Lettere al direttore

04 Luglio 2005 | di

Italia in difficoltà  tra pessimisti e ottimisti

Gli ultimi dati dell'Istat fotografano un Paese in grave difficoltà , scivolato ormai nella recessione, che vuol dire che anziché crescere e andare avanti, l'impresa Italia non solo batte il passo ma sta andando indietro. Però mi pare che non tutti siano d'accordo su questa diagnosi. È bastata la coda interminabile di auto durante il ponte tra maggio e giugno per far dire a qualcuno che gli italiani non stanno poi così male. Allora, troppo pessimisti alcuni ed eccessivamente ottimisti altri?.
Mario S. - Latina

Ottimismo eccessivo o pessimismo disfattista? Diciamo che economicamente non ce la stiamo di sicuro cavando alla grande. Lo dicono tutti i dati recenti provenienti dalle più disparate agenzie. Anche nel territorio che conosciamo meglio, il mitico Nordest, dove per anni tutto ha proceduto sull'onda di un boom che pareva inarrestabile, le difficoltà  si toccano con mano. Ma a inquietare maggiormente non sono la crisi economica, le aziende che chiudono o traslocano in Paesi fiscalmente meno esosi eccetera: sono passaggi quasi naturali nella storia di un Paese. L'Italia ne ha vissuti anche di peggiori e ne è sempre venuta fuori, rimboccandosi le maniche, uniti tutti in una comune volontà  di riprendersi.
Oggi ci pare che non ci sia proprio questa decisa volontà  comune di rimboccarsi le maniche per venirne fuori. Ed è questo a non farci stare tranquilli. Se una barca fa acqua, ci si aspetta che i suoi occupanti si diano da fare tutti insieme per tappare le falle e cercare di portare a casa la pelle. Nel nostro caso: politici, sindacati e industriali, messe da parte le rispettive ideologie e presupponenze, intenti a cercare insieme una via d'uscita, riesumando magari concetti desueti come bene comune cioè di tutti, il cui perseguimento deve essere l'obiettivo principale di ogni politica. Un sogno. In questa lunghissima campagna elettorale nella quale - lo si vede tutti i giorni - nessuno sembra disposto a togliere le castagne dal fuoco dell'altro, in spregio al bene comune, e nella quale partiti o coalizioni sembrano preoccupati più che a risolvere i problemi, a escogitare astuzie e formule per incassare più voti, per conquistare il potere o mantenerlo. Ma per farne che cosa, se intanto il Paese continua a peggiorare?

Che vuol dire che il Papa è infallibile?

La lunga malattia e poi la morte di Giovanni Paolo II e poi iriti dell'elezione del nuovo Pontefice mi hanno indotto a chiedermi quale funzione in realtà  abbia un Papa, al di là  delle sue apparizioni televisive. Si può avere la presunzione di dire che egli rappresenta Cristo, il dolce Cristo in terra come si diceva una volta? Che senso ha la parola infallibile?.
Anna MariaT. - Rovigo

Il vescovo è il pastore della Chiesa particolare: la ammaestra con la parola, la nutre con i sacramenti, la guida edificandola e presiedendola. Singolarmente, i vescovi sono a capo delle Chiese locali; come collegio, sono responsabili di tutta la Chiesa e della sua missione. Nel collegio degli apostoli (e, di conseguenza, in quello dei vescovi) è preminente il primato del Papa, da una precisa volontà  di Cristo che ha stabilito Pietro capo del collegio degli apostoli. Così il Papa è perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità  sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli, in forza del primato non solo di onore ma di reale giurisdizione su tutta la Chiesa.
Il Papa ha da Cristo un importante carisma: quello di una particolare assistenza dello Spirito, che lo rende infallibile nel definire la dottrina della fede e della morale. Il Papa possiede questa infallibilità  (che non è impeccabilità  della persona) quando, come supremo pastore di tutti i fedeli, proclama - con atto definitivo - una dottrina riguardante la fede o la morale. Perciò le sue definizioni sono dette, giustamente, irreformabili per se stesse, perché sono pronunziate con l'assistenza dello Spirito Santo, promessogli nella persona dell'apostolo Pietro.
Il dolce Cristo in terra? È un'immagine colorita di santa Caterina da Siena, ma risponde a una verità . Pietro ha ricevuto da Gesù il compito di pascere gli agnelli, cioè di proseguire nella storia la sua missione di salvezza.

