Lettere al direttore

03 Dicembre 2001 | di

L`€™ecologia che parte da dentro`€¦

«Esco di casa, l`€™altro giorno. Domenica ecologica, annunciata con lo slogan "Puliamo il mondo". L`€™occhio si ferma su una busta di spazzatura, gettata senza pudore sopra un`€™aiuola spartitraffico. A pochi metri dal cassonetto. Ho avvertito quel misto di stupore e di amarezza che si prova di fronte all`€™audace profanazione di un valore. Un valore oggi molto rinforzato. Il rispetto dell`€™ambiente.

«Mi sono chiesto cosa può spingere una persona a un comportamento simile. Ho argomentato per ipotesi. Primo. La regressione a un comportamento infantile, basato sul calcolo premio-castigo. Nessuno mi vede`€¦ Secondo. Una sfida al sistema. Esprimere, con un gesto trasgressivo, il rifiuto delle norme codificate, espressione del mondo degli adulti, rimarcando la propria l`€™appartenenza a un "gruppo altro" (aut-group), quello giovanile, ad esempio. Terzo. L`€™affermazione di un super-valore: quello di essere al di sopra delle norme e di farla franca. Quarto. Lanciare agli altri, assieme ad una busta di spazzatura, un segnale di disagio esistenziale, un sentimento d`€™insignificanza della realtà . Oppure`€¦

«Ho riflettuto che tutti, quando non siamo in pace con noi stessi, tendiamo a scaricare disagio sugli altri. La carenza di senso unitario dell`€™esperienza, facilmente si trasforma in aggressività  trasferita su cose e persone. Sui simboli della società  organizzata: cabine telefoniche, cassonetti, strade, verde pubblico. Allora, più le cose sono belle, pulite, ordinate, più si ha voglia di sfigurarle e distruggerle. In ogni modo. Con violenze sessuali su bambini indifesi. Con linguaggi mediatici deturpanti`€¦

«L`€™ecologia, ho riflettuto, anche quando viene proposta dall`€™esterno, com`€™è giusto, in realtà  parte sempre dall`€™interno. Da uno sforzo di armonizzazione. Dall`€™accettazione di se stessi e dall`€™impegno a rispettare gli altri. Cosa non sempre facile. Specie in certe età  e situazioni.

«Mi sono chiesto, a questo punto, se non stessi, per caso, proiettando sulla realtà  schemi pessimistici, alimentati dalla cronaca negativa di questi ultimi mesi. Scene di guerriglia urbana che nulla hanno a che vedere con il pacifismo. Personaggi emblematici che rinnegano, in età  avanzata, la loro missione, in preda ad improvvise insorgenze sentimentali. Uomini dallo sguardo ascetico che ringraziano Dio per la morte violenta di altre persone.

«Ma forse è stato un cane a portare quella busta sull`€™aiuola`€¦ Meglio guardare, comunque, alle buste gettate nei cassonetti, che sono infinitamente di più, alla gente che seleziona la spazzatura e che magari va nei parchi a raccogliere lattine. Ne guadagnano la fiducia sociale e il benessere mentale».

Luciano Verdone - Teramo

Davvero si fa fatica a capire il perché di certi gesti vandalici che deturpano la natura o danneggiano cose di pubblica utilità . A far scattare quella molla perversa, oltre alle cause che lei indica, non manca una certa dose di stupidità  o ottusità  mentale. È vero, poi, che l`€™origine profonda dell`€™ecologia sta nel cuore dell`€™uomo: da un cuore armonizzato nasce il rispetto per gli altri e per la natura.

Questa, in fondo, è anche la prospettiva autentica, secondo noi, dell`€™ecologia francescana. Padre Giacomo Panteghini, mio predecessore che su questo tema aveva riflettuto a fondo e in modo originale, scriveva: «Quella di Francesco non è un`€™ecologia tecnica o politica, ma un`€™ecologia del "cuore nuovo", l`€™unica che può sorreggere un autentico cambiamento costruttivo nei confronti della natura e della società . Il rapporto fraterno con tutte le creature che egli vive, è espressione di un radicale cambiamento di atteggiamento nei confronti della natura e degli uomini. Senza questa conversione, senza la rinuncia agli atteggiamenti di dominio e di possesso, sarà  ben difficile che qualcosa cambi realmente».

