Lettere al direttore

La questione è complessa e la soluzione esige equilibrio, buon senso e fantasia.
22 Febbraio 2007 | di

 LETTERA DEL MESE


Bambini a messa tra esclusione e accoglienza


«Come ogni domenica sono “reduce” dalla messa, e anche questa volta non sono uscito in pace dalla chiesa, nonostante il ripetuto invito del celebrante. Mi chiedo il significato evangelico di portare i bambini piccoli a messa, e quale sia l’età giusta per inserirli nella comunità ecclesiale. Capita di dover subire, senza preavviso, nel bel mezzo del rito, vagiti, pianti e strilli, scorribande tra i banchi e caduta di sedie, ammiccamenti infantili ai presenti immersi nella preghiera. Una volta un piccolo molto vivace è stato raccolto dal parroco durante la predica; si immagini le difficoltà nel dover concludere l’omelia col bambino in braccio, armeggiando col microfono. Ritengo sia innanzitutto una questione di buone maniere. Chi oserebbe portare un neonato al cinema o a teatro? E poi è anche una questione di organizzazione. Quando i miei due figli erano piccoli, facevo a turno con mia moglie per andare a messa. Dopo il battesimo hanno quindi varcato la soglia della Chiesa solo quando erano in età da poter comprendere la serietà del luogo. Se l’educazione e l’organizzazione mancano, occorre fare qualcosa. Come per alcune cerimonie religiose (prime comunioni, matrimoni, ecc.) si cerca di limitare il numero dei fotografi, si sbarra il passo alle persone un po’ alterate, così si faccia in modo che i bambini che possono disturbare non entrino in chiesa. Tutto questo mio dire è chiaramente uno sfogo e la prego, quindi, di non volermene, ma mi piacerebbe conoscere il suo pensiero in proposito».

Lettera firmata

La sua lettera è un invito a ripensare la partecipazione dei bambini alla celebrazione eucaristica. Ovviamente, come lei osserva, se i piccoli non vengono educati, fanno quello che vogliono, potendo contare abbastanza spesso sul sorriso benevolo e ammiccante degli adulti. In ogni caso, penso che la soluzione non consista nel dissuadere i genitori dal portare con sé i bambini quando si recano all’eucaristia domenicale, ma nel saper offrire spazi alternativi che, all’occorrenza, possano ospitare il bambino che si dimostra più agitato del solito, magari solo perché stanco. E questo non unicamente durante l’omelia, ma in qualunque momento della celebrazione. Sarà sufficiente riportare i piccoli all’interno dell’assemblea liturgica al termine della celebrazione, perché la benedizione scenda anche su di loro.
Cosa suggerisce concretamente il Vangelo? Se, com’è ovvio, non dice niente in proposito, si possono però utilmente recuperare alcune indicazioni di fondo. Resta infatti sempre valido l’invito formulato da Gesù stesso quando afferma: «Lasciate che i bambini vengano a me...». Così come ha un suo senso l’atteggiamento dei discepoli che invece cercavano di allontanarli: i bambini, da sempre, sono vivaci e non facilmente controllabili. Nelle celebrazioni domenicali, dunque, dovrebbe funzionare sia il primo che il secondo orientamento, vale a dire l’accoglienza nel rispetto. La sensibilizzazione è da attivare innanzitutto nei confronti dei genitori, poiché in alcuni casi, purtroppo, sono i primi a non rendersi conto del disagio che creano a tutta l’assemblea e allo stesso sacerdote il quale, durante i riti della messa o nel corso dell’omelia, rischia di perdere il filo (e la pazienza). Con grande comprensione, comunque, verso mamme e papà che il più delle volte danno fondo a tutta la loro abilità pedagogica per intrattenere, distrarre e zittire il pargolo.
Come comportarsi dunque? Risolvere la situazione con il divieto di far partecipare i bambini alla celebrazione eucaristica, sarebbe oltremodo diseducativo oltre che contrario alla tradizione della comunità cristiana. Va quindi creato, dove possibile, quello spazio che nel mondo inglese è conosciuto con il nome di «Crying Room» (letteralmente: stanza del gridare), o si devono cercare soluzioni similari: mi rendo conto, non sempre a portata di mano. L’esclusione mai! Se con la scelta dell’esclusione è infatti possibile fare esperienza di quella «pace» cui la lettera fa riferimento, valorizzando anche circostanze apportatrici di puerile vivacità e fanciullesca agitazione (con annesso fastidio) ci si può esercitare a ritrovare la «pace» pur nel tumulto delle situazioni, così come accade nella vita reale.

