Lettere al Direttore

02 Marzo 2003 | di

Lettera del mese

Parlando di politica, con la P maiuscola

Lo suggeriva Giovanni Bollea, un grande maestro della psicologia, come antidoto contro la disgregazione delle famiglie.

«Abitando nei pressi di Leno, dove è stata assassinata Desirée, sono davvero sconvolta. Ho anch`€™io una figlia adolescente e ora ogni volta che esce di casa mi prende il panico. Quando io stessa incontro per strada dei ragazzi che non conosco, soprattutto se di sera, mi tremano le gambe. Ma come è possibile che possano succedere cose così spaventose? Dipende dai giovani che, soddisfatti di tutto, passano alle cose atroci per vincere la noia, il vuoto? Dipende dalle famiglie, che si occupano di tante cose: di lavorare tanto per avere una bella casa, una bella macchina, tanti soldi per potersi divertire... e pensano poco ai figli e alla loro educazione? Dipende da questo o da altro ancora? Certo, qualcosa non va: che cosa bisogna fare per aggiustare un po`€™ le cose?».
Mariolina C. - Brescia

Giovanni Bollea, un grande maestro della psicologia, ha fornito due ricette contro la disgregazione delle famiglie: 1) che genitori e figli mangino insieme almeno una volta al giorno e 2) che durante quel pasto si parli di politica. Bollea spiega: «Non dobbiamo permettere che la convivenza familiare si trasformi in un contatto superficiale fra persone che si vedono raramente, non si parlano mai se non per chiedere qualche cosa e, un po`€™ alla volta, perdono ogni contatto profondo fra loro. Quando questo avviene, i genitori guardano ai figli come a persone delle quali si deve comprare l`€™affetto con soldi e con cose, ma anche li considerano egoisti e, almeno un po`€™, lazzaroni; e i figli guardano ai genitori come a persone noiose e anche un po`€™ incomprensibili nelle loro pretese e nella loro smania di lavorare».
Quanto alla politica, non è che Bollea voglia che a tavola si discuta di Berlusconi o di D`€™Alema; egli pensa alla «politica» nel senso alto della parola, cioè agli ideali che ci guidano. I genitori, insomma, invece di fare prediche (come qualche volta gli capita) dovrebbero scambiare informazioni con i figli, commentando ciò che accade, alla luce di ciò in cui credono e sollecitando i figli a esprimere il loro pensiero. Non bisogna avere paura di qualche discussione troppo animata. Le case in cui si compiono terribili fatti di sangue sono, quasi sempre, case silenziose, dalle quali non viene mai il rumore di un litigio o di una festa.
Alle ricette di Bollea mi permetto di aggiungerne una, ed è quella di non rimanere con le porte di casa rinserrate, per paura, per egoismo, per quieto vivere. I figli (ma anche noi!) hanno (abbiamo) bisogno di avere un ambiente, il che vuol dire relazioni non superficiali, legami di parentela custoditi con calore, amicizie coltivate. Un impegno nel volontariato, una casa ospitale, una parrocchia non considerata soltanto come luogo per la messa domenicale, ma anche come centrale di iniziative religiose e sociali, una scuola partecipata, tutto questo è la migliore risposta alla «ideologia del branco» in cui maturano i peggiori istinti, facendo leva sulla noia dei giovani, sul loro sfasamento e, persino, sul loro bisogno di affetti... I giovani, stimolati in modo adeguato, diventano straordinari. E non solo perché sanno accorrere in massa quando il Papa li convoca per quei grandi appuntamenti che ogni volta suscitano meraviglia, ma nella vita di tutti i giorni, nei diversi settori in cui si impegnano, al servizio degli anziani, dei poveri, degli handicappati, degli ultimi o nel tenere vivi alcuni ideali come la pace, la condivisione. Certo, per poter essere sempre sulla breccia, hanno bisogno di esempi concreti, del nostro esempio, della nostra vicinanza, sul dialogo e sul confronto sui grandi temi, appunto della vita e della politica`€¦  
Infine, mi lasci dire che una preghiera quotidiana, la lettura  di una pagina di Vangelo potranno sostenere il nostro coraggio nei momenti difficili.