E grazie di questa proposta che ci viene in un tempo in cui forse fermarci e chiederci «dove siamo», può far bene all`€™ecologia del cuore.

I pentiti dell`€™ultima ora

«Colpito da un esteso infarto cardiaco, sono stato doverosamente avvertito dal chirurgo che l`€™intervento poteva avere anche un esito infausto. La notizia mi ha terrorizzato. Ho condotto infatti, finora, una vita spregiudicata, in cui il pensiero di Dio è sempre stato assente, mentre adesso il pensiero del suo castigo diviene una angosciosa minaccia. Tuttavia, rifiutai di confessarmi perché, nella mia confusione mentale, mi sembrava di prendere in giro il Signore, oltre che mancare di dignità  verso me stesso, pentendomi per paura dell`€™inferno. Adesso, dopo la riuscita dell`€™intervento, vado meditando quella presa di posizione assunta verso Dio. Non sono sicuro che sia stata quella giusta; ma l`€™atteggiamento di coloro che dopo aver fatto il proprio comodo per tutta la vita, all`€™ultimo momento si pentono per salvare l`€™anima, mi appare ancora come un`€™odiosa ipocrisia».

Filippo

Ho tutto il rispetto per la tempesta di pensieri e di atteggiamenti `€“ certo non banali `€“ di fronte ai quali si è trovato in un momento «decisivo» della vita, quando non è possibile badare nemmeno a sé stessi.

Un`€™esperienza la sua che ci richiama altre esperienze ampliate dalla cronaca che nulla toglie al «dilemma», alla solitudine della decisione. Le posso dare un contributo in chiave teologica o spirituale. Posso dirle che che Dio è sempre alla ricerca della «pecorella smarrita» ed è particolarmente vicino con il su amore e i suoi richiami proprio alle persone che sono più lontane da lui. In questa accorata premura egli, come efficacemente è stato detto, «spia come un ladro» la minima occasione per far breccia nell`€™animo di chi vive nel peccato.

Ebbene, in questa prospettiva, è chiaro che l`€™avvicinarsi della morte può essere un`€™occasione in cui l`€™animo è più facilitato ad aprirsi verso le prospettive di eternità . Quindi, non è certo da stupirsi se la grazia di Dio cerca di favorire in questi momenti l`€™apertura al trascendente.

Questa azione di Dio, rimane a noi misteriosa, e di fatto di nessun «convertito all`€™ultima ora» noi sappiamo che cosa sia passato tra la sua anima e Dio. Pertanto verso nessuno possiamo sensatamente sostenere l`€™accusa di essersi pentito per mero interesse. Con questo, però, non si intende negare che anche il desiderio di salvare l`€™anima e il timore di rimanere per l`€™eternità  lontani da Dio non possano avere un legittimo ruolo nei sentimenti dell`€™ultimo momento, perché aspirare alla propria felicità  e temere una perenne infelicità  non cozza sicuramente contro il rispetto verso Dio e contro la dignità  personale.

Di scena il grande, stucchevole vuoto

«à‰ appena iniziata la seconda edizione della trasmissione "Grande Fratello", con lo scontato incredibile successo di audience. Mi sia permesso di esternare, al di là  delle interpretazioni sociologiche del fenomeno, un misto di rabbia e delusione per la amara constatazione che la tv imprime nel cuore e nella mente di moltissimi italiani, giovani e non, una cultura vacua, banale, ipocrita e priva di realtà , mentre ben più alti e qualificanti sono i valori che dovrebbe divulgare: ricostruzione delle coscienze, recuperando i valori della fede, della moralità , della solidarietà , del rispetto reciproco e via così. Mi chiedo altresì perché i mezzi di comunicazione alimentano e ingigantiscono questi insulsi "progetti" di tanti giovani, malati solo di edonismo: per me è cento volte meglio arricchire l`€™anima e l`€™intelletto. Non a caso l`€™antico filosofo Seneca scriveva: "Ciò che fa bene all`€™anima, fa bene anche al corpo"».

