Lettere al Direttore

Il presidente della Camera, Pierferdinando Casini, durante una recente visita al campo di sterminio di Auschwitz, metteva in guardia contro un risorgente antisemitismo. È proprio il caso…
01 Giugno 2003 | di

Lettera del mese

La Shoà  una colossale bugia? Vergognoso solo pensarlo

«Mi è capitato di leggere, sul numero di Gennaio 2003, pagg.18-19-20, la recensione del libro di una tale Geneviève De Gaulle Anthonioz, La traversata nella notte. Questa signora, recentemente scomparsa, deve aver avuto una fertile fantasia, per aver infarcito il suo libro di elementi fantastici totalmente inventati.
«Sono un appassionato di storia contemporanea, della seconda guerra mondiale, anzitutto. A mio modesto parere, la celebrazione della Giornata della memoria, si sta trasformando in qualcosa che è ben lontana dalle intenzioni dei suoi promotori (ebrei), quando gli argomenti trattati travalicavano la credibilità . Come, giustappunto, appare evidente dalla foto, in cui si vedono chiarissimamente gli internati, per nulla emaciati, e dal viso sorridente. Nel `€œcampo di sterminio`€, la signora non è stata sterminata. E nemmeno `€œi sopravvissuti`€. Atteniamoci, se non ai fatti, all`€™eloquenza delle foto! Reverendo Padre, trovo esiziale per la nostra religione, l`€™aver assolto gli ebrei dall`€™accusa di deicidio. Per me, `€œil suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli`€ resta valido. Ora essi (gli ebrei) stanno commettendo in Palestina le atrocità  più nefande, senza che il mondo cattolico osi protestare. Nemmeno il `€œMessaggero di sant`€™Antonio`€!
«E per quanto riguarda la Giornata della memoria, assai ci sarebbe da parlarne, se le legislazioni di Germania, Francia, Svizzera e Austria non avessero blindato il Dogma e reso inaccessibili gli archivi! Tutto un mondo, costruito sulla menzogna, crollerebbe, si affloscerebbe come un castello di carte».
Lettera firmata

Non le nascondo il mio dissenso rispetto alle tesi che sostiene. Dice di essere un «appassionato di storia contemporanea, della seconda guerra mondiale, anzitutto». Per questa sua competenza si sente autorizzato a sospettare della veridicità  del «genocidio ebraico o delle crudeltà  inenarrabili» di cui trattano gli storici «conformisti». Una scuola di pensiero, nella quale si riconosce, che tende a riabilitare il «mostro sterminazionista», purificato dal lavacro del revisionismo storico. Tra l`€™altro, lei allinea il «Messaggero di sant`€™Antonio» a coloro che affermano la storicità  della Shoà , senza «una singola prova». Tra parentesi: quella «certa signora» è la nipote del generale Charles De Gaulle, conosciutissima in Francia e quanto alla foto dei deportati sopravvissuti, abbiamo scelto la meno drammatica tra centinaia di altre ben più atroci: corpi scheletriti e mucchi di cadaveri. Ma torniamo alle sue tesi. Io non ho forse tutte le conoscenze storiche che lei vanta ma, da uomo anche di lettere, ho trovato il coraggio di leggere Se questo è un uomo di Primo Levi, alcuni testi di Viktor Frankl e altri libri che reputo «credibili». Non sono documenti ufficiali, di quelli che imbrattano gli archivi di Stato, tuttavia, le concordanze che vi ho notato mi hanno convinto che i lager non fossero villaggi turistici, per ebrei meno abbienti. Le testimonianze, che lei nega, insegnano che moltissimi non sono tornati da quella «vacanza».
Tra le sue parole ho letto anche una critica al «Messaggero». Ci annovera tra coloro che non «protestano» di fronte alle «atrocità  nefande che gli ebrei commettono in Palestina». Forse non conosco bene la storia del `€™900. Molto meglio, invece, quella della nostra rivista. La invito a rileggersi qualche articolo di Igor Man, pubblicato nel 2002 oppure la «Lettera del mese» apparsa sul numero di aprile dello stesso anno. Il nostro giornale non è indifferente ai soprusi di chiunque, sia dei nazisti, sia degli israeliani, come pure degli attacchi proditori dei palestinesi contro civili israeliani.
Il Vangelo ci consente questa distanza critica e, mi auguro, una certa equidistanza rispetto alle ingiustizie della storia.