Quando si ha in casa un malato di mente

«La mia famiglia convive da anni con la malattia mentale. Mia sorella si è ammalata nel 1987. Nel 1978 la legge 180 aveva chiuso i manicomi e la logica manicomiale (`€œla libertà  è terapeutica`€). Eravamo fiduciosi. In tutti questi anni la mia famiglia ha dovuto affrontare problemi psicologici, economici ed etici ai confini della realtà . Suicidati dalla società , assistiamo impotenti un malato che rifiuta le cure e con il tempo si cronicizza e assomiglia al `€œmatto`€ del manicomio.
«Ma com`€™è possibile, se i manicomi sono chiusi?... E le meraviglie del Progetto Obiettivo?... Sono solo per quelli che `€œliberamente`€ scelgono di curarsi? Sappiamo molto bene, noi familiari, quanto il malato sia `€œprigioniero`€ della sua malattia e rifiuti le cure. Abbiamo consentito per anni che la nostra famiglia, e con noi tante altre, diventassero mini-manicomi, ma non possiamo accettare che i nostri figli finiscano per strada, soli e `€œviolentati`€. Tanti fratelli e sorelle si uniscono al mondo dei nuovi barboni. Anche questa libertà  è terapeutica? L`€™ultimo Rapporto sulla salute mentale dell`€™Oms (Organizzazione mondiale della sanità ) sottolinea il diritto a ricevere cure farmacologiche e terapie psicosociali. Chiediamo solo di poter curare, al passo dei progressi delle neuroscienze, i nostri familiari. La famiglia, nonostante tutti i luoghi comuni e il tentativo di colpevolizzarla, è stata in questi anni un `€œluogo`€ d`€™affetto dove il curare e il prendersi cura del malato non sono semplici frasi. E dopo di noi?
«No al manicomio, No all`€™abbandono, Sì alle cure, Più aiuti alle famiglie!!
Marina Bertolino, responsabile dell`€™Associazione per la riforma dell`€™assistenza psichiatrica di Catania

Quei due «no» e quei due «sì» che immaginiamo gridati con la forza e l`€™angoscia di chi sta vivendo sulla propria pelle il peso di una malattia mentale, hanno tutta la nostra approvazione. No al manicomio e all`€™abbandono e sì alle cure a agli aiuti alle famiglie: è quello che una politica sociale davvero sensibile e rispettosa delle persone dovrebbe perseguire, al di là  di ogni preconcetto ideologico. La nostra costante attenzione agli ultimi ci ha portato ad occuparci più volte del problema della malattia mentale e dei suoi riflessi nelle famiglie, raccogliendo, ogni volta, testimonianze drammatiche e appelli accorati. Lo faremo ancora, sperando di contribuire alla soluzione di questo dolente problema.

A proposito di Almanacco e altri cambiamenti

«Mia figlia, da qualche tempo, mi ha abbonata al `€œMessaggero`€ che in principio ho avvicinato con diffidenza, pensando fosse melenso e poco interessante, ma quale fu la mia sorpresa nello scoprire che non solo era un mensile moderno e ben fatto, che trattava argomenti svariati, ma si valeva pure di ottime firme vedi Igor Man e Fulvio Scaparro. Naturalmente, la figura centrale era sempre sant`€™Antonio, il Santo per eccellenza! Nel sommario compariva `€œAlmanacco`€ diviso in varie sezioni: curarsi con le erbe, i consigli della nonna, la vita in versi, pillole di spirito, il santo patrono. Che bei consigli! Quanta sapienza francescana. Nel mese di gennaio 2003 `€œAlmanacco`€ è sparito. Io in sincerità  dico che il `€œMessaggero`€ con il suo `€œAlmanacco`€ mi piaceva di più, spero di ritrovarlo presto`€¦».
Maria G. - Cuneo

La scomparsa di «Almanacco» dalla rivista è coincisa, come avrà  notato, con una rivisitazione grafica ed editoriale della rivista che ha comportato anche la soppressione di alcune rubriche e la sostituzione di collaboratori presenti da anni (come i coniugi Mina, ai quali va il nostro più vivo ringraziamento), ma solo per dare spazio a settori di interesse nuovi e ad altre voci. Nel mondo della carta stampata i cambiamenti, come anche i «ritorni», sono abbastanza frequenti. Quindi non è detto che anche «Almanacco»`€¦ non possa ritornare se altri, oltre a lei, lo richiederanno.