Sul transgenico è meglio un dubbio in più

Ricordo di aver letto, nel numero di dicembre credo, la lettera di un ricercatore dell'Università  cattolica che contestava il modo in cui era stato impostato il servizio sugli ogm, cioè per il tanto spazio dato ai detrattori delle biotecnologie e il poco concesso a un illustre professore che invece ad essi è favorevole. Ricordo che ad un certo punto sosteneva che nella letteratura mondiale non c'è traccia di tossicità  di mais, soia o colza ogm nei confronti di ratti...
In realtà  non avevate tutti i torti nel manifestare perplessità , nel suggerire prudenza, visto quello che è venuto alla luce dopo la pubblicazione di una ricerca della Monsanto sugli effetti nei ratti di un loro tipo di mais. Che succederà  adesso? Qualcuno farà  marcia indietro e agirà  con maggiore circospezione o tutto andrà  avanti come se nulla fosse successo, visto che neppure la Commissione dell'Unione europea, che pare conoscesse quel rapporto, s'è sognata di porre dei freni. Che ne dice?.
Mario Negrisolo

Possibili cause di disastri apocalittici o soluzioni efficaci ai problemi alimentari dell'umanità : chi parla oggi di cibi geneticamente modificati abbraccia l'una o l'altra tesi senza molta possibilità  di dialogo. Ma l'acceso confronto tra posizioni radicali e opposti pregiudizi significano una cosa sola: sul tema non c'è informazione chiara e, soprattutto, non c'è sufficiente democrazia. Basti pensare che gli americani si sono ritrovati gli ogm nel piatto senza che nessuno si fosse preso la briga di informarli. Ancor oggi alla domanda di rassicurazione sui rischi per la salute e per l'ambiente, che continuamente viene dall'opinione pubblica, la risposta degli specialisti è spesso sulla difensiva: il cittadino è incompetente e non può giudicare, meglio che si affidi alle autorità  di controllo costituite.
Figuriamoci quando proprio queste autorità  vengono messe in dubbio, come è stato settimane fa per l'Efsa, l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, accusata da un giornale inglese, l'Indipendent, di aver dato un giudizio favorevole su una varietà  di mais che ha avuto effetti nocivi sulle cavie. La notizia, nonostante l'impossibilità  di verificarla sul piano scientifico, è stata doppiamente scioccante per gli europei che, in cuor loro, si sentivano più tutelati in materia dalle istituzioni del continente, da sempre diffidenti sugli Ogm.
Come uscire dal circolo vizioso dei sospetti e delle accuse? La via è una sola: chiarezza, indipendenza della ricerca, pubblicità  dei risultati e dei fini. E soprattutto centralità  dell'uomo. Anche noi nella rivista abbiamo preferito dare più spazio ai dubbi nella speranza di sollecitare risposte convincenti. Perfino Jeffrey Smith, il nostro articolista (numero di ottobre 2004), non condannava tanto gli ogm in sé, quanto la mancanza di trasparenza e di democrazia che ha accompagnato la loro storia: ricerche secretate, carriere stroncate, interessi miliardari, progetti di limitare in poche mani la produzione alimentare mondiale.
Non è tanto la scienza a fare paura ma l'uso che se ne fa. Come giustamente affermano i sostenitori degli ogm, nessuno in questo campo può darci certezze assolute ma è legittimo esigere che il rischio sia ben calcolato e non annacquato da interessi terzi. La posta in gioco è troppo alta. Credo che i cittadini oggi ne siano sempre più consapevoli. Per il futuro, le istituzioni europee non potranno non tenerne conto.

La morale a proprio uso e consumo

Benedetto XVI nei suoi primi interventi ha condannato, e con parole forti, il relativismo, presentandolo come la causa della tanta confusione che c'è tra i cristiani e di tanti comportamenti non conformi alla morale cattolica. Ma che cos'è il relativismo e che cosa propone?.
Lettera firmata - Pavia

