Lettere al Direttore

Non toccheremo le spese sociali - assicura Berlusconi - ma colpiremo gli sprechi e le spese inutili. Ci auguriamo, nell'interesse di tutti, che ciò sia possibile davvero.
27 Aprile 2004 | di

Lettera del Mese

Pagheremo davvero meno tasse?

Mi riferisco alla lettera dello scorso mese nella quale il lettore si chiedeva se è vero che adesso paghiamo più o meno tasse. Io credo che adesso non ne paghiamo meno (io, almeno, no), ma che forse in futuro sì. Berlusconi e il ministro Tremonti lo hanno solennemente promesso agli italiani e non capisco perché quelli dell'opposizione li abbiano criticati per questo. Va bene che siamo in campagna elettorale, un clima adatto per far maturare promesse che magari dopo non vengono mantenute, però lasciare che ci provino non mi sembra male. In fondo, pagare meno tasse non è un bene per tutti, anche per coloro che criticano con più o meno fondate ragioni?.
Mariarosa Furlanin

Credo di sì. Qualche soldo in tasca in più, in un momento di difficoltà  per tanti, fa sicuramente bene. Berlusconi ha tutto il diritto di proporre la riduzione delle tasse: lo aveva solennemente promesso agli elettori e deve stare ai patti, se non vuole essere rimandato a casa alla prossima tornata di elezioni politiche. 
La riduzione delle tasse è una delle terapie economiche più discusse ma anche più seguite negli ultimi tempi, sia da governi liberisti che da governi socialisti. Lo hanno fatto, con slancio diverso, il repubblicano Bush, il gollista francese Raffarin, il popolare spagnolo Aznar, il socialdemocratico tedesco Schrà¶der, il laburista inglese Blair... La speranza è che i cittadini utilizzino i soldi risparmiati per rilanciare i consumi, necessari a far ripartire un'economia che ha da tempo il fiato grosso.
Ma è anche legittimo chiedersi come farà  Berlusconi a tagliare le tasse:  se tutto questo avverrà  senza conseguenze. Perché tagliare le tasse vuol dire rinunciare a una buona fetta di denaro per mandare avanti il Paese, già  allo stremo delle forze finanziarie a causa di un deficit di bilancio che rischia, secondo recenti previsioni dell'Unione europea, di sfondare il tetto del 3 per cento (mitigato a un 2,8 dal Fondo monetario internazionale, ma con una manovra di riequilibrio), fissato dal patto di stabilità , e con un debito pubblico che si aggira intorno al 110 per cento del prodotto interno lordo, quasi il doppio, in percentuale, di quello fissato, a suo tempo, dai parametri di Maastricht.    
Questi sono sforamenti da far rientrare, se si vuole restare in Europa. E allora, con minori entrate (12 miliardi di euro in meno), Berlusconi come farà  a far quadrare i bilanci? Tagliando da qualche parte. Ma dove? Sulla spesa sociale, cioè scuola, sanità , servizi pubblici? O riducendo i soldi agli enti locali, come già  sta facendo con grande rabbia di Regioni e Comuni che si vedono obbligati ad aumentare loro stessi le tasse locali, per cui un cittadino quello che risparmia da una parte lo paga da un'altra?
Berlusconi assicura che non succederà  nulla di tutto questo: Colpiremo gli sprechi e le spese inutili, ha detto. Ci auguriamo, nell'interesse di tutti, che ciò sia possibile, riuscendo anche a stare nel deficit di bilancio sotto quel fatidico 3 per cento. Altrimenti, scatterà  inevitabile l'ammenda europea. Ipotesi che inquieta un osservatore acuto ed equilibrato come Sergio Romano che, nel  Corriere della sera si chiedeva come reagirà  il governo a tale eventualità : accetterà  l'ammenda o volterà   le spalle all'Europa? Vedendo come l'Italia in altre occasioni si è comportata, Sergio Romano teme che il governo sceglierà  per un male inteso orgoglio nazionale, la seconda strada. E avrà  drasticamente rovesciato la politica  che l'Italia ha fatto  con dignità  e coerenza per più di cinquant'anni. Per cui Sergio Romano si augura che quella di Berlusconi sia solo un'astuzia elettorale destinata a rientrare dopo il voto europeo di giugno.