LETTERE AL DIRETTORE


Inquietudini di una figlia adolescente

«Sono una mamma preoccupata, e per di più con forti sensi di colpa. Ma vengo ai fatti, perché lei possa giudicare e consigliarmi. Ho una figlia di tredici anni con la quale fino a pochi mesi fa c’era un’intesa meravigliosa. Non esagero: mi raccontava tutto, delle sue pene d’amore e dei corteggiamenti ricevuti, descrivendomi amiche e amici nei minimi dettagli.
«Ora non è più così. È sempre silenziosa, triste, solitaria e un po’ indisponente. Mi risponde che sta bene, che non c’è niente di nuovo... Spinta dal desiderio di aiutarla, di trovare risposta a questa situazione, ho frugato tra le sue cose in cerca di possibili indizi. «Ho scoperto che tiene un diario, che ho anche sbirciato qua e là, inutilmente: solo nomi di ragazzi e ragazze con grandi cuori e i soliti “tvb”. Mi sento in colpa per quello che ho fatto, e intanto la mia preoccupazione cresce».

Lettera firmata

Cara mamma preoccupata, si dia pace. Se non vuole vivere con il cuore in allerta per tutta la durata del lungo percorso che traghetterà sua figlia dalla fanciullezza all’età adulta, facendo di lei una donna, è bene che cominci a guardarla con occhi diversi. L’adolescenza, è di questo che stiamo parlando, non è una malattia strana, pericolosa o contagiosa, ma una tappa ineliminabile – comunque sempre più precoce e protratta negli anni – nella vita di ogni persona. Faccia mente locale e recuperi con il filo della memoria il trambusto, l’euforia, ma anche tutti i pesi sullo stomaco, i pianti, i languori, i silenzi e i tormenti dei suoi quindici anni. Dico quindici indicativamente, nella consapevolezza che oggi, rispetto ad allora, il trambusto e tutto il resto cominciano parecchio tempo prima.
Probabilmente sua figlia è entrata in una nuova fase di crescita e non ha cambiato né le amicizie né il vissuto fatto di «pene d’amore e di corteggiamenti», ma sta mutando – forse con una sterzata un po’ improvvisa – la percezione che ha di se stessa e il suo modo di guardare al mondo e alle cose. Dopo aver lasciato la sponda sicura dell’infanzia, con tutta la confidenza e la naturale dipendenza che questa età comporta nei confronti delle figure genitoriali, si è inoltrata nel cammino complesso e meno prevedibile della stagione adolescenziale. Qui, all’improvviso, tutto si complica e anche le piccole cose, sia perché nuove sia perché a contatto con un terreno vergine, vengono amplificate. E i genitori, soprattutto il «genitore confidente», come lei ha sperimentato in prima persona, sono messi in disparte, ritenuti incapaci di comprendere e trattati a volte come degli estranei. Servono a segnalare la provenienza, le radici, non a indicare il nuovo che nascerà domani e a incoraggiarne la conquista; non a delineare i contorni di un futuro desiderabile e per il quale investire il proprio impegno. L’adolescente, tutto concentrato su di sé e sul suo piccolo mondo, del quale tra l’altro è gelosissimo, è come un uccellino che tenta di spiccare il volo e lo fa in maniera impacciata e piuttosto goffa. Vuole fare da solo, sta imparando, e può anche darsi che le prime volte si faccia un po’ male o ne faccia agli altri, soprattutto a quelli che gli stanno più vicino. In ogni caso, non è leale da parte sua sbirciare nel diario di sua figlia. La guardi piuttosto negli occhi, ma non più come guardava la «sua bambina», e ritroverà una persona un po’ cresciuta e molto cambiata, con la quale instaurare un nuovo e più maturo rapporto.

