Lettere al Direttore

Se vuole diventare "grande" non ha alternative: deve recidere quel vincolo, guarendo dalla sudditanza filiale.
30 Gennaio 2004 | di

LETTERA DEL MESE

Francesca e il coraggio di rinascere a ventinove anni

Mi sento terribilmente in colpa perché ho giocato con i sentimenti degli altri, senza amore. Spesso l'ho fatto per assecondare i desideri di altri, dei miei familiari. La mamma, in particolare, avrebbe la pretesa di conoscere l'uomo del mio destino e, con astuti ricatti, ha saputo condizionare le mie frequentazioni. C'è riuscita molto bene, facendo leva sulla mia sensibilità , consapevole del fatto che io volessi essere una brava ragazza, una figlia buona. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di compiacere le sue ambizioni.
Ricordo con precisione il senso di solitudine che provavo in compagnia di certi ragazzi. Sentivo che il corpo non era teatro dei miei sentimenti. Recitavo il copione che la mamma mi aveva assegnato e non potevo deluderla. Ho ben presenti degli episodi imbarazzanti, nei quali ho avuto la percezione di perdermi, di essere sequestrata dalla volontà  degli altri, di vivere la parodia dell'amore. E pensare che ho un profondo bisogno di essere amata, di sentirmi sincera, di diventare protagonista del mio futuro.
Non ce la faccio più a reggere la parte. Vorrei essere me stessa. I miei sentimenti hanno una vita propria e nessuno li può dirottare. Un po' alla volta mi sto convincendo di questo ma non riesco a darmi il permesso di rinascere, di ricominciare. Ho sbagliato, ho fatto tanti errori e prima di darmi una seconda possibilità  avrei bisogno di liberarmi dalle pressioni materne. Lei ha un'influenza potente su di me e non se ne rende conto. Sa ferirmi in modo sottile. Vorrei essere una donna libera, ma come potrei sbarazzarmi del passato? Chi potrebbe redimere i miei errori? La mia coscienza è troppo severa e non mi riconosce alcuna attenuante.
Francesca

La sua coscienza è in preda a dei terribili sensi di colpa. L'analisi dei fatti le permette di essere un po' indulgente con se stessa, ma non abbastanza da sgravarla dalle responsabilità  personali. Le attenuanti sono lievi e lei stessa non si concede il permesso di girare pagina e inaugurare un nuovo capitolo di vita.
Con lucidità  ripercorre alcuni tornanti della vita, quei passaggi che cambiano la rotta del destino. Nella sua mente ogni singolo episodio è inciso per sempre, compreso il giudizio che lo accompagna. La sua analisi è precisa e la aiuta a connettere molti fatti alla matrice dei suoi guai: il rapporto con la mamma.
Lei la influenza in modo preoccupante. Non mi sono chiare le dinamiche del vostro rapporto, di sicuro, però, lei ha il potere di ferirla e, forse, di smantellare l'autonomia delle sue decisioni. Lei sta lottando per prendere le distanze, per difendere lo spazio esistenziale che le serve per comporre la sua vera identità . Immagino quanto le costi rinascere a ventinove anni. Il cordone ombelicale si è sclerotizzato e il taglio si annuncia cruento. Tuttavia, se vuol diventare grande ed essere una donna libera, non ha alternative: deve recidere quel vincolo, guarendo dalla sudditanza filiale.
La sua coscienza è severa e non le perdona i giochi di un tempo. Pensa di avere ingannato i sentimenti di altre persone anche se, probabilmente, la prima vittima è stata lei. Le suggerisco di riconciliarsi col passato, alleggerendo quei sensi di colpa che pregiudicano ogni possibilità  evolutiva. Non sia troppo intransigente con se stessa. Neppure il Signore lo è con lei. Egli la ama così com'è. Conosce la sua fragilità  e può perdonarle ogni errore.
Francesca, lei è una donna che cerca se stessa per amare in modo autentico, per sentirsi protagonista del proprio avvenire. Tutto questo rappresenta la sua salvezza e non può rinunciare. Risponda ai nuovi richiami della vita!

