Il rettore con la penna nera

Si chiude la carrellata di ritratti che ha visto come protagonisti i frati della Basilica. Ultimo, ma solo in ordine cronologico, il primo: il rettore, fra Enzo Poiana.
27 Novembre 2013 | di

È stata sua l’idea di farci raccontare la vita della Basilica dando voce ai frati che, ogni giorno, aiutano i pellegrini a trasformare la visita di devozione in un incontro con il Signore. I frati non si sono tirati indietro e ognuno, per la mansione che gli compete, si è esposto. E così, da febbraio 2011 a oggi, abbiamo composto una galleria di gradevoli ritratti. Tra questi, buon ultimo, quello del suo ideatore, fra Enzo Poiana, dal 2005 rettore della Basilica. 54 anni, di Corona, frazione di Mariano del Friuli, nel goriziano, fra Enzo proviene da una famiglia di contadini.

«Sono nato il 17 gennaio, festa di sant’Antonio abate, nome scelto da Fernando de Bulhões, il futuro sant’Antonio, indossando l’abito francescano», annota scherzosamente fra Enzo, vedendo in ciò quasi un presagio del suo futuro, nel quale approderà dopo un percorso accidentato. Racconta: «Mia mamma mi ha sempre detto che da piccolo, quando mi si chiedeva che cosa avrei fatto da grande, rispondevo deciso: il prete. Ricordo solo che ho sempre avuto una propensione per la vita sacerdotale e che mi piaceva andare a Messa e servirla da chierichetto». Inevitabile sbocco, allora, il seminario (di Gorizia), nel quale entra nel 1974. Cinque anni dopo, prima di conseguire la maturità, il giovane Enzo però se ne va e, per alcuni mesi, lavora in un distributore di benzina. Nel frattempo chiede di fare il militare e, nel settembre 1979, si arruola nella gloriosa brigata alpina Julia, compagnia fucilieri.
 
Alpino e contadino
Ha un bel ricordo di quel periodo, tant’è vero che ancora oggi indossa con orgoglio il cappello con la penna nera nei periodici incontri in Basilica con le locali sezioni degli alpini. «Il servizio militare mi ha aiutato a staccarmi dalla famiglia e dalla realtà ecclesiale per ripensare la mia vita». Nel frattempo, il nodo della vocazione rimane insoluto. Una decisione, però, Enzo la prende: farà il contadino assieme a suo padre Felice; porterà avanti l’azienda agricola, visto che gli altri fratelli (due femmine e due maschi) non ne vogliono sapere. Per due anni sgobba sui campi. E con soddisfazione. «Il lavoro era faticoso, ma vario, e con momenti di riposo. Insomma, a misura d’uomo».

Il futuro sembra tracciato. Ma, a un tratto, un fatto cambia le carte in tavola: l’elezione nel 1983 di padre Antonio Vitale Bommarco, già ministro generale dei francescani conventuali, ad arcivescovo di Gorizia. Il giorno del suo ingresso, al termine del rito, mentre il corteo dei celebranti sta raggiungendo la sacrestia, Enzo vede il segretario, che conosce la sua storia, confabulare con l’arcivescovo e poi puntare l’indice verso di lui. «Che avrò mai fatto?» si chiede. Monsignor Bommarco lo apostrofa: «È vero che sei scappato dal seminario?». «Scappato! È una parola grossa. Me ne sono andato», puntualizza Enzo. «Vieni a pranzo da me, ne riparliamo».

Enzo ci va con le gambe che gli tremano, ma l’aria che vi trova lo mette a suo agio. Ricorda: «Mi ha sorpreso vedere il vescovo pranzare alla buona, in cucina, assieme alle suore, in un clima di semplicità e fraternità francescane». Alla fine del pranzo, il vescovo affronta il motivo dell’incontro: «Il mio segretario è preoccupato per te: se tu non riprendi in mano la tua vita, sarai sempre uno scontento». Enzo gli risponde che non è possibile: «Dovrei fare l’esame di maturità e altro ancora». E lui: «Tutto si può fare, perché se il Signore ti ha chiamato, gli devi rispondere, pena la tua infelicità».

Parole chiare, che tolgono il sonno a Enzo. Non se la sente di lasciare solo il papà, che conta su di lui per il futuro dell’azienda. Confida il cruccio al vescovo, che lo tranquillizza. «Non preoccuparti: parlo io con tuo papà». Un giorno, mentre è nei paraggi per le cresime, il vescovo appare nella fattoria dei Poiana. Saluta tutti, quindi chiede di poter visitare la stalla. Papà Felice, impacciatissimo, lo accompagna a vedere i suoi tesori. Il vescovo osserva, ascolta, si compiace e alla fine getta lì: «Se non vuole che Enzo sia scontento, lo lasci partire, deve riprendere la sua strada». «Purché non ritorni nuovamente a casa», replica il papà. «Non si preoc­cupi, lo sistemo io» gli risponde Bommarco.
 
