Linda Laura Sabbadini. L’altra Italia oltre il Pil

Si è da poco conclusa la prima indagine sul Bes, il benessere equo sostenibile in Italia. Accanto all'avanzamento economico si fanno largo altri indicatori che fotografano una società in grande cambiamento.
30 Agosto 2013 | di

Cambia il nostro Paese. Mutano le condizioni, gli stili, le aspettative di vita. Non basta, allora, misurare solo l’avanzamento economico. Bisogna fare i conti anche con altre «cifre» che, andando oltre il Pil (Prodotto interno lordo), riescano a tener conto dei cambiamenti sociali e ambientali. Una rivoluzione che tocca da vicino anche la statistica. È fresco di elaborazione il Rapporto Bes 2013, la prima indagine sul benessere equo sostenibile (Bes) nel nostro Pae­se. Un lavoro, realizzato da Istat e Cnel, che pone l’Italia all’avanguardia nel panorama internazionale in tema di sviluppo di indicatori sullo stato di salute di un Paese. 

Ne parliamo con Linda Laura Sabbadini dell’Istat la quale, con Maria Teresa Salvemini del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), ha coordinato la ricerca.
 
Msa. Dottoressa Sabbadini, perché andare oltre il Pil?
Sabbadini. Il rapporto Bes rappresenta un nuovo modo di raccontare l’evoluzione del nostro Paese. Si tiene conto, in primo luogo, della qualità della vita delle persone di oggi, facendo attenzione anche alle condizioni di vita per i cittadini di domani. La parola benessere, insieme con i due aggettivi che l’accompagnano, equo e sostenibile, rende in modo immediato i motivi che spingono a cercare misure che vadano al di là del Pil: le prospettive e i progressi di una società vanno valutati considerando i bisogni dei cittadini, la loro qualità della vita, il grado di equità e sostenibilità che regole e funzionamento del sistema originano.
 
Quali sono i nuovi indicatori?
Sono stati stabiliti dodici domini che rappresentano le dimensioni da misurare – salute, istruzione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi – e 134 indicatori, con una media di poco più di dieci indicatori per dominio.
 
Alle spalle del Rapporto, oltre due anni di lavoro.
Il Progetto Bes è un’iniziativa interistituzionale che l’Istat ha promosso in collaborazione con il Cnel, con la partecipazione dei diversi segmenti della società: cittadini, istituzioni pubbliche e parti sociali. Nel 2011 l’Istat ha anche intervistato un campione di 50 mila cittadini per avere le loro opinioni sulle principali componenti del benessere. Un aspetto che ha richiesto riflessioni e valutazioni specifiche è stato la scelta di usare, accanto a indicatori oggettivi, anche quelli soggettivi. Il lavoro scientifico non è ancora finito, la sua applicazione politica è appena cominciata.
 
Dal Bes emerge un nuovo ritratto dell’Italia. Quante le velocità a cui viaggia?
Più di una sicuramente. Esistono differenze rilevanti tra giovani e anziani, tra uomini e donne, tra il Nord e il Mezzogiorno del Paese. Gli esempi possono essere numerosissimi. A cominciare da quello della salute. Il nostro Paese è uno dei più longevi al mondo. In Europa solo gli uomini svedesi hanno una speranza di vita superiore a quella degli italiani (79,6 anni contro i 79,4 anni), mentre solo le donne francesi e spagnole vivono più a lungo delle italiane (85,3 anni in entrambi i Paesi contro 84,5). Dal 1992 a oggi gli uomini hanno guadagnato oltre cinque anni di vita media e le donne circa quattro. Eppure le donne sono più penalizzate in termini di qualità della sopravvivenza: in media, oltre un terzo della loro vita è vissuto in condizioni di salute non buone. Il Mezzogiorno è doppiamente svantaggiato: una vita media più breve e un numero inferiore di anni vissuti senza limitazioni fisiche. Anche la crisi ha acuito le difficoltà storiche del Mezzogiorno. La situazione del mercato del lavoro ha accentuato gli squilibri esistenti da lungo tempo. La caduta dell’occupazione al Sud è cominciata prima ed è stata più intensa: dal 2008 oltre il triplo rispetto al resto del Paese. Profondo, poi, lo scoraggiamento: il tasso di mancata partecipazione, che include insieme con i disoccupati le forze di lavoro potenziali, raggiunge valori tripli rispetto al Nord (34,2 per cento contro l’11,8 per cento).
 
Quale identikit dell’italiano medio si va profilando?
Un cittadino che non ha fiducia negli altri e nelle istituzioni. Solo il 20 per cento si fida degli altri (esclusi parenti e amici), un valore molto basso rispetto al 60 per cento dichiarato dai Paesi nordici; quanto alle istituzioni, sono molto bassi i voti dati dai cittadini ai partiti e al Parlamento, rispettivamente 2,3 e 3,6, ma anche il voto a governi locali e magistratura rimane sotto la sufficienza (4 e 4,5). Un’eccezione sono i Vigili del fuoco, che prendono più di 8: i cittadini, quando vedono figure istituzionali capaci di mettere in gioco la propria vita per gli altri, sanno dare anche voti alti. Al contempo, la famiglia e le amicizie continuano a rappresentare una rete di sostegno essenziale per il benessere individuale, perché suppliscono alle carenze nell’offerta di cura delle strutture pubbliche in situazioni di maggior bisogno. A questo si aggiunge l’aiuto che arriva dall’associazionismo e dal volontariato, vera ricchezza per il nostro Paese, però meno presente nel Mezzogiorno, dove i bisogni sono più gravi.
 