L`€™handicap non è una punizione divina

«Sono un ragazzo disabile con disturbi di udito e di linguaggio e problemi motori. Tutto ciò a causa di un errore fatto dall`€™ostetrico al momento della mia nascita Sono, però, autonomo, autosufficiente, grazie ai miei genitori che mi hanno portato dai migliori medici. Però adesso i miei genitori mi stanno sempre addosso, `€œnon fare questo`€, `€œnon fare quest`€™altro`€, `€œnon ti allontanare con l`€™auto`€.
«Sono sempre arrabbiato e di cattivo umore perché non riesco a capire che cosa ho fatto di male per trovarmi con questo handicap. Sto sempre in casa, non ho amici, ho provato a inserirmi in un`€™associazione cattolica, ma, uno alla volta, tutti i ragazzi mi hanno abbandonato.
«Sono diplomato e ho due qualifiche regionali nel campo dell`€™informatica, ma da dodici anni niente lavoro, la società  mi offre solo umiliazione e rabbia.
«Io amo e prego Dio ma perché Dio mi ha punito mentre non punisce tanti delinquenti? Io non avevo peccati quando sono venuto al mondo».
Anonimo - Napoli

Caro amico, per prima cosa devi liberarti dall`€™idea che il tuo handicap sia mandato da Dio per punirti di qualche peccato, tuo o dei tuoi genitori. Dio non punisce, mai, a questo modo. Se apri il Vangelo, troverai che un giorno Gesù passava davanti a un mendicante, cieco dalla nascita «e i suoi discepoli gli domandarono: `€œMaestro, chi ha peccato? Lui o i suoi genitori, perché nascesse cieco? Rispose Gesù: `€œNé lui né i suoi genitori`€». Di certe disgrazie comprenderemo il senso soltanto un giorno, nella luce di Dio, ma nella grandissima maggioranza dei casi ne sono responsabili gli uomini; tu stesso, del resto, sai che vi sono stati degli errori gravi durante la tua nascita, errori di uomini, più o meno colpevoli. Di questi errori la società  dovrebbe risarcirti con maggiori aiuti: la condizione degli handicappati in una società  ricca come la nostra, è una vergogna.
La tua situazione è davvero penosa, ma mi par di capire che tu la peggiori con il tuo atteggiamento rabbioso che, oltretutto, ti rende sgradevole agli altri. I tuoi genitori hanno fatto di tutto per renderti autonomo e certamente tu ti sei impegnato con loro. Insieme avete trasformato il povero bambino ferito in un adulto autosufficiente. Devi continuare questo impegno, senza permettere che la tua rabbia ti tenga chiuso in una specie di prigione. So che è difficile, ma devi, con coraggio e testardaggine, ampliare le tue possibilità . Per esempio: sei aiutato da qualche fisioterapista, da qualche psicologo? Meglio spendere i soldi in questo che per girare in automobile. Ancora: la tua lettera mostra che tu possiedi una grande intelligenza, ma il tuo uso dell`€™italiano non ne è all`€™altezza. Perché non studiare un po`€™?
Su, facci vedere di che cosa sei capace: credo che dopo la pubblicazione della tua lettera siamo in molti a fare il tifo (e a pregare) per te. Dacci ancora tue notizie.

Una risposta razionale nella collera?

«Sinceramente ho cercato in tutti i modi di far capire a mia moglie che volevo costruire un rapporto definitivamente solido e basato sul rispetto reciproco, sull`€™affetto, sulla condivisione unitaria e benedetta della Vita, ma la risposta è stata una graffiante gelata di parole d`€™odio, fino a darmi del `€œfiglio di p`€¦`€, al che non ci ho visto più e ho risposto, a ragion veduta, in maniera molto precisa e coerente con la realtà ».
Lorenzo B.