In azienda come macchine da soldi

«Sono molto indaffarata tra lavoro e studio e devo dire che, a volte, avrei la tentazione di lasciar perdere tutto. Mi sento sempre più stanca e svuotata. Confido sempre nella bontà  di Nostro Signore, che mi sostiene in ogni occasione dandomene continuamente prova.
«Mi sento, però, un po`€™ `€œdisonesta`€ nei confronti dell`€™azienda per cui ora sto lavorando, ma se devo dire davvero le cose come stanno, a loro non interessa nulla di me come persona, loro vogliono solo che io fatturi fatturi fatturi tanti soldi e basta!!! Come posso allora stare bene in un ambiente così malsano?»
Lettera firmata

Vivi in un ambiente di lavoro dove la persona vale se e quanto riesce a «fatturare», dove la produttività  è il parametro assoluto per valutare e qualificare chi lavora. Una logica, espressione tipica del mercato, che mal si concilia col tuo animo, con le tue convinzioni «umanistiche», con l`€™approccio romantico alla realtà  e anche con la tua professione futura di «medico del lavoro» alla quale ti stai preparando. E commenti amareggiata: «non vi è alcuna compatibilità ».
La tua stessa speranza di svolgere il tirocinio col relatore della tua tesi s`€™infrange contro un realismo che non lascia scampo. Tuttavia, ti sei promessa di non demordere, di giocare tutte le tue carte e, se la sorte non sarà  accogliente, te ne farai una ragione, orientando le tue energie altrove. Il tutto con dignità  e orgoglio.
Hai già  compreso come la vita sia un crogiolo nel quale si amalgamano gli ideali e le possibilità  vere di realizzarli. Le ambizioni si impastano con l`€™opposizione degli altri e quel che ne deriva è diverso da quel che ti aspetti. Ma è importante perché definisce la tua storia, la mediazione tra il volere e il potere.
Sei già  abbastanza adulta da intuire che i sogni sono necessari, ma che la vita non è un sogno. Per realizzarsi occorre applicare «l`€™arte del possibile» ovvero la capacità  di stare nel mondo senza esserne sudditi, asserviti alle sue ragioni di basso profilo morale. È un equilibrismo al quale la vita ti chiamerà  spesso, in virtù della tua sensibilità  e dei valori che ti definiscono. Le nobili idee non ti esimono dalla fatica di mediarle con quelle degli altri. Anche quando pagherai per ciò che ritieni superiore o giusto, dovrai, comunque, abitare questo mondo, vivere accanto al diverso.
Perciò, fedele a te stessa, t`€™invito ad affinare l`€™abilità  del dialogo, della pazienza, della compassione: sono alcune delle virtù che Gesù stesso ha praticato negli anni della vita terrena. Incarnandosi, ha mondanizzato gli ideali assoluti, facendoli incontrare con le resistenze dell`€™umanità . Ha provato a conciliare l`€™Amore, la Fedeltà , la Trascendenza con l`€™opacità  che appartiene a ciascuno di noi.

Un boicottaggio può fermare una guerra?

«Ho letto sul numero di aprile 2003 la lettera di Mario Alessandrini (Roma) dal titolo `€œLa Esso rifornisce le truppe Usa`€, nella quale si invita a boicottare l`€™acquisto di questa benzina. Anche se la sua risposta è condivisibile, mi sorge questa domanda: e gli altri fornitori di benzina non sono forse società  a grande maggioranza americana o inglese? ».
Lettera firmata

«Sono uno studente laureando in economia. Personalmente ritengo che, per quanto è a mia conoscenza, il boicottaggio ai prodotti Esso non fa che danneggiare i distributori finali, i quali, al termine della fiera, sono i meno tutelati da questa forma di `€œprotesta`€.
«Ricordiamoci che è ingiusto colpire mortalmente famiglie che lavorano onestamente in un lavoro già  di per sé poco edificante, senza contare, poi, che non ci sono Compagnie petrolifere buone o cattive, ma l`€™essere rapaci è una loro caratteristica comune».
Andrea

