La duplice tentazione

Nascondere la propria identità cristiana o proclamarla con aggressività e arroganza: due estremi da cui guardarsi.
20 Dicembre 2005 | di

L'apostolo Pietro esorta i cristiani a «rispondere della speranza che è in loro» nel momento in cui essi sono oggetto della persecuzione e dell'ostilità  (vedi la lettera nel riquadro) e potrebbero perciò sentirsi autorizzati a dare una testimonianza segnata da orgoglio sprezzante. No, solo nella dolcezza e nella mitezza anche verso chi li osteggia e li calunnia, i cristiani possono offrire un'autentica testimonianza a Dio. La convinzione di san Pietro, radicata su una fede salda, è quella che spesso dimentichiamo: il mondo può scatenare contro di noi l'ostilità , ma non può minacciare la nostra condizione di cristiani, perché dipende sempre da noi vivere il Vangelo in ogni situazione; nessuno ce lo potrà  mai impedire, e qui sta la fonte della straordinaria libertà  del cristiano.

Difficile essere fieri senza essere arroganti
Va detto con franchezza: è difficile essere fieri della fede senza divenire arroganti, e il cristiano è tentato soprattutto quando cerca di rendere testimonianza al Signore, non solo in situazione di persecuzione. Il rischio del credente si colloca, infatti, tra due estremi opposti: da un lato, quello di nascondere la propria appartenenza a Cristo, e in tal modo esimersi dal rispondere della speranza che è in lui; d'altro lato, quello di proclamare la sua speranza con aggressività  e arroganza, imponendola agli altri. Pietro si oppone a tali derive, chiedendo ai credenti un atteggiamento tipicamente evangelico; egli sa che Gesù ha proclamato: «Beati i miti» (Mt 5,5) e soprattutto ha proposto se stesso come modello di mitezza: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Se dunque i discepoli di Gesù vogliono essere realmente tali, sono chiamati a camminare sulle tracce del loro Signore!

La vita cristiana una vita differente
In precedenza, l'apostolo si era rivolto ai cristiani con parole analoghe, esortandoli ad avere in mezzo ai non credenti «un comportamento bello». I cristiani, pur dovendo compiere una rottura con la mondanità , hanno il dovere di vivere in modo bello, di avere una vita bella, buona e beata, a immagine di quella di Gesù, che è venuto «per insegnarci a vivere in questo mondo» (Tt 2,12), per mostrarci, cioè, la vera vita umana, vissuta come opera d'arte.
Sì, la vita cristiana è una «vita differente»: anche per questo è contestata, e proprio in questo è rivelatrice, vera sfida all'indifferenza regnante tra gli uomini. I cristiani non hanno il diritto di vivere come se il mondo non ci fosse; pur restando estranei alla mondanità , essi devono con responsabilità  mostrare una vita che sia comprensibile e bella agli occhi dei non credenti: in una parola, testimoniare con la propria esistenza che la vita cristiana è bella e vale la pena di essere vissuta! Lo scopo di tale comportamento non è idealisticamente la conversione del mondo, poiché il mondo non capirà  subito; ma alla fine, «nel giorno del giudizio», comprenderà  e glorificherà  Dio. È quanto ha chiesto anche Gesù: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere belle e rendano gloria al Padre vostro».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017