Accanto alle differenze, esistono opportunità su cui tracciare nuove coordinate per uno sviluppo del Paese?
Nel Bes abbiamo inserito domini dedicati alla cultura, al paesaggio, all’innovazione, più originali e nuovi rispetto a quelli inseriti in progetti simili di altri Stati. Il paesaggio, la ricchezza e la qualità del patrimonio artistico, archeologico e architettonico rendono l’Italia un Paese speciale nel mondo. Ricerca e innovazione sono essenziali per realizzare uno sviluppo sostenibile e durevole. L’Italia è indietro rispetto ai Paesi europei più avanzati in termini di ricerca e brevettazione, ma si posiziona meglio in termini di propensione all’innovazione delle imprese.
 
La preoccupazione più forte riguarda i giovani.
Anche se molto colpiti dalla crisi, i giovani fino a 34 anni si mostrano più ottimisti del resto della popolazione: il 45 per cento di essi ritiene che la propria situazione migliorerà. Se si risiede in aree più ricche e più dinamiche o si è più istrui­ti, l’atteggiamento verso il futuro è più positivo. Chi possiede un titolo di studio elevato confida in una prospettiva favorevole più di chi ha al massimo l’obbligo scolastico. Avere un lavoro è importante per una visione positiva del proprio futuro.
 
L’Italia è tra i Paesi fanalino di coda in fatto di lavoro femminile.
Gli indicatori del Bes segnalano un cattivo impiego delle risorse umane del Paese, soprattutto nel campo del lavoro femminile oltre che dei giovani. Rispetto al 2011 le donne in cerca di occupazione che vivono in coppia con figli sono aumentate di 115 mila, e di quasi 130 mila rispetto al 2008. La quota di occupate in Italia rimane ancora molto inferiore a quella Ue, si concentra in poche professioni (il 50 per cento è assorbito da diciotto professioni contro le cinquantuno degli uomini) e si associa spesso a fenomeni di «sovraistruzione» crescenti e più accentuati rispetto agli uomini.
 
Quanto vale il lavoro in questo momento di crisi?
Tanto. Avere un lavoro dignitoso e di cui essere soddisfatti è una delle dimensioni del Bes a cui i cittadini hanno attribui­to un voto alto, subito dopo la salute e il futuro dei figli. Nonostante le difficoltà, la percezione che i lavoratori italiani hanno della propria condizione è positiva, soprattutto per l’interesse verso il lavoro, che si rileva un aspetto identitario molto forte, ancora più della soddisfazione economica.
 
E l’istruzione?
È un fattore strategico per accrescere la bassa mobilità sociale del nostro Paese, per far tornare la nostra economia su un sentiero di sviluppo e, inoltre, anche se meno che in altri Paesi, svolge un ruolo di protezione contro le crescenti difficoltà del mercato del lavoro. Se confrontiamo i giovani 20-34enni laureati con i diplomati della stessa fascia di età vediamo che, a tre anni dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione per i laureati è significativamente più alto rispetto ai coetanei diplomati. Negli ultimi anni questa differenza è in forte e continua crescita: tra il 2008 e il 2012 il tasso di occupazione si è ridotto di 14,3 punti percentuali nel caso dei diplomati, di 6,5 punti per i laureati.
 
Chi ora deve prendere in mano questa sorta di «Costituzione statistica» e agire di conseguenza?
Il sistema può rappresentare una road map per l’azione di governo, essenziale per capire punti di forza e di debolezza del nostro sistema in tutti quei settori che la società civile, insieme con noi, ha indicato come strategici per il benessere. I 134 indicatori possono essere il riferimento per Governo e Parlamento per definire gli obiettivi prioritari, valutando gli avanzamenti fatti e quanto le politiche messe in atto abbiano migliorato la situazione complessiva.
 
Che cosa salverà l’Italia?
Se usiamo i parametri, che ritroviamo anche in molti domini del Bes, fissati dall’Europa per la strategia di crescita – spesa in ricerca e sviluppo, capitale umano, occupazione, povertà o esclusione sociale, energia e ambiente – appare evidente che le nostre maggiori criticità sono legate allo scarso investimento in ricerca e sviluppo, all’istruzione superiore e agli abbandoni scolastici, oltre che all’intensità con la quale impieghiamo l’energia da fonti rinnovabili. I nostri partner europei, al contrario, hanno investito molto in beni intangibili, cogliendo così l’importanza di ricorrere a nuove fonti di crescita per garantire lo sviluppo.       
 
 
La scheda

Chi è

Nata a Roma, Linda Laura Sabbadini è statistica e studiosa di trasformazioni sociali. Nel 2000 assume il ruolo di direttore centrale dell’Istituto nazionale di Statistica e, nel 2011, quello di direttore del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali. A partire da 1990 guida il processo di rinnovamento radicale avviato in Italia nel campo delle statistiche sociali e di genere, progettando e realizzando indagini su condizioni e qualità della vita prima ancora che venissero definiti standard europei e internazionali. Avvia il rinnovamento delle statistiche ambientali. Il suo ruolo innovativo in campo nazionale e internazionale è stato premiato dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che, l’8 marzo 2006, la nomina Commendatore della Repubblica.

È stata membro di numerosi gruppi di alto livello presso l’Onu e la Commissione Europea nel campo delle statistiche sociali e di genere. Autrice di pubblicazioni scientifiche e monografie, per molti anni è stata esperta della Commissione nazionale parità e della Commissione Povertà oltre che di altre commissioni di natura istituzionale.
 
 
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017