La rivoluzione dell’aratro

In Ciad un progetto in apparenza semplice nasconde una grande storia di missione che coinvolge un padre gesuita e un territorio vasto due volte l’Italia, minacciato da forti tensioni etniche e religiose.
26 Ottobre 2020 | di

Un progetto che si limita a finanziare aratri a trazione animale sembra anacronistico e quasi banale. Pochi potrebbero immaginare che alle radici di quest’intervento ci sia un’incredibile storia missionaria. Siamo in Ciad, paese sterminato che, come spesso succede negli Stati a sud del Sahara, serba un concentrato di brutte notizie. Il Ciad è attraversato dal Sahel, quindi da una delle zone più aride del mondo; il deserto del Sahara, che lo costeggia a nord, in dieci anni è avanzato di 200 chilometri, provocando ricorrenti e gravissime carestie. Le piogge sono sempre più scarse, a causa dei cambiamenti climatici, e l’agricoltura, fonte principale di sussistenza, è in ginocchio. La situazione è aggravata dalla mancanza di mezzi e conoscenze agrotecniche da parte dei contadini. 

Difficile anche la situazione politica. Il Ciad è famoso per una lunga guerra civile e molti anni di guerriglie e colpi di stato che hanno portato al potere Idriss Déby e i militari, rimandando a tempo da destinarsi il sogno della democrazia. Fanno da corollario a tutti questi guai la povertà della gente, che vive in maggioranza in zona rurale, l’analfabetismo, la condizione di marginalità delle donne e il quasi inesistente accesso alla sanità. In questa situazione 127 bambini su mille muoiono nei primi anni di vita, mentre un abitante del Ciad difficilmente supera i 50 anni.

Agricoltura di pace

In questo groviglio di problemi, immaginate un gesuita, un certo padre Franco Martellozzo, che atterra nel 1994 all’ufficio missionario del vicariato apostolico di Mongo, capoluogo della regione del Guerà, nella parte centro-orientale del Paese. Non è un cambio da poco anche dal punto di vista delle tensioni sociali. Dagli anni ’60 padre Franco opera a Sud del Paese in un’area a forte presenza cristiana, mentre ora è catapultato in zona islamizzata al 97 per cento, con tanto di chiese bruciate e odio religioso. Tra l’altro il vicariato è grande due volte l’Italia, con sei immense parrocchie. Ce n’è abbastanza per perderci il sonno. 

Ma padre Franco ha la pazienza di un tessitore. Va in cerca dei capi islamici, li unisce intorno a un problema comune: il bisogno di raggiungere la sicurezza alimentare in una terra di carestie, per sfuggire agli usurai che per un pacco di miglio in tempi di magra chiedono cinque sacchi del futuro raccolto. Una pratica che ha ridotto i contadini a servi della gleba. «L’idea me l’ha data lo Spirito Santo» ne è sicuro padre Franco. Che da quel giorno, d’accordo con i capi delle comunità, istituisce La Banca dei Cereali, che oggi è presente in ogni villaggio.

La Banca chiede in cambio di un pacco di miglio solo un 10 per cento di cereale in più. È l’uovo di Colombo che, salvando i contadini dallo strozzinaggio, sancisce anche la pace tra le diverse religioni. «No – si mormora – il prete non è venuto a convertirci». In questo percorso esaltante e difficile, padre Franco è aiutato da due associazioni del padovano, Fraternità missionaria di Cadoneghe e Mano amica di Camposampiero. Sono loro a chiamare in campo anche Caritas sant’Antonio.

E veniamo agli aratri, che tanto ricordano quelli usati dai nostri nonni nella prima metà del secolo scorso. Per la verità tutto deriva da un’iniziativa, buona sulla carta, partita dal governo del Ciad, il quale aveva messo a disposizione dei piccoli contadini 500 aratri meccanizzati. Peccato che a un certo punto i mostri meccanici si rompevano o finiva la benzina o, peggio, quando funzionavano andavano troppo in profondità danneggiando i terreni. Ma c’era un problema ben peggiore degli aratri inutilizzabili: negli ultimi anni Boko Haram, una delle più crudeli organizzazioni terroristiche di matrice islamica, si era installata proprio sulle isole e sulle coste del Lago Ciad, rischiando di aumentare i conflitti sociali in tutto il Paese.

Per contrastare il coktail esplosivo di fanatismo, povertà e interessati interventi stranieri, che stava montando, la chiesa cattolica di Mongo ha creato una serie di attività per aiutare le popolazioni a risolvere i problemi assieme, superando le differenze religiose ed etniche. Il progetto agricolo di padre Franco rientra in questo quadro e diventa un tassello importante di un mosaico di pace. Gli aratri colorati sono stati costruiti da artigiani locali e sono il nostro piccolo apporto contro la povertà e i conflitti. Grazie a voi, lettori, Caritas sant’Antonio ha contribuito, insieme alle altre associazioni, a comprarne 800, con una donazione di 20 mila euro. 800 piccoli semi di libertà, sparsi nella terra buona. 

Segui il progetto su www.caritasantoniana.it

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Data di aggiornamento: 26 Ottobre 2020

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