Lettere al Direttore

Il rispetto del codice della strada non serve solo a evitare le multe, ma spesso, a garantire la nostra e l'altrui sicurezza. Trasgredirlo può essere di più che una semplice infrazione.
27 Agosto 2003 | di

La patente a punti e una nuova coscienza morale

L'introduzione della patente a punti non poteva avvenire in un modo più caotico e sconcertante. Non potevano pensarci prima agli inconvenienti provocati? C'è il rischio che tutto finisca nella solita buffonata all'italiana. E sarebbe un peccato, perché un maggiore rigore, maggiori controlli e relative punizioni sono assolutamente necessari per impedire che le strade continuino ad essere la giungla d'asfalto che sono, dove ognuno fa quello che vuole, senza pensare alle tragiche conseguenze che può avere un comportamento scorretto, soprattutto per evitare le stragi del sabato sera....
Marino Volponi - Latina

Noi speriamo di no. Ci auguriamo anzi che, con gli opportuni aggiustamenti che poi sono stati fatti, inasprendo in qualche modo i divieti,  essa consegua gli effetti che si propone, cioè indurre gli automobilisti con le cattive a fare quello che con le buone, cioè con gli avvertimenti e le campagne di persuasione, non si riesce a fare. La posta in gioco è troppo alta: tante vite umane cancellate dall'insipienza e dalla sregolatezza. È vero: si sarebbe potuto far meglio, certi svarioni elementari avrebbero potuto essere evitati. Però è anche vero che se si aspetta la legge perfetta, non si parte mai. Meglio essere partiti, dunque, e fare poi gli opportuni aggiustamenti, che attendere all'infinito. Anche perché, nel frattempo, gli incidenti e i morti sono visibilmente diminuiti. È ancora presto per tirare delle conclusioni definitive, però bisogna dire che la nuova normativa colpisce con durezza una fascia di infrazioni che molti consideravano minori, come cinture di sicurezza, semafori, eccesso di velocità , e ribadendo subito che non si tratta di provvedimenti estivi, o presi tanto per fare rumore. E gli automobilisti lo hanno capito. Le stragi del sabato sera invece non sono finora diminuite. Ma, si sa, i giovani riflettono meno alle conseguenze delle loro azioni...
Ci auguriamo che (anche per i giovani) la paura di vedersi ritirare la patente e dover rifare gli esami per riaverla serva a far rinsavire tanti italiani, mettendo loro in testa l'idea che il codice della strada non è un capriccio ma un mezzo per proteggere se stessi e gli altri.
Qualche anno fa siamo stati sbeffeggiati da qualche maitre à  penser, i Soloni del costume, perché avevamo prefigurato come colpa morale (peccato morale, scrivevamo provocatoriamente) talune trasgressioni del codice della strada che mettono a rischio la propria e l'altrui vita. Qualcuno ci ha irriso dicendo che Dio non è un vigile. Per carità : il nostro tempo ha perso la cognizione di ben altri peccati e, trovando già  troppi quelli che gli sono stati inculcati, ha già  provveduto da sé a sfoltire l'elenco. Morale fai-da-te.
Tuttavia, una domanda ci rimane nella strozza: è davvero irrilevante da un punto di vista morale mettersi al volante in stato di ebbrezza, azzardare sorpassi in tratti di strada non consentiti, in curve pericolose, procedere a velocità  folle, passare con il rosso, imboccare di proposito un senso vietato e altro ancora che pone certamente l'automobilista nelle condizioni fisiche di provocare una tragedia o la provoca di fatto? Di fronte a tante vite stroncate proprio da questi comportamenti inconsulti, tra l'altro sanzionati dalle leggi in modo alquanto blando, non è il caso di cominciare a dire forte e chiaro che il codice della strada non è un optional (e chi riesce a farla franca un eroe), ma un complesso di norme che si inserisce bene in quello spirito di amore e di rispetto per sé e per gli altri che è tipico del Vangelo.
Benvenuta, allora, la paura dei punti persi, ma mettiamoci accanto a un'educazione stradale ben fatta sin dai banchi della scuola, anche una coscienza morale per creare insieme una nuova concezione della mobilità .