Fortuna che la guerra (quella contro l`€™Iraq, perché altre continuano ignorate) è finita e la storia del boicottaggio che allora infervorava gli animi non è più tanto sentita. Ma i problemi restano, sollevati da molti lettori: il boicottaggio serve a fermare le guerre o solo a danneggiare gli ultimi anelli della catena, incolpevoli di un sistema che neppure conoscono? Sono interrogativi seri, che derivano da problemi veri. Non riesco neppure a immaginare quale forma di boicottaggio, e rivolto a chi, avrebbe potuto arrestare la macchina bellica messa in moto da americani e inglesi. In questi casi, il boicottaggio ha solo valore di simbolo, è un modo come un altro per dire che non si è d`€™accordo. In altre situazioni meno complicate ha funzionato. Comunque, si tratta di libere scelte che devono, ovviamente, tenere conto anche degli eventuali danneggiati incolpevoli. Ma anche negli scioperi chi paga di più magari è proprio chi non c`€™entra. E allora?

Ma il Signore esiste davvero?

«La figlia di mia cognata, che ha ventotto anni, è inferma dalla nascita. La sofferenza è anche di tutti noi. Le faccio una domanda: ma il Signore esiste o no? Le premetto che io non credo più a niente, perché pure io dalla nascita fino a questo momento ho sempre sofferto. E se esiste, chi aiuta, i più delinquenti in questa terra? Vorrei dirle ancora tante cose, ma non riesco più a continuare».
Flora

La cognata e la figlia stanno soffrendo terribilmente da molti anni. Lei stessa ha «sofferto sin dalla nascita» e, mettendo insieme le due situazioni, le cresce il sospetto che Dio non esista, oppure sia insensibile e sordo ai richiami delle persone.
Credo di intuire il suo disagio. I suoi sentimenti sono profondamente feriti dalla storia, da un vissuto rivelatosi ostile ai desideri, alla speranza di essere felice. Una speranza che appartiene a tutti, ma che per lei mai si è tradotta in sia pur parziale realtà .
Le sue parole sono pungenti come il dolore che le ispira. Delusa dalla vita, concentra la sua mira sul bersaglio grosso: su Dio. Egli è il destinatario della sua rabbia. Lo percepisce come un osservatore freddo, distaccato dai drammi che si consumano nei corpi e nelle anime degli umani. Non sa che farsene di un Dio assente!
La sua rivolta non esprime un dubbio di fede, ma la certezza di essere una donna vera, capace di sognare e di arrabbiarsi, di volere il bene e non sopportarne la negazione. Il suo sfogo è legittimo e nessuno lo può contestare. Muove da un animo in pena e nessuno ha il diritto di smorzarne la veemenza, tentando di difendere Dio ad ogni costo.
La sua rabbia è autentica, tuttavia, non l`€™ho letta come un grido di disperazione. Al contrario, mi è sembrata un`€™invocazione al Cielo, un appello, un modo deciso per chiedere la forza di continuare, di andare avanti in «questa valle di lacrime».
Lei afferma di «non credere più a niente» ed è una dichiarazione che rispetto, però non mi convince. Da quello che scrive traspare una fede agonizzante, ma viva, dubbiosa, non archiviata. Forse ha cercato risposte alternative per sostenere la sua croce, senza trovare il conforto atteso. Si è allontanata da Dio, ha provato a farcela da sola. In cuor suo, però, sa che solo chi ha portato quella stessa croce le può dare la forza per reggere la propria.
Forse la sua preghiera ha l`€™intonazione della rabbia o è completamente muta. Non si preoccupi: prego io per lei. L`€™affido a Dio. Gli chiedo di starle accanto, di sostenere il suo coraggio e le forze residue, affinché riesca a dare un senso a una vita che le sembra assurda e infelice. La stessa preghiera la rivolgo al Cielo per la cognata e la figlia.

