Le candele di Alì per i devoti di ogni fede

Alì Özkök, musulmano di Istanbul, per ottant’anni ha fabbricato le candele per la nostra chiesa di sant’Antonio nel cuore della città turca. A due anni dalla morte, raccontiamo la sua storia che parla di fede e di tolleranza. religiosa.
24 Gennaio 2007 | di


Istanbul, Istiklal Caddesi 325, chiesa di sant’Antonio o «Sent Antuan Kilisesi», come suona in lingua turca. È un indirizzo noto a tutti i devoti del Santo, che vivono in città: cristiani latini, ortodossi e musulmani. Il martedì è un giorno speciale a Istanbul perché la devozione al Santo attraversa le barriere religiose con naturalezza sorprendente e diventa preghiera. Le tante candele che ardono accanto alla sua statua lo testimoniano. Molte mamme insegnano ai loro bimbi come accenderle. Poi stanno lì, insieme, in silenzio, quasi facendosi uno con quella fiammella orante che di lì a poco continuerà a tener vive le loro preghiere mentre loro ritorneranno alle occupazioni quotidiane, col cuore più leggero.
Quelle candele hanno una lunga storia da raccontare, quella di Alì, musulmano, che per ottant’anni le ha fabbricate per i devoti del Santo. Lo ricordiamo, a due anni dalla sua morte, pubblicando il nostro ultimo colloquio.

Msa: Che cosa le piace ricordare della sua lunga vita?
Ali Özkök. Sono nato in questa città nel 1912. I miei erano separati e mio padre è morto quando avevo 17 anni. Mi alzavo alle 6 del mattino, per allenarmi come portiere della squadra di Kasimpasa. Per due anni abbiamo giocato in Serie A contro il Galatasaray.
Mi sono sposato a 19 anni. Mia moglie, greca, ne aveva quindici più di me. Con lei ho vissuto felicemente per sessant’anni, pur essendo io musulmano e lei ortodossa. Ai miei tempi non c’era nessuna difficoltà a sposarsi tra fedeli di diverse religioni.

Da quanto tempo fabbrica le candele per la nostra chiesa di Sent Antuan?
Dal 1925: avevo 13 anni e facevo l’apprendista. A Sent Antuan, in quel tempo, c’era un prete che veniva alla nostra fabbrica, si fermava a prendere un caffè, ordinava in genere 30 chili di candele. Io me li caricavo sulle spalle, mentre il mio usta (capomastro) mi seguiva con il prete.

Produrre candele per la nostra chiesa di Sent Antuan è sempre stato un onore per lei. Perché?
Nella vostra chiesa il consumo di candele è sempre stato grande. Prima venivano soprattutto i cristiani, oggi i più sono musulmani. È bello sapere che le mie candele alimentano la preghiera di diverse fedi. È il mio modo di servire Dio. Nel tempo si è creato un bel rapporto con voi frati e io ho sempre cercato di rendervi servizio al meglio e di farvi risparmiare.

Si ricorda un episodio particolare?
Un giorno, quando io lavoravo già in proprio, Sent Antuan rimase senza candele. Corsi da un ceraiolo con il quale avevo già lavorato. Gli chiesi di pesare 500 chili di candele e, forte della mia esperienza, gli dissi: «Attento, mancano 5 chili di candele per quintale». Controllammo e in effetti ce n’era il 5 per cento in meno. Gli dissi quindi di aggiungere i mancanti 25 chili. Una volta portata la merce al convento, mi accorsi che mancavano ancora 15-20 chili. Da quella volta, non mi fidai più di queste soluzioni d’emergenza, e per evitare che Sent Antuan si trovasse in difficoltà, iniziai a fare le candele proprio in casa vostra, nel sotterrano della chiesa. Ed è così da quasi ottant’anni.
Finiva con queste parole il nostro ultimo colloquio. Mi sembra di vederlo ancora mentre confeziona le sue candele con maestria e amore. Tutti i devoti di sant’Antonio in Istanbul hanno usato le candele di Alì per alimentare la propria preghiera al Santo. Con quelle fiammelle solitarie, luminose e fragili insieme, sono salite al cielo le intenzioni intime di migliaia e migliaia di persone, accompagnate dall’intercessione solidale di sant’Antonio.
Quale modo migliore per coronare il sogno missionario del nostro Santo di far co-noscere alle genti la fiamma dell’amore di Dio? Senza barriere e destinato a tutti, per definizione.



Appuntamenti. Febbraio in Basilica

9 febbraio: alle ore 16.00, messa presieduta dal vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo, per i malati della diocesi.

11 febbraio: Giornata mondiale del malato. Ore 8.00, messa per gli ammalati della Famiglia Antoniana e per gli iscritti all’Uamm (Unione antoniana mondiale malati).

18 febbraio: celebrazione della Traslazione di sant’Antonio (Festa della Lingua). Ore 11.00, messa solenne, presieduta dal delegato pontificio, monsignor Gioia. Alle ore 17.00, messa solenne, presieduta dal provinciale, padre Marco Tasca.

Al termine della messa, processione con la reliquia del Mento di sant’Antonio, all’interno della Basilica.

1, 8, 15, 22 febbraio e 1 marzo: la Basilica offre, a giovani e adulti, la possibilità di partecipare al «Laboratorio di liturgia» per imparare a proclamare la parola di Dio e per collaborare al servizio all’altare. Le lezioni si terranno presso la Sala dello Studio Teologico nel chiostro della Magnolia.

Informazioni: tel. 049 8242811 (fra Andrea Massarin).

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017