Il dolore delle persone innocenti
Sono un abbonato al Messaggero di sant'Antonio e il mio rapporto con la rivista è di conoscenza e di confronto di idee ma anche di corrispondenza con lei, direttore, che ringrazio per le sue lettere. Ma adesso le chiedo: se esiste questo Dio, perché non si degna di fare qualcosa, non per me, ma per mia moglie che si sta consumando con una brutta malattia e per i miei figli piccoli che con la perdita della mamma soffriranno e saranno degli infelici....
S. R. - Padova

Sua moglie sta soffrendo a causa di una brutta malattia e lei afferma che l'ipotesi della morte sarebbe accettabile, meno, invece, le conseguenze che penalizzerebbero i figli. Sarebbe un inutile accanimento,un'aggravante che minaccia anche la sua fede. Penso di intuire il suo dolore e non mi meravigliano le perplessità  che lei nutre rispetto alla vita e al senso di questo tribolato passaggio nel mondo. Il dolore delle persone innocenti disarma i migliori propositi di chiunque. Gesù stesso ha avuto paura di perdersi di fronte alla prospettiva del dolore morale e della morte. Immaginando la tragicità  della sua passione ha provato a negoziare con Dio, chiedendogli di essere risparmiato, di non bere quel calice amaro (Luca 22,42). La sua preghiera non ha ottenuto la grazia richiesta. Non subito, almeno. Prima ha provato l'esperienza dell'abbandono. Si è sentito in balia di forze ostili, più potenti della sua resistenza e da quelle forze è stato sopraffatto.
L'esperienza esistenziale di Gesù è simile a quella di tante persone, di ogni tempo. Senza dubbio, avrà  sperimentato il senso del fallimento, la stessa sensazione che anche lei sta provando mentre pensa alla moglie, ai figli e alla propria vita. Perché Dio non si degna di fare qualcosa?.
Non lo so. Probabilmente non può intervenire a ogni nostra richiesta. Eccettuati pochi eventi miracolosi, egli rispetta il corso della natura, comprese le imperfezioni come la malattia e la morte. Tuttavia, questa forma di rispetto è a tempo determinato. A tre giorni dalla morte, Gesù è risuscitato. Dio si è ripreso il primato sulla storia e le sue leggi. La risurrezione ne è l'evidenza più rassicurante.
Comprendo l'amarezza che orienta i suoi pensieri. Forse non le giova credere in un Dio buono, ma non subito, potente, ma dopo la fine del mondo. Lei ha bisogno immediatamente di una prova d'amore. La moglie sta male, lei è lontano e i figli ne pagano le conseguenze: perché il Cielo non si piega, perché non salva gli innocenti?
Non sono l'avvocato del Padreterno e non ha bisogno della mia difesa. L'esperienza mi ha testimoniato più volte che, anche nella tragedia, la Provvidenza non manca. Nel buio assoluto ho visto brillare improbabili fiammelle, espressioni d'amore che hanno illuminato il non senso, la fatica di vivere. Indagando, ho scoperto che spesso è stato il Signore, il grande assente, a ispirare interventi provvidenziali. Parole di conforto o precisi gesti che hanno ridato speranza a chi procedeva col fiato corto e la prospettiva ancora più breve.

Chi nega lo sterminio degli ebrei

Caro direttore, non ho resistito a dire la mia, anche se non è mia abitudine  farlo, sulla Lettera del mese del numero di giugno 2003. Vergogna! È l'unica parola decente che mi viene in mente di dire al vostro lettore. Ne vorrei aggiungere ancora due o tre. Io non so usare i paroloni che usa il lettore, non ho letto il libro citato, anche se intendo farlo al più presto, e nemmeno sono un'esperta di storia contemporanea.
Sono solo una mamma che vorrebbe rendere il mondo più vivibile per le sue figlie, ma finché ci sono persone che la pensano come lui, credo sia molto difficile. Ho letto molti libri, testimonianze dirette, riguardo i campi di concentramento, perché volevo capire i motivi di tale barbarie, e credo che coloro che sono sopravvissuti siano stati solo fortunati. Ce li dovremmo tenere ben stretti, perché quando non ci saranno più, chi ci ricorderà  tali atrocità  e ci metterà  in guardia dal non commetterle più?
Non sono ebrea, non ho mai conosciuto ebrei, ma mi sento molto offesa dalle parole di quel lettore anche quando critica la Giornata della memoria che è un momento di profonda riflessione per tutti, ebrei e non.
Una lettrice di Verona