Precariato e incertezza cronica

«La rivoluzione del mercato del lavoro con contratti a breve termine, salari bassi, garanzie quasi inesistenti in caso di malattia e la prospettiva di una pensione da burla, sta cambiando – naturalmente in peggio – la vita di molte persone e famiglie, soprattutto giovani. La flessibilità lavorativa, vantata come soluzione di tutti i mali economici da governi di centro-destra ma anche di centro-sinistra, sta diventando una vera e propria fabbrica di povertà. Sarei curioso di sapere che cosa ne pensa la Chiesa».

Lettera firmata

Gentile lettore, il suo scritto propone all’attenzione di tutti una delle questioni centrali del dibattito sociale odierno, se è vero – come molti segnalano – che la parola «flessibilità» non indica più solo modalità nuove di organizzazione delle relazioni produttive e lavorative, ma è divenuta metafora della stessa esistenza contemporanea. Limitandoci all’ambito del lavoro, a partire dalla metà degli anni ’80 il termine ha conosciuto una diffusione sempre più ampia, veicolando l’ipotesi che si sarebbero potuti abbattere gli elevati e crescenti tassi di disoccupazione alleggerendo l’eccessivo grado di regolamentazione e di rigidità del mercato del lavoro, vera e propria «palla al piede» per la crescita delle imprese. Come? In sintesi: ampliando e differenziando le tipologie dei contratti, riformulando la durata del contratto di lavoro o della prestazione, modulando in termini meno rigidi l’orario lavorativo.
Ora, nell’impossibilità di valutare nel breve spazio a nostra disposizione una problematica così complessa, si possono richiamare due indicazioni essenziali: la prima è che anche la maggiore flessibilità non può mai sostituire la crescita economica; la seconda è che il rischio (e la realtà) della precarizzazione della vita, spesso associata a dinamiche di forzata flessibilità, non è omogeneamente distribuito nella società (giovani, donne, immigrati e lavoratori meno specializzati sono penalizzati in grande misura).
Descritta in termini sintetici la situazione, qual è il pensiero della Chiesa a riguardo? Consideriamo esclusivamente il recente Compendio della dottrina sociale della Chiesa, consigliando la lettura integrale dei nn. 255-322. Innanzitutto possiamo notare la lucidità di visione che caratterizza il pensiero sociale cattolico: il Compendio, infatti, non esita a rilevare che «la transizione in atto segna il passaggio da un mondo del lavoro compatto, definito e riconosciuto, a un universo di lavori, variegato, fluido, ricco di promesse ma anche di interrogativi preoccupanti, specie di fronte alla crescente incertezza delle prospettive di occupazione, a fenomeni persistenti di disoccupazione strutturale, all’inadeguatezza degli attuali sistemi di sicurezza sociale» (n. 314). A questo efficace sguardo panoramico sulla realtà, però, non seguono indicazioni economiche e/o politiche. Come ha chiaramente scritto Giovanni Paolo II nell’enciclica Sollicitudo rei socialis n. 41, alla Chiesa non spetta il compito di indicare «soluzioni tecniche» ai problemi socio-economici, ma quello di suggerire orientamenti etici in grado di illuminare le coscienze di tutti, in primis di coloro che detengono una particolare responsabilità sociale per il loro ruolo pubblico o per i mezzi economici e finanziari a loro disposizione. In questa linea, allora, si può comprendere meglio l’invito del Compendio a non subire passivamente i cambiamenti in atto (n. 317), ma a escogitare soluzioni in grado di armonizzare «le esigenze della competizione, dell’innovazione tecnologica e della complessità dei flussi finanziari» con «la difesa del lavoratore e dei suoi diritti» (n. 314). Il tutto – ed è una sottolineatura che evidenzia l’attenzione della Chiesa per i più poveri – senza rinunciare a uno sguardo sul problema aperto alla situazione drammatica di molti Paesi in via di sviluppo (nn. 314; 316). Mi rendo conto che questa enunciazione di principi forse la delude. Ma sono proprio i principi che guidano le azioni e che, alla fine, fanno la differenza.

Donazione di organi: quali criteri?

«Vorrei sottoporle una questione che per me è della massima importanza: fino a che punto e in quale misura è lecita la donazione di organi. Rappresenta, secondo lei, un atto di amore? La scienza e la medicina che la rendono possibile, rispettano l’essere umano o piuttosto un uomo rischia di essere considerato “un ammasso di pezzi di ricambio” a favore di altri uomini? Può spiegarmi la posizione della Chiesa in proposito?».