Ho isolato questa frase dal contesto della sua lunga lettera per mostrarle quanto sia paradossale affermare di avere dato, «a ragion veduta», una risposta «precisa, coerente con la realtà » dopo «non averci visto più», per la collera o l`€™indignazione. «Non vedendoci più» si brancola nel buio della ragione e si compiono soltanto atti vergognosi.
Lei dichiara di essere pieno di pietà  religiosa e di buoni sentimenti. Ebbene, lasci che le dica che in una situazione qual è quella che lei mi ha prospettato, i buoni sentimenti non bastano e non basta neppure la preghiera, pur così necessaria. Lei soffre e ammette che anche sua moglie soffre. Lei avrebbe voluto che sua moglie si curasse e ora sua moglie chiede che sia lei a curarsi. Mi sembra una buona idea: esistono luoghi e persone (consultori, psicologi) in cui si possono avviare terapie di coppia o di famiglia. Le raccomando caldamente di fare questo tentativo: potreste ritrovare in voi sentimenti che credevate per sempre svaniti e capacità  di ricostruzione del vostro rapporto. Infine, se anche questo sforzo dovesse fallire, servirebbe almeno a limitare il dolore che, certamente senza volerlo, state infliggendo alle vostre bambine.

Non ho ancora trovato il mio ragazzo

«Non ho ancora trovato un ragazzo di cui io mi sia innamorata, il quale sia innamorato di me e che la pensi come me in fatto di Dio e di religione. Non so perché non trovo il ragazzo giusto: proprio perché ho poca fede o perché magari il mio destino non è di metter su famiglia, ma di rendere meno triste quella che ho adesso».
E. G.

Mi hai scritto una lunga lettera, dalla quale traspaiono soprattutto tre cose: la prima, che sei molto giovane e, quindi, necessariamente un po`€™ confusa; la seconda, che hai una grande fretta di avere anche tu un «moroso», come lo chiami; la terza, che tutto ti sembra triste, anche la famiglia in cui vivi, perché non è ancora arrivato il tuo «lui». Il «moroso», però, non può essere un optional da mostrare alle amiche, dicendo: «Vedi che ce l`€™ho anch`€™io»: è l`€™inizio di una storia a due che, in una ragazza fresca e pulita come te, ha anche il requisito della fede. Allora, il mio consiglio è di non avere fretta perché certe cose accadono al momento giusto; e di andare a trovare il tuo ragazzo là  dove si vivono i tuoi concetti di Dio e di religione: nelle attività  della parrocchia, nel mondo del volontariato etc`€¦ Intanto, regala un sorriso, ogni giorno, alla tua famiglia: vedrai come diventerà  meno triste!

Per saperne di più di don Zeno

«Sono un giovane impegnato in parrocchia. Ho sentito, di recente, parlare di don Zeno Saltini, il fondatore di Nomadelfia e mi è piaciuto tantissimo. Potreste suggerirmi un libro o qualcos`€™altro per conoscere meglio lui e la sua opera?».
Antonio Signorini - Perugia

In effetti, don Zeno sul versante dell`€™impegno totale agli altri è una delle figure pirù significative dello scorso secolo. Se vuoi conoscerlo meglio, puoi leggere, di Mario Sgarbossa, Don Zeno`€¦ e poi venne il sogno, edito da «Città  nuova». O, per approfondire ancor di più, leggi i suoi stessi scritti che le edizioni «Nomadelfia» hanno pubblicato in questi giorni in un solo cofanetto: dodici libri per un`€™avventura umana straordinaria. Qui don Zeno lo trovi tutto: il personaggio, la sua visione della vita, il suo impegno, la sua fatica nel restare sempre fedele a se stesso, agli altri, a Dio e alla Chiesa. Se vuoi conoscere meglio, invece,  Nomadelfia oggi, visita il sito : www.nomadelfia.it

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017