Per sant`€™Antonio un amore quasi segreto

«Attraverso questa lettera voglio anch`€™io confidarvi (come tante altre persone avranno già  fatto), il modo in cui ho incontrato sant`€™Antonio.
«Non ha importanza se questa mia lettera verrà  pubblicata, quello che più m`€™importa e di far sapere, a tutti coloro che vorranno leggerla, che sant`€™Antonio non sempre si manifesta all`€™umanità  ormai adulta assalita da angosce, paure, disperazioni e tanti altri problemi materiali o spirituali che siano, con cui, purtroppo, dobbiamo convivere.
«No, non così è successo a me che a 13 anni senza un motivo particolare sono diventata amica di questo Santo.
«Nella chiesa del mio paese (un piccolo paese collinare a 30 chilometri da Bergamo) c`€™è un piccolissimo altare con una statua di sant`€™Antonio, alta circa 50 centimetri. Ogni volta che entravo in chiesa per la messa o per il catechismo notavo questo altare così spoglio, abbandonato e freddo, privo di fiori e di qualsiasi altra cosa che lo rendesse uguale agli altri altari ben tenuti, illuminati e con fiori di ogni genere. Quando lo guardavo, avevo la sensazione che quella statua avesse uno sguardo triste e che mi chiedesse un po`€™ d`€™attenzione e di cura anche per lei.
«Non mi feci più impressionare, chiesi alla suora che curava gli altari se quello di sant`€™Antonio poteva essermi affidato. Subito mi disse di sì. Ero felicissima! Ero consapevole di assumermi un impegno un po`€™ faticoso data la mia età  (13 anni), ma mi sentivo pienamente appagata da questa mia scelta, più ottimista e fiduciosa per i miei progetti di adolescente, perché lo sguardo di quella statua non era più triste ma pareva sorridesse e ciò mi aiutò molto.
«Da quel giorno due, tre volte la settimana mi reco in chiesa, porto dei fiori, accendo delle candele, prego e ringrazio sant`€™Antonio per me e gli altri, confido le mie preoccupazioni e aspettative, a volte mi sfogo piangendo come di solito si fa con una persona amica, ed esco col sorriso, più forte e decisa.
«Nessuno sa di questo mio segreto, neppure il mio fidanzato che sta per sposarmi! Mi reco in chiesa fuori dall`€™orario delle funzioni, così so che nessuno mi può vedere.
«Fino a 20 anni ho studiato, ma le `€œmance`€ che ricevevo dalla nonna e dalla zia le usavo per prendere i fiori al `€œmio sant`€™Antonio`€. Devo riconoscerlo e ringraziarlo immensamente per avermi aiutato a usare sapientemente le mie capacità  intellettive, a rendermi disponibile per coloro che hanno bisogno e che mi stanno accanto, di avermi fatto incontrare il mio ragazzo, un giovane buono e amorevole verso me e gli altri e con buone basi cristiane, e di avermi aiutata tutte le volte che sono corsa da Lui piangendo e supplicando aiuto.
«Spero, un giorno, di avere un figlio per poterlo chiamare Antonio, tanto sono legata a questo santo.
«Il volto umano e spirituale di quella statua sono il mio `€œdiario segreto`€ da normale 23enne, con un buon lavoro, un ragazzo, una famiglia invadente (se no che famiglia sarebbe?) e un`€™ottima salute.
«In sant`€™Antonio ho confidato, creduto, sperato e sono sempre stata ascoltata ed esaudita, così farò per il resto della mia vita, anche una volta sposata, quando non dovrò pensare solo a me stessa e gli impegni saranno maggiori di adesso.
«In questo momento chiedo a voi di pregare per tutti i giovani del mondo, perché non gli debba per forza capitare qualcosa di spiacevole per incontrare l`€™amore e la disponibilità  di Dio e dei suoi Santi».

Enrica - Bergamo

Grazie di questa bella e fresca testimonianza che ci ha dato, di devozione verso un santo che dovrebbe piacere ai giovani, per la radicalità  con cui visse e testimoniò il Vangelo.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017