Il relativismo dominante nella società  attuale è stato richiamato più volte da Benedetto XVI nei suoi primi discorsi. Lo ha fatto anche lo scorso giugno nell'aprire il Convegno della diocesi di Roma presentandolo come sfida aperta al valore insostituibile della famiglia, tema dell'incontro. Non riconoscendo nulla come definitivo - ha detto tra l'altro - il relativismo lascia come ultima misura solo il proprio io, con le sue voglie e sotto l'apparenza della libertà  diventa per ciascuno una prigione.
Che cos'è allora il relativismo? Come il Papa lascia intuire, esso è un atteggiamento di fondo, oggi molto diffuso, che tende a negare l'esistenza di valori oggettivi assoluti tali da vincolare il comportamento delle persone, che sarebbe invece radicalmente legato ai contesti storici e sociali nei quali esse vivono. Non esistono allora comportamenti buoni o cattivi in assoluto: ciò che è ritenuto tale in un certo posto e in un determinato periodo storico può non esserlo altrove e in epoca diversa. La morale non avrebbe per questo un carattere di norma, ad essa tocca solo di descrivere e registrare ciò che avviene, sarebbe, insomma, una specie di scienza del costume, fondata su criteri di quantità  desunti dal riferimento alle scienze umane.
A testimoniarlo, si dice, sono le diverse culture, nelle quali si trova un'estrema diversità  (e persino contraddittorietà ) di sistemi di valore e di norme concrete di azione. Anche nella nostra esperienza quotidiana ci troviamo ormai di fronte a una varietà  di ideologie e di culture e a una società  sempre più complessa: tutto ciò va ad alimentare la tendenza alla soggettivizzazione dei comportamenti, dove ciascuno si crea le proprie regole di comportamento in base a ciò che maggiormente conviene nel momento, rendendo sempre più difficile la convergenza su valori comuni.
Da questo relativismo etico ha già  messo in guardia Giovanni Paolo II nella Veritatis splendor, lo ha fatto anche il suo successore Benedetto XVI, in quanto il relativismo, oltre a giustificare scelte di comodo, apre la porta al disimpegno morale provocando la totale dissoluzione della morale.
Questo non vuol dire che le norme di comportamento dell'uomo siano sganciate in modo assoluto dal contesto storico e culturale. La forte riaffermazione dei valori evangelici può accompagnarsi infatti a una costante apertura alla cultura come ambito necessario della loro mediazione. La distinzione tra valori assoluti, che costituiscono il criterio irrinunciabile di discernimento dell'agire morale, e norme concrete di comportamento, sempre in qualche modo legate alla cultura, consente di superare la tentazione del relativismo.

Tito Boeri e la povertà  dei ceti medi

Il professor Boeri, a proposito della povertà  dei ceti medi in Italia, in una recente intervista rilasciata al Messaggero di Sant'Antonio, afferma che non c'è stato un peggioramento negli ultimi anni della posizione nella scala dei redditi delle persone che hanno un reddito medio`€¦ e che anzi dopo la grande recessione dei primi anni '90, la distribuzione del reddito in Italia è rimasta sorprendentemente stabile. Inoltre - sempre secondo Boeri- il diffuso senso di impoverimento degli italiani ha precise spiegazioni come la precarietà  lavorativa in assenza di forme di protezione sociale adeguate, il forte rallentamento della crescita economica che incide sulle attese delle famiglie e l'aumento della disuguaglianza orizzontale tra gruppi sociali diversi.
Si tratta di spiegazioni in larga parte condivisibili. Purtroppo, però, ancora una volta, siamo in presenza di una palese e miope sottovalutazione di quello che è accaduto in Italia a partire dal 2001. In primo luogo, Boeri si ostina a parlare di diffuso senso di impoverimento degli italiani, come se interi strati della popolazione italiana non si fossero realmente impoveriti negli ultimi anni. Inoltre, ci meraviglia il fatto che, da fonti accademiche e universitarie così prestigiose, venga colpevolmente trascurato, nella spiegazione del fenomeno povertà , il ruolo giocato dal forte aumento del costo della vita nell'ultimo triennio.
La principale causa dell'impoverimento dei ceti medi va rinvenuta nella particolare dinamica inflazionistica che il nostro Paese ha conosciuto nel periodo 2001-2004, in cui tassi di inflazione annua superiori all'8 per cento hanno eroso il potere d'acquisto delle retribuzioni, incidendo sensibilmente sulla qualità  e sulle aspettative di vita di interi nuclei familiari. Nel periodo considerato, sommando gli effetti inflazionistici a quelli del fiscal drag, le retribuzioni degli operai hanno perso fino al 25 per cento del loro valore!
È ormai un dato acquisito che le famiglie appartenenti alla fascia media della popolazione, a causa dell'aumento indiscriminato dei prezzi e delle tariffe, hanno ridotto sensibilmente le proprie aspettative di consumo, si sono indebitate ancor di più, e si sono trovate costrette a rinviare gli acquisti più importanti e a rimandare le decisioni di investimento.
In questi anni, in presenza di tassi di inflazione reale ben superiori a quelli ufficiali rilevati dall'Istat, si è assistito a un vero tracollo delle possibilità  di vita delle famiglie soprattutto per quanto riguarda le famiglie monoreddito di alcune regioni meridionali ma anche di alcune aree di decadenza industriale del Nord Est e del Nord Ovest, e le famiglie che vivono nelle aree urbane più degradate di Roma, Milano e Napoli, o quelle a maggior numero di componenti. Anche numerose tipologie di famiglie bi-reddito hanno mostrato significativi segnali di allarme sul fronte dei consumi e dell'indebitamento....
Gian Maria Fara
Presidente dell'Eurispes

