Lettere al direttore

25 Settembre 2012 | di

Conoscersi e avere il controllo di sé
«Caro direttore, sono un semplice ingegnere, sposato e papà di Pietro, da sempre impegnato nel mondo laico cattolico. Mi chiedo: fino a che livello di profondità un uomo cristiano e cattolico, realmente interessato a conoscere la “Verità”, può spingersi nel comprendere e/o definire, orientare in ogni situazione o istante della propria esistenza tutte le nature, componenti, stati o dinamiche che compongono la nostra vita interiore o, addirittura, quella degli altri? È realmente possibile capire e controllare ogni elemento di sé? In altre parole, è realmente possibile sapere chi, che cosa siamo fin nelle nostre fibre più intime e farne ambito di una convinta discussione con gli altri o è meglio, a un certo punto, arrenderci al Mistero e all’infinita complessità che il Signore ha introdotto nel nostro esistere? Forse solo Lui ci può conoscere nel profondo…».
Lettera firmata
 
«Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?» pregava san Francesco (FF 1915) stando ai Fioretti. Mi sembra essere questo il cuore della sua lettera. Vale a dire: è nelle nostre corde conoscerci in maniera profonda, «definitiva», tanto da avere il controllo di ogni nostra fibra? La risposta è no. Questo desiderio va rubricato sotto la voce «onnipotenza», un’aspirazione che abita ciascuno di noi fin dall’infanzia, ma che è destinata a essere costantemente delusa. Direi di più: il desiderio di avere il pieno controllo – su di sé e su chi ci circonda – è una tentazione di cui disfarsi, nonostante le tante mode sociali che spingono in questa direzione. Penso a un qualsiasi recente film d’azione: il protagonista riesce nel suo obiettivo mettendo in atto un piano calcolato al millimetro, in cui tutte le variabili, sullo schermo, si incastrano alla perfezione. È quindi sbagliato impegnarsi in un percorso di autocoscienza, ritagliarsi degli spazi per riflettere sulla propria vita? No di certo, anzi. In discussione non è il percorso di conoscenza di sé, ma l’idea che questo possa avere una fine, o quantomeno una soglia che garantisce l’agognato «controllo». Mi viene da sorridere quando sento l’espressione «ormai mi conosco», perché la conoscenza è un processo dinamico, mai concluso, e che lascerà sempre spazio a una componente di mistero. San Francesco ha in proposito un’intuizione profonda, quando mette sullo stesso piano l’interrogativo su di sé e quello su Dio: l’esperienza del credente è che tanto più si avanza su uno dei due fronti, tanto più anche l’altro si illumina. Benedetto XVI, incontrando i suoi ex allievi, il primo settembre scorso, ha descritto questo processo in relazione alla verità. Spiega il Papa: «Nessuno può dire “possiedo la verità”, perché siamo noi che apparteniamo alla verità che è qualcosa di vivo! Non la possediamo, è piuttosto lei che ci acciuffa; e rimaniamo in lei solo se ci lasciamo guidare e spingere da lei. (…) Non possiamo neanche dire “ho la verità”, ma la verità, che è Cristo stesso, è venuta verso di noi. (…) Dobbiamo imparare di nuovo a farci condurre dalla verità. E allora attraverso di noi la verità potrà di nuovo brillare per la salvezza del mondo».
 
 
Iter di adozione troppo lungo e difficile
«La mia unica figlia si è sposata nel 2007 e, a tutt’oggi, non è riuscita a diventare madre… Così ha intrapreso il percorso dell’adozione nazionale il quale, però, si sta rivelando estremamente difficile, lungo e doloroso. Mi chiedo: perché la legge rende questo percorso così complicato, impedendo alle coppie che vorrebbero donarsi a dei bambini sfortunati di assaporare la gioia di diventare genitori? Il rischio è indurle a recarsi all’estero, dove tutto è più semplice e veloce».
Lettera firmata
 