È giusto quello che pensiamo anche noi e, credo, la gran parte degli italiani. Tuttavia, quel lettore non è una mosca bianca. C'è in giro una certa voglia di rivedere il passato, non solo per liberare interpretazioni di fatti da rivestimenti ideologici per ridurli alla loro nuda verità , e cosa che va anche bene. Ma c'è chi va oltre, negando addirittura i fatti e vengono fuori quelle assurde letture della Shoà , lo sterminio degli ebrei, che ci ha sfornato il lettore.
Di recente abbiamo sentito anche altre sorprendenti voci. In un Convegno sul rapporto tra la destra e gli ebrei nel dopoguerra, organizzato per tentare di avvicinare la comunità  ebraica e il centrodestra al governo, il regista Pasquale Squittieri ha raggelato l'uditorio affermando che, in fondo, le leggi razziali di Mussolini del 1938 non hanno creato tutti i guai che si dicono: Se un ebreo era di nazionalità  italiana non veniva perseguitato, spazzando via in un solo colpo tutti i mea culpa pronunciati al riguardo dal leader di An, Gianfranco Fini. Il rabbino capo di Roma Riccardo di Segni e altri esponenti delle comunità  ebraiche presenti al convegno hanno dimostrato, pescando anche nella loro personale esperienza, l'esatto contrario. E lo stesso è successivamente intervenuto per ribadire che le leggi razziali sono ripugnanti e per ricordare a chi non vuole capire... che sul sanguinoso teatro del Novecento italiano ci sono misfatti sui quali nessuna revisione è possibile.
Questo per dire che aria ancora tira...

Quando la paura ti blocca
Oggi, a 28 anni, vivo una crisi veramente seria. Sono sempre stata, sin da bambina, molto introversa, fino agli eccessi. Mi sono chiusa nel mio guscio proteggendomi da ogni interferenza esterna. La ragione? Paura. Dicono che noi siamo il risultato della nostra infanzia, beh, se è così, io devo fare i conti con mio padre. L'unica eredità  che oggi mi lascia quell'uomo che vanta disonestamente questo titolo è solo rabbia e diffidenza nei confronti di tutto il genere maschile. I miei genitori, sebbene continuino a vivere insieme, sono di fatto separati....
Nadia