Franco Petraglia - Avellino

Siamo d`€™accordo con lei, ovviamente. Tutto questo interesse attorno a una trasmissione, vetrina delle più stupide banalità , è uno dei segni più vistosi del degrado in cui è caduto il buon gusto, per limitarci a questo. Si sa, per dirla in soldoni, come vanno le cose: nelle tv, specie in quelle commerciali, a dettare legge è il marketing, l`€™affare. Ogni trasmissione è vista come un prodotto da vendere nel gran bazar dei media. Il successo di vendita è dato dall`€™audience, che poi concretamente si traduce in pubblicità  cioè in soldi. Più gente vede una trasmissione più soldi entrano. L`€™etica, il buon gusto... optional, orpelli da prendere in considerazione solo se servono alla causa.

La sola arma che i telespettatori hanno è il boicottaggio: non vedere la trasmissione incriminata e invitare altri a fare altrettanto. Se l`€™audience cala, tutto il resto sarà  conseguente. Salvo riprendere la battaglia per un`€™altra occasione. Che non mancherà  di certo.

 

Perché Dio è raffigurato come un vecchio?

«Dio Padre nella Sua essenza Divina è 1`€™Essere eterno senza principio né fine. Come mai, allora, la raffigurazione di Dio da parte di artisti di tutti i tempi a somiglianza di un uomo molto vecchio? Ciò significherebbe che Dio ha avuto un inizio e avrà  una fine. Tale rappresentazione contraddittoria, perché è come dire che Dio non esiste, è irriverente ed è stata da sempre accettata dalla Chiesa. Ma non è contraria alla fede?».

Lettera firmata

Di tutte le cose insegnateci da Gesù, la più profonda e che più di ogni altra ci coinvolge è la «paternità  di Dio». Nessuno aveva mai osato dire che Dio è per noi l`€™Abbà , il Padre, o meglio «papà ». Essere figli di Dio non è una idea vaga, ma una realtà  certa: la nostra vita non è solo nelle nostre mani; è nelle mani del Padre, il quale ci ha fatti suoi e opera insieme a noi per condurci a salvezza.

La certezza dell`€™amore del Padre ci porta a dare un senso anche agli avvenimenti più drammatici e difficili da accettare. Chi ha Dio come Padre non può sentirsi mai solo, neppure di fronte ai «perché» umanamente più inquietanti.

Come lei giustamente afferma, Dio Padre `€“ proprio per la sua essenza divina `€“ è l`€™Essere eterno, senza principio e senza fine. Si chiede: come mai Dio Padre viene raffigurato come un uomo anziano? Dio non è nel tempo, non ha età ... Gli artisti si sono trovati di fronte a una difficoltà  «insuperabile»: come dare un volto a Dio, che è «uno solo e trinità »? Cioè, tre persone uguali e distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo. Hanno dunque colto, come punto di riferimento, la nostra esperienza umana: il Padre è segnato come uomo maturo, il Figlio è segnato come giovane.

Non avevano davvero altra possibilità  per raffigurare il «mistero».

Erika e Omar

«Gentile don Mazzi, a parte la stima che tutti godiamo per la sua persona, perché impegnata ammirabilmente nel sociale, non possiamo omettere il penoso suo intervento in tv del 12 ottobre scorso. Ha difeso Erika e Omar, questo ha suscitato la indignazione generale degli ospiti di questa benemerita casa anziani. Bruttissima testimonianza in un sacerdote per i futuri assassini. Questi due spietati assassini, delinquenti, meriterebbero solo la pena di morte mediante sedia elettrica o iniezione letale o quanto meno l`€™ergastolo, come negli Usa. Purtroppo oggigiorno è di moda difendere sempre il male, perciò ci troviamo in questa situazione».

