Il sorriso del Padre negli occhi del Figlio

La nascita di Gesù è un evento che richiama da sempre l’attenzione di santi, fedeli e artisti. Lo testimonia la ricca schiera di Madonne con Bambino che – scolpite o dipinte – si possono ammirare in Basilica.
25 Novembre 2014 | di

Il mistero del Figlio di Dio che si fa carne nascendo nella nuda povertà di una grotta a Betlemme, e di cui nel giorno di Natale si fa memoria, è sempre stato elemento qualificante della spiritualità e della predicazione francescana. San Francesco ha voluto persino rappresentare scenicamente l’evento (la «festa delle feste») raccogliendo in una grotta del bosco di Greccio (RI) frati e gente del posto nelle vesti dei pastori del Vangelo, per rivivere con Maria «la grande gioia» della nascita del Salvatore, inaugurando così la tradizione del presepio.

Sant’Antonio dedica al mistero dell’Incarnazione alcune delle sue più belle omelie. Ne è d’esempio il seguente brano in cui il Santo definisce Gesù, e con lui ogni neonato, come il sorriso di Dio che allieta e rassicura l’umanità: «E l’angelo disse ai pastori: “Ecco, io vi annunzio una grande gioia, perché oggi vi è nato il Salvatore” (Lc 2,10-11). Con questo concordano le parole della Genesi: “Nacque Isacco. E Sara disse: Il Signore mi ha dato il sorriso, e chiunque lo saprà sorriderà con me” (Gn 21,5-6). Sara è figura della gloriosa Vergine. Oggi Dio le ha dato il sorriso, perché da lei è nato il nostro sorriso. “Io vi annunzio una grande gioia”, perché è nato il sorriso, perché è nato Cristo. Sorridiamo, dunque, ed esultiamo insieme con la beata Vergine, perché Dio ci ha dato il sorriso, cioè il motivo di sorridere e di gioire con lei e in lei: “Oggi vi è nato il Salvatore”. Se uno si trovasse in punto di morte o fosse condannato all’ergastolo, e gli venisse annunziato: “Ecco, è arrivato uno che ti salverà!” forse che non sorriderebbe, forse che non esulterebbe? Certamente! Esultiamo quindi anche noi, nella serenità della coscienza e nell’amore autentico, perché oggi ci è nato il Salvatore, colui che ci salverà dalla schiavitù del diavolo e dall’ergastolo dell’inferno».
 
Madre e Figlio
I confratelli dei due grandi santi, per orientare la pietà dei fedeli sul mistero dell’Incarnazione, hanno invitato gli artisti a descriverlo ricorrendo alle immagini. La sintesi più efficace è stata ritenuta la «Vergine con Bambino», la maternità, per il suo linguaggio semplice, profondo e comprensibile.

Nella Basilica del Santo, tra le sessantanove immagini mariane – affreschi, quadri e statue –, spiccano quelle con la Madonna come madre di Dio, la Santa Maria Mater Domini a cui fu dedicata la prima chiesetta intorno alla quale, in seguito, si sviluppò il Santuario antoniano. Alcune di queste immagini sono notissime e molto venerate, come la Madonna del pilastro, opera firmata da Stefano da Ferrara nella seconda metà del Trecento, così detta perché posta sopra l’altare addossato al primo pilastro a sinistra, vicino a una delle porte d’entrata. La Madonna tiene tra le braccia un bimbetto sorridente che con un braccio le cinge il collo. Meno riuscite le smilze figure dei santi Giovanni Evangelista e Giovanni Battista, che la affiancano, e gli angioletti porta corona, aggiunti in epoca successiva da mediocri pittori. È comunque il sorriso del Bambino a trasmettere luce e serenità nei volti dei pellegrini, spesso rabbuiati da tristi pensieri. È un sorriso che colpisce e sembra accompagnare il pellegrino anche quando si allontana per raggiungere la tomba del Santo. Illusione ottica, ovviamente, resa con grande perizia dall’artista, che esprime però una verità confortante per il fedele: nel suo viaggio c’è Qualcuno che lo accompagna con lo sguardo di tenerezza, gli occhi sorridenti e il volto consolatorio.

È ancora un’immagine mariana a sorprendere il pellegrino che, lasciata la cappella dell’Arca, prosegue il cammino: si tratta della statua in pietra policroma della Madonna Mora (mora, per lo scuro incarnato del volto) col Bambino. L’ha scolpita il francese Rinaldino da Puydarrieux, e il 4 giugno 1396 l’opera ha preso posto in Basilica con una solenne cerimonia. Nella composizione la Vergine palesa un volto dolce e sereno, come a dirci: «Non abbiate paura, avvicinatevi con fiducia». Regge col braccio sinistro un Bimbo sorridente, che è la fonte della sua regalità, perché è il Re-Messia, il Salvatore del mondo. Nel mentre, Gesù pare intento a dialogare (la sua bocca è aperta) con chiunque transiti nel sacro edificio antoniano.