Separati: colpa di una fattura?

Subisco episodi di negatività  e le chiedo di spiegarmi la sofferenza che sto vivendo. Tornati dal viaggio di nozze, mio figlio e sua moglie, non sono più andati d'accordo. Lei se ne è andata e si è rivolta all'avvocato per avere l'assegno di mantenimento.  Il mio dubbio è che gli abbiano fatto una fattura. E se fosse così, c'è un rimedio?.
Lettera firmata

Suo figlio si sposa, e tutto va storto. È stata una fattura - si chiede - a infrangere l'armonia della sua famiglia? Il Male esiste e la sua forza è certamenteall'operanel mondo, ma non però al comando di qualchemalintenzionato. Non esistono formule né riti che possano  sottomettere il maligno al volere di chicchessia. Caso mai, il contrario.
Quando non riusciamo a governare gli eventi, siamo tentati di assolverci da ogni responsabilità , attribuendone la causa a forze negative più potenti delle nostre, messe in campo da chi ci vuol male, facendo le cosiddette fatture.
Ogni sortilegio è insieme minaccia e rassicurazione: ci fa percepire la pochezza delle nostre difese di fronte al male e ci toglie il dubbio di esserne la causa. E così, se un matrimonio naufraga dopo pochi mesi, se ne attribuisce la causa a volontà  occulte o alla cattiveria degli altri, e i naufraghi sono solo vittime innocenti. Ma non è così. Più onesto è invece cercare di capire le ragioni del fallimento, analizzare il percorso, i motivi, i valori che hanno portato i due ragazzi all'altare o a vivere insieme.
Spesso con il matrimonio si concretizza quel vuoto che ognuno ha in sé e che l'altro non è riuscito a far emergere o a colmare quando era in tempo.  Certi  matrimoni sono come una casa costruita sulla sabbia. Altro che fatture!
Lo stesso si può dire delle malattie: è più facile attribuirne la causa a malocchi o fatture che non verificare se il proprio stile di vita sia compatibile con la salute. Questo non esclude l'influenza di entità  esterne nella vita degli uomini. Piuttosto, ritengo sia più urgente affrontare le situazioni di crisi con lucidità  e intelligenza critica. Molto spesso il male attecchisce dove una libertà  umana lo incoraggia o lo sceglie, consapevolmente o in modo indiretto.

Nostalgia della musica sacra di un tempo 

Ho smesso di andare a messa in certe chiese dove si permette ai giovani di esibirsi con la chitarra, con strumenti a percussione,addirittura con trombe, in autentici brani rock che nulla hanno di sacro...
Le poche volte che ho avuto modo di riascoltare le note dell'organo e certe tenerissime melodie di un tempo, mi sono commosso... Ho imparato la messa in latino da ragazzo e la so quasi a memoria e ho nostalgia di quella austera, solenne lingua. 
L. L. - Taranto