(risponde Tito Boeri). Gian Maria Fara mi invita a rivedere le analisi sulla povertà  in Italia alla luce del risultato elettorale. Come se i dati dovessero essere piegati ai desideri dei politici di turno. È il modo con cui forse l'Eurispes, l'istituto diretto da Fara, confeziona le statistiche sull'andamento dei prezzi al consumo, ignorando ogni metodo scientifico di rilevazione dei prezzi e attribuendo la stessa importanza all'aumento del prezzo del sale e a quello delle bollette dell'elettricità , beni che hanno un peso ben diverso nel bilancio delle famiglie.
Lo sport di screditare i dati quando non fanno comodo è da tempo praticato nel nostro Paese. Toglie riferimenti importanti a famiglie e imprese nelle loro scelte quotidiane e va solo a vantaggio di chi, come Fara, vive producendo statistiche a proprio uso e consumo.
Nell'intervista apparsa su queste colonne, non sostenevo che il disagio fosse ingiustificato. Al contrario, affermavo che in un Paese che non cresce e in cui i redditi sono più variabili che in passato, le famiglie stanno peggio. Non si tratta tecnicamente di impoverimento, ma di diminuzione del benessere di molti. Solo definendo i problemi col loro nome si possono trovare i rimedi. Che non sono i blocchi dei prezzi, poi comunque non rispettati, ma un moderno sistema di ammortizzatori sociali.

Promessa di vita che solo Dio può compiere

Mi racconta un amico medico: Qui c'è un continuo vociare di gente che chiede, che protesta, che esige... Penso che i nostri ambulatori continuino a essere pieni quando è finita l'influenza anche per l'insoddisfazione che c'è nei cuori. Mi sembra di notare una richiesta che va oltre le prestazioni mediche e che le nostre competenze e possibilità  non possono soddisfare. In certi momenti ne rimani schiacciato. Molti colleghi con cui parlo osservano la stessa cosa. L'uomo che ha smarrito il senso più vero della vita, si illude di poter vivere per sempre e vuole una risposta certa e sicura per ogni suo problema. Non accetta risposte negative.
Nei casi più gravi mi capita di dover dire: Qui la medicina non può più far nulla, e noto la non accettazione. Andranno da un'altra parte, in un altro ospedale, da un altro medico... non è possibile che al giorno d'oggi non si possa far nulla. La gente è convinta che la scienza possa risolvere ogni cosa. Dio dov'è?.
Sono colpito dalla verità  di questa osservazione. Da una parte, rivela l'insopprimibile esigenza di vita, che non può essere fermata da nessuna malattia e da nessuna morte; siamo fatti per l'Infinito e per l'Eterno e quindi non possiamo rassegnarci dentro il limite. Dall'altra, l'amico medico deve constatare che la risposta a questa esigenza non è nella medicina e nella scienza; le pretese fuori misura non solo rendono assai più problematica la professione medica, ma soprattutto allargano l'abisso della insoddisfazione. È la stessa pretesa che spinge a superare ogni limite nel voler maneggiare la vita, disponendone a piacere nel suo sorgere e nel suo sviluppo; l'uomo arriva a fare schiavo l'altro uomo; colui che è potente maneggia l'impotente e il debole: si tratti della donna straniera costretta alla prostituzione, o del bambino sottomesso, o dell'embrione maneggiato per altri fini. Chi può mettere ostacolo alla corsa verso la salute o il benessere o l'immortalità ? Ma proprio questo è il principio di ogni violenza.
Invece, certe domande potranno essere fatte solo a Dio, certi bisogni potranno essere compiuti solo dall'incontro con Lui. C'è un limite umano che nessuna scienza e nessuna potenza umana riuscirà  mai a superare. Su questa alta muraglia l'uomo arriva a schiacciarsi. A meno che non intraveda il grande portale che si apre verso il Mistero di Colui che ha creato l'uomo con una promessa di vita così grande che solo Lui può compiere.

Don Angelo Busetto - Chioggia
 
Grazie della sua testimonianza. Ogni commento è ovviamente superfluo.


Mayr Nusser e una data sbagliata

Ho letto con interesse l'articolo su Mayr Nusser, un condannato a morte perché si rifiutò di giurare fedeltà  a Hitler. La data di tale rifiuto è indicata come 4 ottobre 1945. Credo si tratti di un errore.
Ugo D'Ormea - Pesca

Ha ragione. Josef Mayr-Nusser morì di fame in un vagone bestiame a Erlangen, durante il suo trasporto da Danzica al campo di concentramento di Dachau, il 24 febbraio 1945. È chiaro che il rifiuto deve essere avvenuto quanto meno l'anno precedente, il 1944. Si tratta di un refuso, facilmente intuibile. Grazie

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017