Molte coppie che intraprendono il percorso dell’adozione nazionale descrivono questo tempo come eccessivamente lungo, difficile e doloroso. Una sofferenza comprensibile, che però può diventare meno pesante se si considerano le ragioni alla base di tante difficoltà. L’iter dell’adozione è regolato dalla legge 184, una legge considerata tra le più attente, a livello internazionale, ai diritti del minore. Alla base della legge c’è il principio che ogni bambino ha innanzitutto il diritto di restare nella sua famiglia di origine, perciò è dichiarato adottabile solo dopo che una serie di verifiche attente abbia accertato il suo stato di completo abbandono morale e materiale. Nel frattempo il piccolo è ospitato in case famiglia o presso famiglie affidatarie accuratamente selezionate. Una volta riconosciuta la sua adottabilità, il minore viene subito inserito in un nucleo familiare, quello che il Tribunale riterrà più idoneo perché il piccolo possa crescere sereno, amato e curato in modo ottimale. Questo sbilanciamento a favore dei minori, che non è presente nelle legislazioni internazionali, allunga i tempi ma tutela maggiormente il bambino. È chiaro che dal punto di vista di chi aspetta di diventare genitore (e perché no? anche nonno come nel suo caso) questo «travaglio» si rivela troppo duro e spesso interminabile. Potrebbe, a tal proposito, essere utile farsi seguire da un esperto in materia o rivolgersi a una delle associazioni di genitori adottivi, per ricevere informazioni e per confrontare la propria esperienza. Condividere aiuta a superare le difficoltà e magari può contribuire a smussare qualche intoppo burocratico. Da parte mia, vi auguro di cuore che questa lunga attesa si tramuti in una grande gioia.
 
 
Una vacanza istruttiva, utile e gradevole
«Desidero condividere con i letto­ri del “Messaggero di sant’Antonio” l’esperienza di una deliziosa vacanza trascorsa quest’estate presso il Convento francescano Rivotorto di Triq Sommier in Birkirkara, Malta. Mesi fa leggendo il “Messaggero”, notai la segnalazione di una vacanza studio a Malta e pensai che migliorare il mio inglese e al tempo stesso vedere l’arcipelago maltese fosse un’ottima idea. E infatti così è stato: tutto come promesso, fin dall’arrivo all’aeroporto (...) Ampia la mia camera con bagno e vista sul giardino; pulito, silenzioso, tranquillo e gradevole il complesso. I partecipanti sono stati educati e affabili compagni di studio, di escursioni e di bagni.(...) Affabili e disponibili perfino le due cuoche che hanno mostrato tutta la loro abilità. Insomma una vacanza istruttiva, utile e gradevole.
Colgo l’occasione per salutare tutti».
Maria
 
 
Lettera del mese. Altri mondi
 
Extraterrestre salvato da chi?
 
La possibilità che in altri pianeti ci sia vita intelligente apre alcune questioni teologiche. Dal significato della creazione alla salvezza realizzata da Cristo attraverso la sua incarnazione.
 
«I robot Curiosity resterà per due anni su Marte. Fantastico! Mi frulla però un pensiero. Se si scoprisse che nell’universo esistono esseri intelligenti, sarebbero anch’essi salvati da Cristo, come noi?».
Annamaria – Milano
 
All’alba del 6 agosto scorso è avvenuto l’ammartaggio (oso il neologismo: se si dice atterraggio e allunaggio, dovrebbe essere corretto) del sofisticatissimo laboratorio Curiosity in un ampio settore nel cratere Gale, sul pianeta rosso. Obiettivo raggiunto e gran respirone di sollievo, visto che finora più di una missione su due, di quelle con destinazione Marte, è fallita. Dopo 567 milioni di chilometri percorsi in otto mesi, gli ultimi e decisivi minuti dell’operazione, guidata dagli esperti di Pasadena, mandano tutti in visibilio e si passa direttamente alle grandi domande. C’è vita su Marte?, intendendo «forme elementari di vita», ma anche la possibilità che siano esistite condizioni per la vita così come noi la conosciamo. E, spingendosi ancora più in là, esistono nell’universo esseri con una componente biologica dotati d’intelligenza? Finora non ci è dato di sapere granché in proposito, ma il fatto che a bordo di Curiosity abbia trovato accoglienza un microchip contenente la scansione dell’Autoritratto e del famoso «Codice sul volo degli uccelli» del nostro Leonardo da Vinci, la dice lunga sulla volontà di un contatto possibile con qualcuno in grado, in qualche modo, di interagire.