Cella, Casa anziani «Padre Pio» - San Giovanni Rotondo

Risponde don Mazzi. Ho cercato di spiegare perché è possibile ospitare in una comunità  casi e persone come Erika e Omar. Vedo che è molto difficile far capire che vi sono tre modalità  per tentare di rispondere a fatti drammatici e inspiegabili, come ad esempio quelli accaduti a Novi Ligure.

Modo più semplice: cacciarli in una galera per vent`€™anni.

Modo più sbagliato: mandarli a casa, anche se agli arresti domiciliari.

Modo da me suggerito: chiedere l`€™alternativa al carcere, in una comunità .

Chiarisco meglio. Da anni in Italia e in altri paesi civili, si possono far scontare le pene in strutture che sebbene diverse dal carcere, possono offrire altrettante garanzie di sicurezza e in più, provocazioni e motivazioni forti, capaci di arrivare dentro al cuore e alla testa di giovani anche i più problematici.

Non ho mai parlato di perdono, né ho mai parlato di riduzioni e di sconti. Ho solo parlato di luoghi meno repressivi e più rieducativi.

Nel caso di Erika, poi, non offenderemmo nemmeno il padre, perché sarebbe anche lui ben felice. Lo ha detto a più riprese.

Nella mia comunità , da vent`€™anni, sono arrivati, in alternativa al carcere, personaggi di ogni tipo: grandi terroristi, pedofili pentiti, parricidi mafiosi, spacciatori e tossicodipendenti.

Avendo una trentina di comunità  disseminate su tutto il territorio nazionale, ho la possibilità  di scegliere la struttura più adatta e più esigente.

È terribile ciò che Erika e Omar hanno fatto. Non dobbiamo però affrontare le soluzioni applicando «visceralmente» il vecchio metodo dell`€™occhio per occhio. Insisterò nella mia proposta, che piaccia o no a qualcuno. È la più dignitosa per i giovani, e sarà  certamente la più efficace. Non me ne abbia la signora scrivente alla quale domanderei, più che volentieri, che cosa ha imparato andando in chiesa per molti anni, e abitando una casa di padre Pio.

Matrimoni misti: un problema

«Io e mio marito siamo da tempo in contatto con una coppia non sposata (quindi in situazione di convivenza) in quanto il compagno appartiene a un`€™altra confessione religiosa. A prima vista, e finora pare sia così, quest`€™ultimo ha accettato il legame di monogamia previsto dalla nostra fede, e non impedisce alla moglie le pratiche religiose convenute. Ma, e qui sta per me il nocciolo della questione, i loro figli ormai adolescenti, per volontà  del padre, non hanno ricevuto i sacramenti e non partecipando alle ore di insegnamento della religione cattolica e alla catechesi settimanale. I miei quesiti a questo punto sono parecchi: come si pone la Chiesa di fronte ad un`€™unione effettiva ma di fatto non consacrata? Quale strada è meglio scegliere per i propri figli? È accettabile che uno dei due coniugi rinneghi o tenga da parte il proprio credo per amore del compagno? E da ultimo (lungi da me ogni forma razziale di pensiero) non dovrebbe forse "sottostare" il coniuge, che da emigrato entra in un Paese, alla confessione religiosa "di Stato"?».

Un`€™abbonata

Lo sviluppo della nostra società  in senso plurietnico e plurireligioso fa sì che le questioni da lei sollevate siano sempre di crescente attualità . L`€™aumento dei matrimoni tra cattolici e appartenenti a religioni non cristiane ha indotto la Chiesa a intervenire più volte per chiarire il complesso problema. In particolare i vescovi italiani hanno pubblicato nel 1993 il Direttorio di pastorale familiare (reperibile nelle librerie cattoliche) dal quale traggo succintamente alcune considerazioni.

«È doveroso richiamare i cattolici sulle difficoltà  che potrebbero incontrare nell`€™esprimere la propria fede, nell`€™ambito del rispetto delle reciproche convinzioni e in quello dell`€™educazione dei figli.

