Le false accuse contro i francescani russi

Il Gran Giurì della stampa russa ha condannato i giornalisti che avevano montato l’ignobile accusa contro i francescani conventuali, molto impegnati nel sociale.
01 Febbraio 2003 | di

Non molti sanno che il 23 dicembre del 2002 il Gran Giurì dell`€™Ordine dei giornalisti della Federazione russa ha emesso una sentenza in difesa dell`€™onore dei francescani conventuali di Mosca, accusati da un giornale popolare e da un servizio televisivo di aver affittato una loro abitazione dimessa per scopi moralmente equivoci. Gli affittuari l`€™avevano, di fatto, trasformata in una casa di appuntamenti all`€™insaputa dei frati, presentati, invece, nei servizi giornalistici come complici interessati. Notizia ghiotta, ripresa anche dalla stampa estera, compresa quella italiana, con, a volte, salaci sottolineature.
In ottobre era intervenuto il portavoce della Sala stampa vaticana, Joaquà­n Navarro-Valls, che definiva la vicenda come «un`€™ignobile operazione volta a gettare discredito sulla comunità  dei francescani conventuali e, attraverso di loro, sulla Chiesa cattolica». La sentenza del Gran Giurì ha dichiarato false e tendenziose le notizie diffuse, che hanno creato «un`€™immagine distorta dell`€™organizzazione e dell`€™attività  dei francescani».

Desidero parlare di quest`€™increscioso episodio che ci giunge dalla lontana e gelata Russia, per vari motivi. Mi hanno chiesto di farlo gli stessi francescani russi, per ristabilire la verità , per loro ovvia e ora anche ufficialmente affermata. Lo faccio volentieri, sapendo quanto hanno sofferto in questi mesi per la diffamazione subita. Conosco le loro attività  di assistenza morale (visite alle carceri e centri di ascolto), sociale (attivazione di diverse mense per i più poveri), culturale (con una preziosa attività  editoriale per far conoscere testi della tradizione spirituale e culturale dell`€™Occidente). Il tutto all`€™insegna dell`€™ispirazione francescana che anima e appassiona il loro agire. Forse è stato tutto questo loro impegnarsi per la causa del Vangelo `€“ per taluni solo proselitismo `€“ a ingelosire qualcuno, che non ha saputo far di meglio che tentare di screditarli.
I frati hanno cercato di spiegare che il loro non è proselitismo: essi aiutano tutti senza chiedere a nessuno un certificato di appartenenza religiosa. Vorrebbero essere segno di una presenza che è solo ricchezza nella verità  sinfonica delle Chiese. Purtroppo non sempre si riesce a percepire la bellezza della sinfonia. E il muto silenzio diventa attesa di parole che vorrebbero essere dialogo e comunicazione.

In questi giorni sono stato ripetutamente sollecitato da amici lettori a esprimermi sulla vicenda di Adel Smith, il musulmano che si presenta in molti dibatti televisivi come rappresentante dell`€™Unione musulmani d`€™Italia. Sono vicende note, soprattutto per l`€™irruzione di esponenti di Forza Nuova e relativo match trasmesso dalla tv e per le successive prese di posizione di gruppi di diversa ideologia. Credo che episodi così si commentino da soli. La violenza non può mai essere giustificata. Crea solo ulteriore violenza in un processo che può solo avvitarsi su se stesso.
Comprensibile, invece, il fastidio e l`€™irritazione che gli interventi di personaggi, come Adel Smith, di scarso spessore culturale e di palese fanatismo possono provocare. Leggo che le comunità  islamiche italiane lo hanno stigmatizzato non riconoscendolo come proprio portavoce. Mi meraviglia, inoltre, la leggerezza di chi promuove dibattiti su temi alti e delicati chiamando a parteciparvi persone inadeguate per mancanza di cultura e di rispetto. Il fanatismo, poi, di certuni genera sospetti anche nei confronti di chi, invece, è convinto del valore della reciprocità , del dialogo e del rispetto. La violenza non paga, anche se qualcuno si è sentito, forse, istintivamente appagato da certe reazioni.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017