Liturgia: una riforma mal applicata?

Vorrei porre alla considerazione dei lettori il punto della situazione a quarant'anni dalla promulgazione della Sacrosantum Conciluim sulla liturgia alla luce anche della recente enciclicaEcclesia de Eucaristia, nella quale, accanto alle luci e ai vantaggi apportati dalla riforma liturgica, si segnalano ombre e abusi, che hanno offuscato e continuano a offuscare la liturgia (...)
Dobbiamo segnalare una certa caduta di tono rispetto all'alta impostazione del documento conciliare: chi sa cantare canta, magari improvvisando; chi sa suonare dimentica che la musica sacra deve essere tale; si usano strumenti nuovi, mentre i preziosi organi dormono sotto la polvere...
E poi, chi legge le letture lo fa come può, con errori e brutta dizione, come se il ministero del lettorato non richiedesse una formazione specifica; chi deve fare l'omelia la fa a braccio e non di rado tralascia ogni riferimento alle letture appena proclamate... La riforma è avvenuta nei testi liturgici, ma non è ancora penetrata a sufficienza nelle nostre teste. La spontaneità  si identifica di fatto con l'improvvisazione, la faciloneria... e questo scatena la reazione di tanti fedeli, non nostalgici ma confusi.
Giovanni Paolo nell'enciclica che ricordava i quarant'anni del documento conciliare Sacrosantum Concilium si chiedeva: È vissuta la liturgia come fonte e culmine della vita ecclesiale, secondo l'insegnamento della Sacrosantum Concilium? La riscoperta del valore della Parola di Dio, che la riforma liturgica ha operato, ha trovato un riscontro positivo all'interno delle nostre celebrazioni? Fino a che punto la Liturgia è entrata nel concreto vissuto dei fedeli e scandisce il ritmo delle singole comunità ? È compresa come via di santità , forza interiore del dinamismo apostolico e della missionarietà  ecclesiale? (n. 6).
padre Giuseppe Bonari  - Brescia

Lei ha messo tantissima carne sul fuoco e non possono bastare le poche righe a disposizione a cuocerla tutta. Lungi da noi, poi, la pretesa di dare risposte a problemi così seri e delicati che richiedono la riflessione di tante persone, se non di tutta la comunità .
La liturgia è un momento troppo importante e decisivo nella vita delle comunità  cristiane per essere lasciata in balia dell'improvvisazione e dal fai-da-te. Ci vogliono regole che garantiscano l'integrità  e l'universalità  dei riti essenziali. Ci pare, però, che debba essere lasciato anche spazio alla creatività , alla sensibilità  e alle esigenze delle singole comunità , entro i binari, ovviamente, del buon gusto e della professionalità . La confusione potrebbe cedere il posto alla noia, altrettanto esiziale.
Opportuna la citazione delle domande proposte dal Papa, che intendono andare ben al di là  della forma dei riti per mettere in risalto il ruolo sostanziale della liturgia che deve, appunto, scandire il ritmo delle comunità  ed essere vissuta come via di santità . Su questo dobbiamo soprattutto interrogarci.

Solo simbolica la risurrezione di Lazzaro?

Devo al mio parroco tutto quello che so della Bibbia e condivido quasi tutto del suo insegnamento, ma non riesco ad accettare quando sostiene che la risurrezione di Lazzaro è simbolo della risurrezione di Gesù, non è un fatto storico, non è cronaca, bisogna decodificare il simbolo. Perché allora Giovanni, capitolo 12, ripetutamente dice: ...Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro che aveva risuscitato dai morti...? I segni, i prodigi, i miracoli di Gesù sono atti di amore, avvenimenti su cui meditare e, secondo me, il primo passo verso il dono della vita eterna.
Maria Anna B. - Porto Torres (SS)