Particolare attenzione va riservata a matrimoni tra cattolici e appartenenti alla religione islamica. Essi presentano difficoltà  connesse con gli usi, i costumi, la mentalità  e le leggi islamiche sulla posizione della donna nei confronti dell`€™uomo e la stessa natura del matrimonio.

È necessario che si abbia una giusta concezione del matrimonio, in particolare della sua natura monogamica e indissolubile.

Si deve avere certezza documentata della non sussistenza di altri vincoli matrimoniali e siano chiari il ruolo attribuito alla donna e i diritti che essa può esercitare sui figli.

È bene esaminare la legislazione matrimoniale dello Stato da cui proviene la parte islamica e accertare il luogo dove i futuri sposi fisseranno la loro permanente dimora.

Nella richiesta di dispensa per la celebrazione del matrimonio si tenga conto di tutti questi elementi problematici, offrendo ogni elemento utile al discernimento e alla decisione».

In sostanza i problemi da lei evidenziati vengono qui affrontati con parole bene calibrate, che tengono conto dell`€™ormai vasta e concreta esperienza, confermata anche dalla cronaca ricorrente.

A questo punto la mia risposta alle sue domande è questa: non è accettabile che si rinneghi o si metta da parte il proprio credo per amore del coniuge. Ciascuno dei due deve sottostare prima di tutto alla propria coscienza e ai dettami della sua religione. Lo Stato deve farsi garante della libertà  di religione, di culto, e quindi di coscienza, sempre nel rispetto delle persone e dell`€™ordinamento giuridico dello Stato stesso. Questa garanzia e questo rispetto non appaiono sempre osservati e promossi in parecchi Stati musulmani, fino al punto che spesso vengono letteralmente lesi i diritti dell`€™altra parte.

È noto poi che la Chiesa chiede ai suoi fedeli il matrimonio, non la convivenza. In quest`€™ultima situazione, per la non piena assunzione di responsabilità  da parte dei genitori e per la mancanza di un chiaro progetto educativo, si può correre un pericolo: chi decide sul futuro dei figli è il genitore «più forte», il più motivato, a volte il più aggressivo.

A Messa, «lasciateci cantare`€¦»

«Perdoni Padre, la battuta, ma io intitolerei la mia richiesta con l`€™inizio della nota canzone "Lasciate cantare`€¦". Il fatto è che nella nostra parrocchia la principale Messa domenicale è accompagnata da un mini-coro di ragazzi che suonando alcuni stridenti chitarre eseguono canzoni inventate da chissà  chi e che nessuno dei fedeli può imparare. Secondo me, e secondo altri amici, sarebbe invece molto più bello lasciar cantare i fedeli usando quel repertorio di canzoni veramente belle e dignitose di cui esiste un notevole numero ben conosciuto. E poi non occorrerebbe lasciare qualche spazio anche per il raccoglimento personale?».

Franco

I canti comunitari hanno sempre avuto largo spazio nella liturgia, perché uniscono i fedeli e creano un clima che può far sbocciare nell`€™animo dei singoli sentimenti profondi. Anche l`€™esigenza di un po`€™ di raccoglimento appare giusta.

Tutto ciò, vale in linea generale. Nel concreto sta al parroco valutare le circostanze particolari della vostra comunità . Avete parlato con lui del vostro problema? Ne avete discusso con i membri del consiglio pastorale? Questi sono i passi essenziali da fare, che di certo non resteranno senza frutto.

FEDE E VITA di Claudio Mina

AVVICINATI A DIO

«"Siamo sulla terra per incontrare Dio": questa frase mi ha impressionato; sono parole che possono rivoluzionare una vita. Bisognerebbe però scoprire come poterle vivere».

Giannantonio

Non c`€™è avventura più stupenda e appagamento più profondo che incontrare Dio e camminare con lui vicino nella vita quotidiana, lasciandosi arricchire dai suoi doni che ci rendono via via più simili a lui. Difatti, la realizzazione cristiana è tutta qui: «Ecco io sto alla porta e busso `€“ ci dice il Signore `€“; e se uno ascolta la mia voce e mi apre io entrerò e cenerò con lui e lui con me».

