Integrazione, parola vincente

Anche guardando uno spettacolo televisivo può capitare di riflettere su un argomento importante.
24 Ottobre 2007 | di

Come ogni sera, seduti attorno al tavolo della cucina, aspettando di vedere l’unico telegiornale della giornata, ci sintonizziamo su Raiuno. Ci accoglie il viso lampadato di Carlo Conti che ci introduce al gioco finale della ghigliottina.
Il primo termine, che senza alcuna ragione dimezza il montepremi della campionessa della serata è «4 Agosto». Subito il mio cervello inizia a frullare, ma l’unico collegamento che mi viene è san Nicodemo.
Arriva, spietata, la seconda parola: «77». Io penso alle gambe delle donne. Ma che nesso ci può essere tra san Nicodemo e le donne? Non ci voglio nemmeno pensare.
La successiva è «cambiamento». E ancora non riesco a trovare alcun nesso logico.
La quarta, che finalmente la concorrente azzecca (ma per pura fortuna secondo me) è «30».

Ma che cosa sono tutti questi numeri stasera, penso spazientito? Il 4 (di agosto), il 77, il 30… Sono decisamente confuso. Provo a fare somme e sottrazioni, cerco di ripescare nei miei ricordi un evento storico avvenuto il 4 agosto, ma a scuola la storia non era la mia materia forte. Però la parola scuola mi fa intravedere un lumicino lontano lontano.

Ma ecco che l’ultima delle cinque parole elencate da Carlo Conti mi ributta nel buio totale, perché è «Zorro». Zorro?! Ma allora ero completamente fuori strada! Io, infatti, avevo pensato che la soluzione fosse «integrazione» e, fino a quel punto, ci rientrava tutto. Ecco il mio ragionamento. Tanto per cominciare il 4 agosto dell’anno 1977 è stata emanata la legge sull’integrazione scolastica per gli alunni in situazione di handicap nelle scuole statali; trenta sono gli anni passati da quella data (già trenta?), quando è iniziato un processo di cambiamento che sta diventando storia… Ma allora è integrazione! Sarebbe tutto più semplice se Zorro non scombinasse i miei piani. Dunque, Zorro era un bandito messicano che difendeva il popolo dalle tirannie del governo. Il suo stile «dark» con mantello, mascherina, cappello e cavallo nero mi ha sempre affascinato. E ancor più di lui mi ha affascinato il suo aiutante Bernardo. Questi era muto e con la gente faceva finta di essere anche sordo, solo Zorro conosceva il suo segreto così come solo Bernardo conosceva quello di Zorro. Quella di Bernardo era una posizione davvero strategica: fingendo la sordità egli poteva carpire dalla gente informazioni utili senza essere minimamente sospettato. Tra Zorro e Bernardo c’era quindi una grande complicità e una reale integrazione.

Un’altra cosa che mi piaceva molto di Zorro era che lui lasciava il segno del suo passaggio. Ma allora integrazione è la parola giusta! Anche l’integrazione, infatti, lascia un segno. In questi trent’anni l’integrazione ha lasciato migliaia di segni, ognuno dei quali è stato un fondamentale tassello per un cambiamento culturale e sociale. L’integrazione deve lasciare un segno, altrimenti è solamente «inserimento» (in effetti nella parola inserimento non c’è la Z!).
Ecco trovata l’analogia tra Zorro e integrazione. Allora io scommetto sulla mia soluzione! Dopo la suspance ecco Carlo Conti che tira fuori la soluzione dalla busta colorata, gira il foglio lentamente e… Avevo ragione! Peccato, avrei potuto vincere centomila euro!

E voi in questi anni quanti segni avete lasciato? Scrivetemi su:

claudio@accaparlante.it

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017