A Treviso il primo passo
La decisione presa è questa: Enzo riprenderà le scuole superiori, ma non a Gorizia, bensì a Treviso, nel convento dei frati conventuali. L’idea di andare dai frati non piace affatto a Enzo, che tenta di opporsi. Inutilmente. «La prima settimana è stata dura – racconta –. Poi, pian piano, ho scoperto una realtà che mi ha conquistato. A Natale sono andato dal vescovo per dirgli che non sarei tornato a Gorizia: sarei rimasto a Treviso. Lui tentò di opporsi, ma, in fondo, fu contento della mia scelta».

Il seguito fila via liscio: maturità, noviziato nella Basilica del Santo, teologia e ordinazione sacerdotale nel 1991. Il primo impegno pastorale è a Roma, nel Villaggio giuliano-dalmata, dove erano confluiti, dopo la guerra, molti degli scampati agli eccidi degli aguzzini di Tito e all’orrore delle foibe. «Un dramma che ignoravo – ricorda padre Enzo –, pur essendosi compiuto non lontano dalla mia città. Lì ho cominciato a conoscerlo dalla viva voce di chi l’aveva vissuto».
 
I compiti del rettore
A Roma rimane quattro anni come viceparroco, impegnato soprattutto nella pastorale giovanile. Nel 1997 è a Trieste, nella chiesa di San Francesco, come superiore della comunità e parroco. Nel 2005 arriva a Padova, rettore della Basilica del Santo e superiore della comunità. Quali i compiti del rettore? «È una sorta di “direttore d’orchestra” del gruppo di frati impegnati ad accogliere i pellegrini. Come superiore della comunità, deve avere attenzione per i religiosi, essere loro vicino nei momenti in cui fanno più fatica. Verso l’esterno, è chiamato a tenere i contatti con la realtà devozionale. Qui arrivano fedeli, sacerdoti e vescovi da tutto il mondo, con i quali è bene stabilire relazioni facendo conoscere la realtà del santuario.

Altrettanto importante è saper intrattenere relazioni con la città e le sue istituzioni. La città risponde nella misura in cui tu sei presente agli avvenimenti, per onorare con la tua presenza le persone, con le quali instauri o rinsaldi il legame con la Basilica, che prima di essere Santuario internazionale è Santuario di Padova». Recenti indagini, come quella effettuata durante l’Ostensione dei resti di sant’Antonio dall’Osservatorio socioreligioso del Triveneto, riconfigurano la tradizionale immagine del pellegrino e i motivi per cui viene al Santo. «Il livello culturale, da sempre ritenuto medio/basso – conferma fra Enzo – si attesta invece su valori medio/alti. I devoti vengono per fede, per pregare, per incontrare il Santo, ritrovare Dio e celebrare l’eucaristia».

Fra Enzo, ma anche ogni frate con il quale abbiamo dialogato in questi anni, ci ha fornito straordinari esempi dell’intervento di Dio, per l’intercessione del Santo, di cui è stato testimone: maternità ritenute impossibili, conversioni sorprendenti, legami infranti e rinsaldati. Un caso, si dirà. Ma si sa che caso è il secondo nome di Dio.

 

Appuntamenti in Basilica

 
8 dicembre - Ore 10.00: S. Messa concelebrata dai frati del «Messaggero di sant’Antonio» per la Famiglia antoniana; ore 11.00: S. Messa solenne presieduta dal padre rettore e festa dei giubilei di vita religiosa e sacerdotale dei frati della comunità del Santo; ore 17.00: S. Messa solenne presieduta dal Ministro provinciale, fra Giovanni Voltan, seguita dalla processione con la statua dell’Immacolata e canto del Tota Pulchra; le Sante Messe delle 11.00 e delle 17.00 saranno animate dal canto della Cappella musicale antoniana.
 
16-24 dicembre - Novena del Santo Natale; Ore 17.00: S. Messa cantata e celebrazione dei vespri.
 
24 dicembre - Ore 23.00: veglia nella Notte santa; ore 24.00: S. Messa solenne presieduta dal padre rettore, animata dalla Cappella musicale antoniana, processione e benedizione del presepio. La Messa sarà trasmessa in diretta da Telechiara, TVA, satellite (Europa e Nord Africa) e web.
 
25 dicembre - Ore 10.00: S. Messa concelebrata dai frati del «Messaggero di sant’Antonio» per la Famiglia antoniana; ore 11.00 e ore 17.00: Sante Messe animate dalla Cappella musicale antoniana.
 
31 dicembre - Ore 17.00: S. Messa solenne presieduta dal padre rettore. Al termine esposizione del Santissimo Sacramento e canto del Te Deum di ringraziamento al Signore per i benefici ricevuti durante l’anno.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017