E questo invito all`€™incontro personale con Dio ritorna costantemente nella Scrittura. Essa ci incoraggia: «Cercate il volto di Dio`€¦ scoprite quanto dolce e soave è il Signore», e contemporaneamente ci mostra con chiarezza le vie per realizzare questo rapporto. La via più semplice e universale che essa ci indica sta nel risalire alla fisionomia divina attraverso le bellezze del creato. Di certo non poche volte il nostro animo è stato conquistato dall`€™incanto di un tramonto, dalla misteriosa sconfinata grandezza di un cielo stellato, dalla maestosità  delle cime innevate.

Qualche volta la nostra non è stata solo un`€™emozione estetica, ma una sensazione più profonda, fatta dallo struggente anelito verso quella bellezza personale e infinita che intuiamo permeare la realtà  contemplata: la bellezza e infinitezza per la quale acutamente sentiamo che il nostro animo è fatto, ma di cui non riusciamo a impossessarci.

In questi momenti, occasionali o cercati nel raccoglimento, non dovremmo lasciar cadere questo richiamo, che è il richiamo a quel Dio che intuiamo essere la sorgente di ogni bellezza creata. Dovremmo dirgli la nostra riconoscenza per i doni di cui ci ha circondato, dovremmo rinnovargli la nostra fede e il nostro amore. Allora, attraverso questa contemplazione andrà  generandosi nel nostro animo un`€™immagine di Dio calda e attraente che ci invoglierà  ad amarlo e a volerlo vicino in ogni nostra giornata.

Questa via della bellezza ci può portare fino alla soglia dell`€™incontro con Dio, ma la piena unione con lui ha il suo compimento in una via più sublime, quella dell`€™amore.

«La mia delizia è stare con i figli degli uomini» ci dice Dio nella Scrittura; e al tempo stesso invita anche noi a trovare dolcezza e gioia in lui, perché egli ha reso il nostro animo capace di assaporare il suo amore già  da questa terra, in attesa del suo ineffabile eterno abbraccio. La mistica trabocca di stupore e di meraviglia per questa realtà : Dio è perdutamente innamorato dell`€™uomo; ciascuno è «unico» per lui, ciascuno viene da lui dolcemente attirato nella sua intimità . Ma l`€™amore suppone la reciproca libertà . Quel Dio che si dona a noi vuole che anche noi ci doniamo a lui; quel Dio che ci ama appassionatamente si dà  a noi solo se ricambiamo il suo amore: «A chi mi ama rivelerò me stesso».

Tanti sono i modi di amarlo. C`€™è tuttavia un denominatore comune che ci viene indicato da Gesù stesso quando, assediato dai bimbi che lo colmano di gioiosa affettuosità , li mostra come modello ai suoi discepoli. Troppe volte noi non ci avviciniamo più di tanto a Dio perché abbiamo soggezione della sua grandezza, per timore, per nascosti sensi di colpa e di indegnità . Ma non è questo il rapporto che egli desidera da noi. Si è fatto uomo, infatti, per esserci vicino come un amico, un fratello, uno sposo e per camminare con noi nella nostra vita quotidiana. E noi dovremmo vivere questa vicinanza con la semplicità  dei pargoli, con affetto e con piena confidenza, nella certezza che in questo modo gli diamo una gioia immensa. E sulla base di questa calda unione saremo incoraggiati a cercare il più spesso possibile nel raccoglimento la sua vicinanza, a nutrirci delle sue parole e a vivere come sua volontà  tutto ciò che la vita ci chiede. Ma soprattutto saremo incoraggiati a compiere ciò che è più gradito a Dio, cioè amare di più i nostri cari e tutti i nostri prossimi, a trattarli con più dolcezza e generosità ; sentendo sempre più viva in noi la consolante approvazione interiore del Signore.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017