Il suo parroco afferma che la risurrezione di Lazzaro, come altri miracoli, non siano avvenimenti storici, ma testimonianze da decodificare, poiché sono state scritte per il loro valore simbolico.
Lo spazio non mi consente di approfondire il tema proposto, mi limito a un paio di considerazioni generali. La prima riguarda la storicità  degli episodi narrati nei Vangeli, i quali sono la testimonianza più attendibile della vita di Gesù. Gli esegeti sono convinti che vi sia un nucleo storico riconoscibile tra quelle pagine. La convergenza di almeno tre testimonianze sullo stesso fatto può esserne la prova. Una prova non assoluta, ma sicuramente di grande conforto per chi voglia risalire alle parole di Gesù o ai fatti di cui sia stato protagonista.
Gli stessi Vangeli, inoltre, erano noti ad alcuni testimoni oculari, a persone che hanno conosciuto Gesù. Se fossero state scritte delle imprecisioni o delle forzature, probabilmente, sarebbero intervenuti con correzioni. In definitiva, le prime comunità  cristiane che hanno letto le biografie di Gesù erano anche in grado di controllarne l'autenticità .
Le obiezioni del suo parroco, tuttavia, non sono banali. I Vangeli sono stati scritti alcuni decenni dopo la morte del Maestro e, obiettivamente, è difficile che ogni parola attribuita a Lui corrisponda a quanto egli ha detto testualmente. Può darsi anche che qualche episodio sia stato arricchito di dettagli simbolici, frutto di elaborazioni teologiche successive.
Per quanto riguarda Lazzaro, si può ritenere che la sua esistenza sia ben documentata. La sua risurrezione è sicuramente un simbolo che anticipa quella di Gesù, tuttavia non vi è alcun motivo per dubitare della sua veridicità  storica.
La invito a continuare il dibattito col parroco.
Dai discorsi che lei mi ha riportato sembra una persona molto competente, perciò si fidi delle sue indicazioni senza, tuttavia, rinunciare alle proprie indagini personali. Mi piacerebbe che tanti cristiani avessero la sua stessa curiosità  intellettuale e spirituale.

Un bravo ragazzo scontento di sé

Sono un giovane di sedici anni e vivo un'esperienza giovanile un po' turbata da queste nuove mode che ci spingono sempre più ad allontanarci da Cristo e dalla sua Chiesa. Sono assiduo alle celebrazioni liturgiche domenicali e feriali, sono impegnato nel volontariato in parrocchia come collaboratore del mio parroco. Nonostante ciò, non vedo in me quel ragazzo modello dal quale i miei coetanei dovrebbero prendere esempio nel seguire Gesù. Vorrei un suo consiglio su questo punto.
Lorenzo

Nonostante il tuo impegno, non sei soddisfatto di te, non ti senti il ragazzo modello dal quale i coetanei dovrebbero prendere esempio per seguire Gesù. Le tue parole mi fanno pensare che, forse, ti stai caricando di responsabilità  che nessuno ti ha affidato.
Hai sedici anni e il tuo obiettivo dovrebbe essere quello di vivere da ragazzo e non da modello. La prima testimonianza di fede la puoi offrire con la tua umanità , perciò lascia perdere il sovraccarico che ti porti appresso e sii libero, sii te stesso.
Ogni affettazione, ogni tentativo volontaristico di essere altro rispetto alla tua spontaneità  rischia di ottenere l'effetto contrario. Guardandoti allo specchio dovresti riconoscere un uomo davanti a te.
Non è tua competenza valutare l'esemplarità  del tuo comportamento: saranno gli altri a percepirti come modello o meno.
Sii semplice, vivi la tua vita come i coetanei. Stai in mezzo a loro. Non temere la contaminazione e ricordati che la tua testimonianza sarà  esemplare quanto più convincerà  i lontani, i falliti, i disperati.
Nello stesso tempo, imparerai da loro a cogliere le domande vere della vita, poiché la loro voce invoca un senso, una speranza e nessuno indica loro la salvezza.

