Le bimbe tornano a casa

In India nascere donna è una sventura. Questo progetto, nato dalle pagine del "Messaggero", è una storia di rinascita. Dalla parte delle più piccole.
29 Marzo 2004 | di

Lettore assiduo del Messaggero di sant'Antonio, nella sua edizione inglese, fra A. Maria Benziger, parroco di St. Michael's Church ad Anthiyur, nel distretto di Erode (stato del Tamil Nadu, India del Sud), è attratto da un articolo della Caritas antoniana sull'importanza delle donne per sconfiggere il sottosviluppo nei Paesi poveri. Riassume e sottolinea il concetto in una lettera che ci invia nel marzo del 2001: Se le donne, su cui grava la crescita dei figli, non hanno mezzi né un'educazione adeguata non potranno a loro volta educare, prevenire le malattie od ottenere un lavoro remunerato. Questa situazione perpetra la di-scriminazione delle donne e il sottosviluppo di intere popolazioni nel mondo.
Niente è più vero nel suo Paese, dove, per ragioni culturali ed economiche, nascere femmina è una sventura: Le bambine - spiega - sono considerate meno importanti. Non vale la pena spendere soldi per educarle o curarle. Molte di loro hanno padri alcolizzati e subiscono violenze e abusi sessuali. Alcune cominciano a lavorare a tre anni, con le madri, come venditrici di fiori o verdura. Le più grandi lavorano come serve o nelle ditte di costruzioni.Altre ancora nelle fabbriche di plastica o di componenti elettronici. Crescono analfabete e senza stima di sé....
Ce n'è abbastanza per sentirsi in dovere di fare qualche cosa e a fra Benziger viene un'idea: Ho visitato di persona la casa per ragazze Idhayalaya che un gruppo di suore del Cuore Immacolato di Maria ha eretto a Nethimedu (nel vicino distretto di Salem). C'è un ambiente di amore ed empatia che le ragazze abbandonate non possono trovare in nessun altro posto. So che voi avete a cuore i bambini e le donne, aiutate queste suore eccezionali a salvarli.
La casa accoglie novantasei bambine e ragazze in un unico grande salone che funge da aula, refettorio, sala di ricreazione e chiesa. D'estate è aperta ad altre cinquantaquattro bambine. S'impartisce l'educazione informale, che va dal recupero della dignità  all'alfabetizzazione, dalle nozioni sanitarie all'apprendimento di un mestiere.
Un lavoro lento e difficile, quello con le bambine di strada, talmente complesso da essere evitato persino dalle associazioni umanitarie - spiega suor Belle Jasinthe, responsabile-. A questa missione noi dedichiamo tutta la  vita, perché ciò che appartiene a Dio è degno d'essere salvaguardato.
La richiesta è semplice: ampliare la casa esistente con un secondo piano, in cui localizzare aule e
dormitori, per un totale di 30 mila euro. La Caritas antoniana, dopo le opportune verifiche, accetta. I lavori iniziano il 13 giugno 2002, in occasione della festa del Santo, e finiscono circa un anno dopo. A novembre la Caritas antoniana riceve una lettera delle ragazze di Idhayalaya, che vale più di mille discorsi: Grazie per quello che avete fatto. Ora abbiamo un posto per studiare, mangiare, dormire. Prima eravamo nella strada, non volute neppure dai nostri genitori solo perché eravamo ragazze. Se non fossimo qui ora, saremmo diventate prostitute.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017