Affreschi da riscoprire
Meno in vista, ma altrettanto bella, è la Madre di Dio dell’affresco che sovrasta il pulpito, addossato a una colonna nella parte destra della navata centrale. Restaurata di recente, l’opera è attribuita a Stefano da Ferrara. Più che per l’aspetto artistico, si impone per il significato liturgico, cioè per l’essere dipinta proprio dove un tempo predicatori valenti e dotti incitavano i fedeli a vivere secondo la legge di Dio. Li immaginiamo al termine dei loro sermoni scendere dal pulpito, mentre in alto continuano a splendere il volto della Madre e il sorriso del Figlio, sintesi dell’annuncio angelico a Betlemme: il sorriso di Dio sul mondo e sull’umanità, amata e salvata, la «grande gioia». «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù», ci ha ricordato papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium: «Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza… Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (EG 1).

Da un vicino pilastro sorride un’altra Madonna con Bambino (attribuita al cosiddetto maestro di Roncaiette) fresca di restauro. Assisa su un imponente trono di marmo, la Vergine regge sulla mano destra una mela verso la quale un grazioso Bimbetto si sporge. Su un bracciolo del trono spunta un angelo annunziante e, sull’altro, Maria inginocchiata a dire «Sì» alla proposta celeste di diventare madre del Messia. Ai piedi del trono s’intravede l’immagine del committente: piccola come tutti noi di fronte alla grandezza della Madre di Gesù.
 
Il divino scolpito
Accanto ai pittori, anche gli scultori hanno ricavato dal marmo o forgiato nel bronzo soavi Madonne con Bambino. Uno tra tutti, Donatello. L’opera, realizzata nel 1448 circa, sta sull’altare maggiore ai piedi del grande crocifisso, creato anch’esso, come tutti i bronzi dell’altare, dall’eccelso maestro fiorentino. La Vergine è ritratta nell’atto di alzarsi dal trono: sembra offrire a tutti Gesù, «frutto benedetto del suo seno», al quale lei per prima ha sorriso, dopo averlo dato alla luce. Tanto che il sorriso del Bambino Gesù riflette quello di Maria.

Concludiamo il tour in Basilica con un’ultima tappa: l’atrio che precede la sacrestia. Chi lo percorre non può non notare la dolce immagine di Maria, lavoro di ignoto autore del XIII secolo, che rie­cheggia nel tratto e nei gesti le bizantine «Madonne della tenerezza». A ricordare quei capolavori è il gesto di Gesù che con una mano accarezza il mento della Madre, mentre con l’altra benedice i santi Francesco e Antonio, inginocchiati.

Non è casuale un tale numero di immagini mariane nella Basilica del Santo. Il primo nucleo del Santuario antoniano, come sopra detto, è stato la piccola chiesa di Santa Maria Mater Domini, tanto cara a sant’Antonio, cantore della Vergine gloriosa e confidente del Bambino. Nei nostri presepi, accanto alla Vergine Maria e a san Giuseppe, potrebbero essere messi a giusto titolo Francesco e Antonio. Con loro vorremmo anche noi contemplare il Verbo fatto uomo, che è «il nostro sorriso», il sorriso di Dio, il sorriso del mondo.
 
 

ZOOM
In braccio al Santo

 

Nell’iconografia tradizionale antoniana, almeno a partire da un certo periodo, sant’Antonio è sempre raffigurato con il Bambino Gesù in braccio, assieme ai più antichi simboli del libro e del giglio. Raffigurazioni siffatte sono assai rare in Basilica. Ne ricordiamo una: la statua di marmo accolta nella nicchia che sta sopra la porta di accesso all’atrio della sacrestia. È una bella opera del padovano Giovanni Bonazza (1708), emotivamente impreziosita dal grazioso gesto del piccolo Gesù che accarezza il volto del Santo. È l’immagine che immediatamente identifica il Santo e la sua presenza nelle chiese di tutto il mondo è quasi scontata. Disse a tale proposito san Giovanni Paolo II nella sua visita alla Basilica Antoniana (12 settembre 1982): «È difficile trovare una città o un paese dell’orbe cattolico dove non ci sia per lo meno un altare o una immagine del Santo: la sua serena effigie illumina di un soave sorriso milioni di case cristiane, nelle quali la fede alimenta, per mezzo suo, la speranza nella Provvidenza del Padre celeste».
 

DICEMBRE IN BASILICA
 

8 dicembre
Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria. Ore 10.00 s. Messa concelebrata dai frati del «Messaggero di sant’Antonio» per i lettori e associati. Ore 11.00 s. Messa presieduta dal Rettore della Basilica. Ore 17.00 s. Messa solenne presieduta dal Ministro provinciale. Segue la processione con la statua dell’Immacolata in Basilica e il canto del Tota Pulchra. Le Messe delle 11.00 e delle 17.00 saranno animate dalla Cappella Musicale Antoniana.

15 dicembre
Ore 21.00 Concerto di Natale (Orchestra di Padova e del Veneto).

22 dicembre
Ore 20.45 Concerto della Cappella Musicale Antoniana.

16-24 dicembre
 Novena del s. Natale. Ore 17.00 s. Messa cantata e celebrazione dei Vespri.

24 dicembre
 Ore 23.00 Veglia nella Notte santa. Ore 24.00 s. Messa solenne presieduta dal Padre Rettore e animata dalla Cappella Musicale.

25 dicembre
Ore 10.00 s. Messa concelebrata dai frati del «Messaggero di sant’Antonio». Ore 11.00 e ore 17.00 ss. Messe solenni animate dalla Cappella Musicale.

31 dicembre
Ore 17.00 s. Messa presieduta dal Padre Rettore. Al termine, esposizione del Santissimo e canto del Te Deum.


Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017