Quella che lei pone è però una domanda teologica e non scientifica. Nel senso che chiedersi, andare in cerca e tentare di dimostrare che su altri pianeti, anche al di fuori del sistema solare, sia esistita o esista tuttora vita intelligente, è questione strettamente scientifica. Chiedersi invece se e come altri esseri intelligenti non-umani, non figli del pianeta Terra, extraterrestri – se esistono – siano salvati in Cristo, è questione di carattere teologico. Nell’universo, dunque, siamo soli? Alla domanda scientifica non vi è tuttora risposta, e di fatto nessun segnale è pervenuto in seguito alle onde radio inviate nello spazio da almeno sessant’anni. Tenendo però in conto che nell’universo ci sono miliardi di galassie formate a loro volta da miliardi di stelle, come non pensare che una di queste ospiti un pianeta con vita intelligente? La qual cosa andrebbe a gloria di Dio creatore e signore di tutte le cose, oltre a moderare ogni antropocentrismo e geocentrismo di carattere esclusivo ed escludente. In questo caso, però, che ne sarebbe della redenzione che Cristo ha realizzato attraverso la sua incarnazione? L’assunzione, da parte del Figlio, di una carne umana, avrebbe valore per «tutti», umani ed extraterrestri, oppure verrebbe relativizzata da altre forme di rivelazione divina? E, poi, che ne sarebbe del dogma del peccato originale? Innanzitutto, si può anche pensare che eventuali civiltà intelligenti siano rimaste in armonia con Dio: conoscendole, allora, avremmo solo da imparare. Diversamente, non possiamo escludere interventi divini a loro favore, perché affermare il contrario significherebbe limitare l’agire di Dio. L’unico punto della dottrina cristiana dal quale non ci si può allontanare è l’unicità e universalità salvifica di Gesù Cristo, che vale indistintamente per ogni realtà creata sia terrestre sia spaziale o cosmica. La dottrina del beato Giovanni Duns Scoto (1265-1308) aiuta in tal senso.

Secondo il teologo francescano scozzese, infatti, l’universo è stato pensato e voluto primariamente in funzione di Cristo, e quindi Cristo non è da leggere innanzitutto in relazione al peccato: impossibile vincolare il grande amore di Dio alla disobbedienza di Adamo. Posizione, questa, che non ha prevalso nella teologia dei secoli seguenti, nei quali a fare da maestro è stato piuttosto san Tommaso (1225-1274), il quale lega l’incarnazione di Cristo al peccato originale. In ogni caso, se partendo dalla signoria di Dio sull’universo («Cielo e terra») la possibilità di vita intelligente extraterrestre è non solo possibile ma auspicabile, partendo dal primato di Cristo e dall’incarnazione del Logos (elementi che storicizzano la salvezza cristiana) la stessa ipotesi si fa più sfumata.

Lettere al direttore, scrivere a: redazione@santantonio.org


Convegno 

La religione popolare nella società post-secolare

 
Si terrà a Padova, dal 19 al 20 ottobre presso lo Studio teologico della Basilica del Santo, il Convegno nazionale «La religione popolare nella società post-secolare. Nuovi approcci teorici e nuovi campi di ricerca», promosso congiuntamente dal Dipartimento di filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata dell’Università di Padova, dall’Associazione italiana di sociologia (Ais) sezione Sociologia della religione, dal «Messaggero di sant’Antonio» e dall’Osservatorio socio-religioso Triveneto. La due giorni si aprirà venerdì 19 alle ore 9.00, con relazioni di Carlo Prandi (Storia e in-attualità del concetto di religiosità popolare), Enzo Pace (La religiosità popolare nelle società avanzate), Alessandro Castegnaro (In che senso popolare? Note da una ricerca), infine Luigi Berzano e Carlo Genova (Generatività della religiosità popolare).

La mattinata sarà conclusa, alle ore 12.15, dalla conferenza stampa di presentazione del volume Toccare il divino. Lo strano caso del pellegrinaggio antoniano, a cura di Alessandro Castegnaro e Ugo Sartorio, sulla ricerca realizzata in occasione dell’Ostensione del corpo del Santo nel febbraio 2010. I lavori del pomeriggio (dalle ore 15.00), sul tema Generatività spirituale e culturale della religione popolare, si avvarranno degli apporti di John Eade; Pierre Antoine Fabre; Massimo Leone; Elena Zapponi. Sabato 20 ottobre verranno presentate altre ricerche e analisi recenti, mentre nel pomeriggio si terrà l’assemblea dei soci Ais.

La partecipazione al Convegno è libera.

Per informazioni: e-mail

convegnosociologi@santantonio.org 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017