Anche a me piace la buona musica sacra, ma non mi sento di dire che le innovazioni  della riforma liturgica l'abbiano tradita. Lei preferisce le note auliche dell'organo ai concertini dei giovani, il solenne latino (che le piacerebbe  vedere ripristinato) alla lingua italiana  con cui si celebrano oggi le liturgie.  
Confesso: ho anch'io bei ricordi - e qualche nostalgia - legati a esperienze simili a quelle da lei vissute. Penso, però, che il linguaggio della liturgia non debba essere diverso e oscuro a chi la frequenta e la vive. La messa in latino (pur consentita in alcuni casi) oggi sarebbe improponibile per la gran parte dei fedeli. E così un certo genere di musica per chi è abituato ad altri ritmi e ha ormai acquisito una sensibilità  diversa. Come i giovani, per esempio: sarebbe, credo, assai difficile farli cantare, oggi, sull'aria del Noi vogliam Dio, Vergine Maria.
L'organo è un gran bello strumento, ha tutti i registri per esprimere i sentimenti dell'animo umano. Ma quanti, oggi, lo sanno suonare o si offrirebbero di suonarlo in un'oscura chiesa di campagna o di periferia? La Bibbia, poi, ci invita a pregare e a cantare le lodi di Dio in tanti modi: con l'arpa, con la cetra, con il cembalo, perfino con le trombe e con gli applausi(plauditemanibus). Basta che il canto sia dignitoso e venga da un cuore umile e gioioso.
Lo stile classico ha senza dubbio impreziosito il patrimonio liturgico della Chiesa. Però il passato non può essere confuso con l'eterno. Solo Dio detiene tale prerogativa, mentre i nostri modi di relazionarci con lui sono provvisori e perfettibili. Ogni secolo ha avuto i suoi modi di esprimersi: provi a confrontare quelli del Cinquecento con quelli dell'Ottocento, tanto per dire: ce n'è di differenza!
Neppure tutti i canti liturgici di un tempo - testi e musica - erano oro colato. Bisognerebbe allora, questo sì, stare molto attenti nella scelta dei canti nuovi proposti per la liturgia.  Spesso cantiamo musiche banali su testi insipidi e brutti, scritti da compositori improvvisati e senza ispirazione. In giro c'è gente che conosce bene il mestiere e sa comporre della buona musica. Rinnoviamo il repertorio affidandoci a costoro.

Ho buttato al vento tutti i miei sogni

Non sono entusiasta di me stessa, sono scontenta, non mi piaccio, forse non mi amo, anche se non so esattamente perché. So per certo che non mi perdono di non aver realizzato quelle cose che avevo sognato, di non aver usato tutto il potenziale che Dio mi aveva dato. Ma di averlo sprecato con leggerezza o dando importanza a cose che importanza non avevano.....
A. T. - Cagliari

Delusa del passato, ha la sensazione di non aver realizzato tutte le potenzialità  che Dio le ha dato. E non capisce quali impedimenti abbiano deviato il corso delle sue aspirazioni. La paura di non farcela, di non essere all'altezza? Spesso siamo noi stessi a sottovalutare le nos-
tre risorse intellettuali:   assecondiamo facilmente quella voce interiore che ci suggerisce di lasciar perdere, di rinunciare a cose che ci sembrano belle, che vorremmo raggiungere, ma che costano fatica. E ci arrendiamo. Perché? Poca stima di sé?
A volte noi scegliamo una strada, spinti dal ricatto affettivo di persone  convinte, magari in buona fede, di volere il nostro bene e di conoscere le nostre attitudini. E  così blindiamo  il nostro futuro entro i progetti o i miraggi di altri: i genitori, gli  amici, gli scopritori di talenti o di vocazioni non richiesti, e gli esiti possono essere infausti. Meglio non imbattersi mai in certi benefattori.
Qui azzardo delle ipotesi, per portarla a focalizzare il problema vero, che è la necessità  di riconciliarsi con ciò che non è diventata. La prima forma di redenzione parte dall'appello di Gesù ad amare se stessi. È questa la condizione necessaria per star bene in relazione con gli altri e con Dio.

Un Dio crocifisso: uno scandalo? 

In un periodico cattolico ho letto un articolo, le cui conclusioni mi hanno lasciato molto perplesso. Per accentuare l'indissolubilità  della SS. Trinità , l'articolista afferma: La comunione delle Persone Divine non si spezza mai, perché la Trinità  è inscindibile. Questo, conseguentemente, ci porta a chiarire qualche nostra idea poco ortodossa, che, cioè, in Gesù abbia sofferto solo l'uomo, perché Dio è impassibile. Chi l'ha detto? Questo è un pregiudizio filosofico, che ritiene la sofferenza incompatibile con Dio.
Quindi, non solo ha sofferto la seconda Persona divina, ma tutta la Trinità  in solido. Se avesse sofferto solo il Figlio, noi avremmo un triteismo e non un monoteismo. Se avesse sofferto solo l'uomo, noi non saremmo stati ancora redenti, perché tanti uomini hanno sofferto più di Cristo e in modi peggiori. Non avrebbe senso parlare di un Dio-crocifisso, se vedessimo solo l'uomo appeso alla croce.
Tali considerazioni sono estremamente imprudenti. Come si può pensare che Dio abbia sofferto e sia morto sulla croce con il Figlio? Se così fosse, nel periodo tra la morte e la resurrezione Dio dov'era? È mia convinzione, invece, che sulla Croce sia morto l'Uomo e non Dio, essendo assurdo pensare che Dio possa morire.