Ecco perché l'inferno esiste davvero

C'è una domanda che da qualche tempo mi sta tormentando: l'inferno esiste o no? Il confessore mi ha detto che Dio non condanna nessuno. Secondo lui, Gesù ha detto: ...andate o maledetti nel fuoco eterno solo per metterci in guardia. In virtù di questa tesi tutti saremmo destinati a salvarci, sia chi pratica la carità , sia chi è un lupo per il suo prossimo.
A questo punto mi smarrisco e non so come interpretare la vecchia catechesi, la quale insegnava che Dio premia i buoni e castiga i cattivi. Lo stesso confessore ha provato a tranquillizzarmi sostenendo che la Chiesa ne ha fatti tanti errori e questo sarebbe uno della serie.
Maria Giovanna T.

Il confessore le ha istillato un dubbio insidioso, così potente da sovvertire i capisaldi della sua formazione cristiana. La mia risposta sarà  breve e senza la pretesa di esaurire un argomento che ha impegnato fior di teologi in un dibattito infinito. Proverò semplicemente a chiarire la domanda, indicandole delle piste per l'approfondimento personale. Esiste una scuola di pensiero che non nega l'esistenza dell'inferno, ma sostiene che sia destinato a rimanere vuoto. La spiegazione teologica è questa: se Gesù è morto e risorto per salvare tutti è chiaro che tra i tutti sono compresi anche i peccatori. La tesi è confortata anche da precise rivelazioni di Gesù, in particolare quando dice esplicitamente di essere venuto per salvare i peccatori (Matteo 18,11 e Giovanni 12,47).
Sulla scorta di tali premesse, alcuni ritengono che l'iniziativa salvifica di Gesù sia potente e onnicomprensiva. Nessunodovrebbe sfuggire alla sua efficacia, neppure Giuda o tutti coloro che gli sono emuli nel compiere il male.
In realtà , però, nello stesso Vangelo possiamo leggere delle espressioni che smentiscono l'interpretazione precedente. Più volte Gesù parla di responsabilità  personali e morali (Matteo 25,31-46), di pene conseguenti al male commesso e di dannazione eterna (Matteo 23,33). Le sue affermazioni confermerebbero lo schema classico: libertà , peccato, castigo. Dentro questa logica, l'inferno avrebbe un senso, anzi sarebbe una necessità , la causa finale che renderebbe vincolanti le obbligazioni morali.
La dottrina cattolica, infatti, ha insistito molto sul tema della retribuzione dopo la vita terrena, sottolineando il timore dell'inferno, magari a scapito della misericordia di Dio. Non a caso è molto diffusa la convinzione che ci si debba comportare bene per paura più che per amore.
Maria Giovanna, ho abbozzato due tesi che si escludono a vicenda. Alcuni teologi preferiscono far pesare di più la misericordia e l'amore di Dio, altri la giustizia.
Penso che la diatriba possa arricchirsi ancora di un elemento importante che, tuttavia, non basterà  a dirimerla. Sto pensando alla libertà  individuale. Traduco il concetto con una domanda: il Signore può redimere chi non vuole salvarsi? La libertà  ci costituisce a immagine e somiglianza del Creatore, perciò non può essere manipolata o negata proprio da lui. In definitiva, il soggetto umano potrebbe anche decidere di porsi in contrapposizione a Dio. La libertà  di cui è dotato glielo consentirebbe.
La assicuro che il problema da lei sollevato è molto più vasto di quanto abbia potuto dire qui, ho voluto offrirle solo alcune indicazioni preliminari, per aiutarla a orientarsi nella disputa teologica. Ci muoviamo nell'ambito delle interpretazioni, sia perché il Vangelo non è univoco nelle sue informazioni, sia perché nessuno è tornato dall'aldilà  per testimoniare a favore della giustizia o della misericordia di Dio. Lei che ne pensa? La sua esperienza di fede le permette di prendere una posizione? Quale volto di Dio ha conosciuto? Quello dell'amore o quello della giustizia? Forse tutt'e due?


 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017