La tua autoanalisi non ha bisogno di integrazioni. Conosci la genesi della tua paura, le sai dare un nome, una paternità . Diffidi del genere maschile, sai anche perché. Insomma, il tuo senso logico ti permette di concatenare le cause e gli effetti, fino a spiegarti perché oggi sei quello che sei. Nella lettera ho letto un passaggio (non riferito) molto delicato. Hai provato ad autoconvincerti di bastare a te stessa, spendendo il meglio delle tue risorse per fare il bene altrui. Tradotto in altri termini, significa che, per guadagnarti il diritto a esistere, ti sei imposta di non chiedere niente a nessuno, anzi, dovresti riscattare la tua presenza pagando un pedaggio fatto di buoni servigi. Abnegazione e altruismo, questo è stato il binario nel quale hai incanalato la tua storia. Un binario sicuro, che acquieta l'angoscia di sentirti fuori posto, un disturbo per gli altri, in particolare per il papà .
Forse la mia interpretazione è un po' ardita, ma gli indizi che mi hai offerto non consentono grandi variazioni sul tema. Tuttavia, da questo schema hai deciso di uscire. Vuoi cambiare binario, costruendoti una nuova identità . Sai da dove vieni, ma la destinazione scritta nel biglietto originario non ti interessa più. Ne stai cercando un'altra. Vuoi andare altrove, inforcare il binario di una nuova vita.
Sei ben determinata, ma il passaggio da un convoglio all'altro ti spaventa. Hai la sensazione di non essere attrezzata per il salto. Una volta ancora la paura ti paralizza, toglie ossigeno ai muscoli e fiacca la volontà . Non so se per guarire dall'angoscia, dalle fobie o dal non senso sia sufficiente la comprensione intellettuale del problema. Basta la conoscenza per redimere il passato e salvarci da un futuro predeterminato? Credo di no. La tua genialità  ti lascia intravedere l'approdo, la persona che vorresti diventare. Ma chi ti accompagna nel passaggio?
A quale mano amica ti puoi aggrappare per compiere il balzo?
Nadia, ti parlo da uomo di Dio: affidati alla fede. Non ti sto parlando della religione, ma della fede, quella che tocca il profondo dell'animo, lì dove si decidono le grandi svolte esistenziali. Affidati a Dio, lasciati avvolgere dal suo amore.
Se ti senti amata da lui, tutto il resto è più accessibile, meno spaventoso. Se avverti il suo bene ti sentirai intimamente accettata, accolta dall'amore più alto.

Le radici cristiane dell'Europa

Le scrivo perché sono sconcertato e indignato per quanto hanno fatto i governanti dell'Unione europea, che hanno recentemente eliminato dalla bozza di Costituzione europea qualunque riferimento alle radici cristiane del nostro continente. Dobbiamo rassegnarci?.
Giuliano Artico

Il rammarico è anche nostro. Nel numero della rivista di giugno abbiamo invitato il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, a esprimere la sua opinione al riguardo. Dopo aver sottolineato come i valori cristiani cui il Papa si appella siano veramente fondamentali per costruire e conservare l'unità  del nostro continente, non solo per il nostro passato ma anche per il nostro futuro, Prodi sosteneva che l'inserimento nella futura Costituzione dell'Ue di un riferimento alle radici cristiane europee, nell'ottica di apertura e tolleranza che l'Europa fa propria, può rappresentare un passaggio molto importante nell'identificazione dei valori fondanti della costruzione politica europea.
Quell'inserimento, di fatto, non è avvenuto. Al suo posto c'è stato un riferimento vago ai retaggi culturali, religiosi e umanistici di cui l'Europa si nutre. Vago perché buono per qualsiasi altro posto, anche dove del cristianesimo non ci sono tracce. Lo stesso presidente della Convenzione, Valery Giscard d'Estaing, a giugno, alla presentazione della Bozza finale ha ammesso l'impossibilità  di trovare una mediazione tra chi vuole un riferimento a Dio nell'Euro-costituzione e chi vi si oppone invocando la laicità  delle istituzioni, ma sono solo quattro i Paesi europei che vogliono il riferimento esplicito.
Sul tema è intervenuto nuovamente il Papa, lo scorso luglio, da Castelgandolfo, ribadendo l'importanza di citare le radici cristiane nella Carta dell'Unione, perché senza Dio l'Europa rischia di smarrirsi: A un certo smarrimento della memoria cristiana si accompagna una sorta di paura verso il futuro mentre relativismo e utilitarismo erodono il fondamento della culla dei diritti umani.
Il vicepremier Gianfranco Fini ha promesso l'intervento del governo italiano per modificare quel preambolo in occasione della Conferenza intergovernativa, ma pro bono pacis, per non rovinare gli equilibri raggiunti, credo che la richiesta di una più esplicita formulazione non troverà  la necessaria maggioranza.
In ogni caso, se l'accenno alle radici cristiane è un passaggio molto importante nell'identificazione dei valori fondanti della costruzione politica, lo sono anche i comportamenti conseguenti, sia dei vertici sia dei cittadini. Perché non basta enunciare principi, occorre viverli. L'Europa non è cristiana perché viene così definita nella Costituzione, ma perché i suoi cittadini, dal vertice alla base, vivono e operano da cristiani.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017