Lettera firmata

«La donazione di organi dopo la morte è un atto nobile e meritorio ed è da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà»: così afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, sottolineando l’alto valore morale e sociale di questo gesto. È una valutazione positiva che ha conosciuto atteggiamenti ben più prudenti negli anni in cui la medicina dei trapianti muoveva i suoi primi passi. Vi erano, allora, fondate preoccupazioni sugli alti rischi di tecniche pionieristiche, sulla predazione dei cadaveri, ridotti a «serbatoi di pezzi di ricambio» e sulle possibilità di espianti forzati, senza attendere una diagnosi di morte certa, con una minor tutela dei malati terminali.
Proprio questi timori hanno condotto all’elaborazione di normative etiche e giuridiche molto puntuali che oggi regolano la prassi medica dei trapianti. La legge italiana rappresenta un ottimo esempio di legislazione che mette al centro la persona, in quanto prevede la netta separazione tra l’équipe curante e quella interessata all’espianto. La prima deve impegnarsi esclusivamente a curare il paziente ed è deputata a constatare l’avvenuto decesso sulla base di criteri scientifici precisi e affidabili (totale e irreversibile compromissione dell’encefalo); la seconda è tenuta a operare solo sul cadavere e a riconsegnarlo ai congiunti in condizioni rispondenti alla pietà che sempre deve circondare i resti umani mortali.
A ciò si aggiunga la procedura dell’acquisizione del consenso: trattandosi di un dono, per definizione esso non può essere estorto o reso obbligatorio per legge; richiede invece l’espressione di una chiara e libera volontà. Pertanto, sarà indispensabile una vasta opera d’informazione per promuovere atteggiamenti di solidarietà a favore della donazione. Importantissima è anche la sensibilità del personale sanitario nei frangenti drammatici della perdita improvvisa di un parente, soprattutto se di giovane età: la prospettiva che qualcun altro possa trarre beneficio dagli organi del defunto può offrire una tenue luce di speranza nel buio opprimente della morte. Per chi crede, poi, la donazione degli organi rappresenta una sfida inedita per realizzare il comandamento evangelico di dare la vita gratuitamente anche al di là dei limiti della propria esistenza biologica: non solo «amare fino alla fine» – come ci insegna Gesù –, ma… anche oltre!

L’incoraggiamento e il grazie di una lettrice

«Caro direttore, poche righe da parte di una vostra abbonata per dire grazie a lei e a tutti i suoi collaboratori per la bella rivista. In questa vita che è diventata un ginepraio è un indirizzo sicuro, soprattutto per me che sono sola. Trovo molto valida l’iniziativa di presentare nel corso di quest’anno le virtù, visti i tempi difficili nei quali viviamo. Attraverso la lettura del “Messaggero di sant’Antonio” e la costante preghiera, la mia fede si è rafforzata. Inoltre, gli articoli di attualità e di cultura mi consentono di essere sempre aggiornata. Ancora grazie».

Lettera firmata

I complimenti – quelli sinceri e spontanei – sono sempre una benedizione, e queste sue parole ci ripagano, più di ogni altra cosa, di sforzi e fatiche nel tentativo di rendere la «nostra» rivista utile e insieme piacevole.
Abbiamo ricevuto parecchi riscontri positivi da parte dei lettori per quanto riguarda la rubrica «Orizzonte virtù». Oltre al tema, troppo a lungo trascurato, ha colpito la trattazione che se ne fa: lineare e abbastanza completa, dall’attualità allo sguardo «da fuori», passando attraverso la proposta biblico-ecclesiale e un primo approccio a partire dal linguaggio e soprattutto dalla mentalità dei ragazzi. A questo punto, e per ovvi motivi, cara signora, il grazie lo rigiriamo a lei.

