, e non invece una necessità  dell'essere discepoli del Signore. In verità , o si pensa che l'ecumenismo faccia parte della sequela cristiana - come la mitezza, la pace, la comunione - oppure non ci si pone problema ad abbandonarlo e a mortificarlo in nome di altre esigenze ecclesiastiche che sembrano più urgenti.

Ma non si può rimuovere la parola di Gesù, anzi, la preghiera di Gesù, che chiede al Padre che i cristiani siano una cosa sola perché il mondo creda (Gv 17,21)! Sì, questi sono giorni cattivi, ma non per l'ecumenismo, bensì per la stessa vita di fede che i cristiani conducono nelle diverse Chiese.
Perché non ci poniamo, allora, alcune semplici, essenziali domande?
Quando ci esprimiamo, teniamo o no conto del fatto che altri cristiani, battezzati in Cristo come noi, non devono sentirsi offesi dalle nostre parole? Quando prendiamo decisioni, ci chiediamo se queste ci avvicinano o se invece ci separano ancora di più? Quando persistiamo in atteggiamenti a causa dei quali c'è stata in passato divisione tra le Chiese, siamo consapevoli di non aiutare la comunione?

No, non è possibile continuare a rallegrarci di incontri di cortesia tra i capi delle Chiese: anche i capi delle nazioni lo fanno! Non è possibile continuare a far coincidere l'ecumenismo con visite formali: anche i potenti di questo mondo lo fanno! L'ecumenismo vero è quello che mi fa ascoltare l'altro, mi fa conoscere ciò che lo fa soffrire, mi chiede di mettermi a servizio dell'altro, soprattutto se si tratta di una Chiesa più piccola, più povera, in difficoltà , mi fa rinunciare a metodi di evangelizzazione e a presenze ecclesiali che non esprimono la pienezza della carità . Certo, ogni Chiesa deve essere mossa dalla passione della verità  ma, come ricordava sant'Agostino, essa pateat, placeat, moveat (appaia, piaccia, attiri) perché non la verità  ma la carità  è scopo di ogni precetto e pienezza della legge.
C'è allora una profonda conversione da operare: vivere l'ecumenismo non come un'appendice o un'opzione che si aggiunge all'attività  tradizionale della Chiesa, bensì come vita cristiana!
Le Chiese sono sorelle: se sapranno dar vita - sotto l'impulso dello Spirito santo e grazie a uomini e donne dotati di audacia evangelica - a cammini percorsi insieme, troveranno una comunione vera, plurale e sinfonica, una comunione capace di farli riconoscere da tutti come discepoli di Cristo, loro unico Signore.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017