Cutrufo T. - Recanati (MC)

Al nostro lettore, che è rimasto così perplesso di fronte alle affermazioni lette su un periodico cattolico, si può rispondere con la teologia tradizionale, che qui vogliamo riassumere brevemente.
L'incarnazione di Cristo riguarda la seconda persona della SS. Trinità . In tale evento la divinità  - rimanendo intatta in se stessa - assume l'umanità , ma la persona è quella del Verbo: l'umanità  rimane sul piano della natura, la persona è quella divina. Si tratta di una realtà  teandrica (ossia umano-divina), ma tutto ciò che essa compie viene attribuito alla persona: trattandosi di una persona divina, ecco il valore infinito della passione di Cristo. Ciò non comporta che la divinità  abbia sofferto, ma solo che nella sofferenza dell'umanità  di Cristo c'è un valore pari alla sua persona divina, ossia infinito.
Il particolare della morte: nei tre giorni del sepolcro la divinità  di Cristo non è lontana da quel corpo benedetto e dalla sua anima (anche se corpo e anima per la morte sono separati), ma rimane unita ipostaticamente - ossia nella persona del Verbo - poiché ciò che è stato assunto rimane sempre unito alla persona del Verbo.
A questo punto, espressioni quali il Dio crocifisso e Dio è morto, vanno interpretate non nel senso che Dio soffra o muoia, ma nel riferimento alla persona che ha assunto l'umanità  sofferente e morta di Cristo.
Concludendo, ci permettiamo solo di aggiungere che la riflessione cristiana non si esaurisce in queste poche righe, poiché sappiamo che sulla Trinità  si sono confrontati teologi di ogni epoca (non esclusi quelli del nostro tempo); la Chiesa ha convocato concili e ha conosciuto studiosi di immenso valore, come sant'Ilario di Poitiers e il grande Agostino; e tutti sanno che una diversa interpretazione dei termini trinitari (il celebre filioque) è all'origine della separazione della Chiesa orientale ortodossa da quella di Roma. Non c'è dunque che da benedire Dio se con linguaggi differenti, a volte discutibili, si può entrare sempre più nel cuore del mistero cristiano, per il quale va ripetuto un detto ben noto: queste cose si apprendono più mettendosi in ginocchio che acuendo il lume della nostra intelligenza.

Bibbia; nuova traduzione non prima del 2006

È vero che è imminente l'uscita di una nuova traduzione della Bibbia, a cura della Conferenza episcopale italiana, con alcune rimarchevoli modifiche che cambierebbero preghiere tradizionali - come ad esempio l'Ave Maria in Rallegrati, Maria - come affermano i promotori e alcuni editori che stanno girando per raccogliere prenotazioni?.
A. Ciminelli - Aosta

A questo proposito l'Uelci, l'Unione degli editori e dei librai cattolici, afferma in un comunicato che l'imminente pubblicazione di una nuova traduzione della Bibbia curata dalla Cei e le modifiche introdotte sono del tutto presunte e prive di credibilità . Di imminente non c'è nulla, la Cei - dice il comunicato - ha chiesto alla Santa Sede l'approvazione dei primi volumi del Lezionario (brani della Bibbia letti nella liturgia feriale e festiva): ne deriva che la pubblicazione della traduzione della Bibbia dipende dall'approvazione del Lezionario per l'uso liturgico, ma tutto questo prevede diversi passaggi e tempi lunghi, tant' è vero che la Cei stessa afferma che l'attuale Bibbia edita da Cei- Uelci varrà  almeno fino a tutto il 2005. Anche per le modifiche delle preghiere, stando a dichiarazioni degli organi vaticani competenti, credo che pregheremo ancora a lungo: Ave, Maria.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017