Ricevuto segnaliamo

Corsi e convegni

Il Centro nazionale vocazioni della Conferenza episcopale italiana organizza, dal 10 al 13 aprile, a Cascia (PG), il XXII Seminario di formazione sulla direzione spirituale a servizio dell’orientamento vocazionale. Titolo: «Accompagnare i giovani tra desideri del cuore e sete di Dio alla scuola di sant’Agostino». Info: tel. 06 66398410-411; e-mail cnv@chiesacattolica.it

Il Comitato di coordinamento nazionale dei gruppi di auto-mutuo aiuto per il lutto organizza, dal 23 al 25 marzo, a Roma, presso l’Ateneo salesiano, il suo VII convegno nazionale dal titolo: «I giorni rinascono dai giorni, condividere la perdita in un gruppo di auto-mutuo aiuto». Info: tel. 06 8100830; sito: www.anteahospice.org

Il 14 e 15 aprile, Milano ospiterà il secondo Incontro ecumenico nazionale di giovani per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato, in cammino verso la III assemblea ecumenica europea. Tema: «Rischiarare le tenebre. La luce di Cristo e la giustizia del Regno». Info: tel. 02 58391328; sito: www.osarelapace.it


Le «Donne in nero» di Padova e il Centro Pandora organizzano una serie di incontri dal titolo: «Violenza contro le donne, donne contro la violenza», presso sala Ex Dazio, riviera Paleocapa, 98. Nel prossimo incontro, il 16 marzo, interverrà Assunta Sarlo, giornalista, sul tema dello stupro e in quello del 13 aprile, Melita Richter, sociologa, sulla violenza di genere nei conflitti. Info: e-mail nada.tita@libero.it


Premi e concorsi

È bandita la IX edizione del Premio letterario nazionale città di Arona (NO). Tre le sezioni: medici scrittori nel mondo; narrativa edita, tema libero, aperta a tutti; giovani (18-25 anni) poesia inedita, tema libero. Scadenza: 31 maggio. Info: cell. 340 7743137; e-mail premiogvoz@gmail.com

La rivista «Il Carabiniere» bandisce la prima edizione del Premio letterario «Carabinieri in giallo». Oggetto: Elaborato di quindici cartelle che abbia per protagonisti investigatori dell’Arma dei carabinieri. Scadenza: 15 maggio. Info: tel. 06 483780; 06 48904039; e-mail ente.editoriale@carabinieri.it

Solidarietà

L’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uildm) torna, sabato 31 marzo e domenica 1 aprile, su più di 300 piazze italiane con la terza edizione della sua Giornata nazionale. A far da mascotte, quest’anno è Gaia, farfallina di peluche ripiena di cioccolata, che sarà distribuita in 100 mila esemplari per raccogliere fondi a favore delle attività del Centro clinico di riferimento di tutti i pazienti, presso l’ospedale Niguarda di Milano, e del consolidamento delle sezioni Uildm sul territorio. Un modo per conoscere meglio la malattia, ma anche per parlare del diritto dei malati a essere se stessi e a vivere nel modo migliore possibile. Info: tel. 049 8025248; sito www.uildm.org

Lettori in dialogo

Sono Anna Barca, via Hazon, 43 – 90124 Palermo e chiedo ai lettori se possono inviarmi cartoline dal loro paese o santini e materiale religioso per alleviare la mia solitudine. Ringrazio di cuore.

Vuoi donare a Caritas Antoniana il tuo 5 per mille?

Anche quest’anno la Legge finanziaria prevede la possibilità per il contribuente di destinare il 5 per mille dell’Irpef a sostegno di associazioni e fondazioni del terzo settore, quindi anche di Caritas Antoniana. Farlo è semplice e non costa nulla. Basta scrivere nell’apposita casella dei modelli Cud 2007 o 730-1 redditi 2006 o Unico persone fisiche 2007, il codice fiscale di Caritas Antoniana 00226500288 e apporre la firma. Un piccolo gesto gratuito che può rendere ancora più grande la nostra solidarietà.

Il Messaggero per i non vedenti

Dallo scorso dicembre il «Messaggero di sant’Antonio» è accessibile ai non vedenti. Due le versioni disponibili: quella in formato word (via e-mail o CD) o quella in formato mp3(su CD), letta da una sintesi vocale.

Per informazioni e richieste: e-mail abbonamenti@santantonio.org; numero verde 800 019591 (dal lunedì al venerdì: 8.30-12.30 e 13.30-18.30 e al sabato: 8.30-12.30).

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017