Il rancore della madre nel matrimonio di Angela

Persino davanti alla tomba del padre, la madre di Angela non sa celare il risentimento. Un piccolo shock che basta alla giovane per capirequanto il proprio rapporto con il marito assomigli a quello della madre con il padre.
26 Febbraio 2004 | di

«Sono andata al cimitero con mia madre; quando ho visto la tomba di mio padre in disordine, le ho detto: Ma mamma! Tienila un po' meglio la tomba di papà ! E lei mi ha risposto furente: Con quello che mi ha dato... quello che faccio per la tomba è anche troppo!. Se ce ne fosse stato bisogno, mi ha ripetuto la storia che avevo sentito infinite volte, fin da piccola: Se sono stata insieme a tuo padre è perché c'eri tu. Non ha mai fatto niente per me, pensava solo a se stesso. È andato a lavorare all'estero e là  se la spassava. È tornato solo quando ha saputo che tu, a 19 anni, eri incinta. Si lamentava che spendevo e spandevo i soldi che guadagnava; certo che li spendevo, almeno quelli. A te e a me non facevo mancare niente....
«Sarà  forse stata l'aria del cimitero, quell'aria strana in cui le parole ti tornano indietro come un'eco; mia madre gridava, quasi, dimenticandosi che davanti ai morti bisogna abbassare la voce; sarà  forse stata l'aria del cimitero, dicevo, fatto è che per la prima volta ho sentito quanto le assomigliavo. Anch'io spendo e spando i soldi di mio marito, per me e per la mia neonata. Se vedo qualcosa che mi piace, ho il bancomat in tasca che quasi mi scotta e senza pensarci due volte lo uso, con una certa soddisfazione. Mio marito, che fa il fabbro in proprio e i soldi se li suda - dice - se n'accorge a fine mese e allora sono guai: mi chiede dove spendo tutti quei soldi, non sta neanche a sentire la risposta, e si risponde da solo che ho le mani bucate.
«Io stavo bene con la mamma, in fondo non ho mai sentito la mancanza di papà , io e lei ci intendevamo su tutto. L'unica tragedia è stata quando sono rimasta incinta; no, sbaglio, è stata quando le ho detto che noi due ci amavamo e ci volevamo sposare in fretta. Ha fatto di tutto per dissuadermi, poiché ero troppo giovane... Ho martellata in testa una sua cantilena che, forse perché in dialetto, forse perché in rima, fatto è che canta da sola dentro di me: I om gan i dent de can, se pian minga incà¶, pian doman (gli uomini hanno dente di cane, se non mordono oggi mordono domani). Ho sempre pensato che ma' in fondo avesse ragione, anche quando ero del tutto innamorata; ora, poi, che mio marito, di fatto, morde... Ciò nonostante, nell'aria rarefatta del cimitero, quel sospetto di essere uguale in tutto e per tutto a mia madre....»
Angela

Benedetto cimitero

Diciamolo subito, fuori dai denti: lei, Angela, non è uguale a sua madre. Si è autocostretta a essere uguale a sua madre, e con questo fardello è arrivata al suo matrimonio. A volte, ciò che passa tra le generazioni non è il canto della vita ma la cinghia di trasmissione dei pesi e delle condanne. Il risultato è che lei, Angela, non ha ancora cambiato famiglia: lo svincolo dalla sua casa materna sarebbe stato troppo doloroso per ambedue: lei e sua madre.
Ma andiamo con ordine: lei si trova di fronte alla tomba trascurata di suo padre e reclama presso la mamma. Ma la mamma, nel suo dolore e nel suo furore, ha ben altri conti da pareggiare: Quell'uomo che è tuo padre non si merita nemmeno la cura dei morti. Apriamo gli orecchi: quando un genitore si ostina a chiamare, presso il figlio, il proprio coniuge tuo padre (o tua madre; con quel tono inconfondibile di accusa che i bambini percepiscono benissimo), allora vuol dire che è in atto una potente istruzione, dai significati molteplici, che il bambino ovviamente non capisce, ma percepiscebenissimo: colui/colei che ti ha generato non è anzitutto il mio coniuge, quello che ho amato, ma qualcuno che estrometto dalla mia vita, per caricartelo in qualche modo sulle spalle. I figli di questo tuo padre/tua madre ossessivamente ripetuto, hanno poi molta difficoltà  a staccarsi, restano in qualche modo figli non adulti, anche quando fondano una famiglia nuova.
Però in quel cimitero è successo qualcosa di nuovo: per la prima volta, la figlia capisce che la mamma è sopra le righe, che non ha ragione di fronte al silenzio di un morto.
Profezia del risentimento
Allora la figlia apre gli occhi: la bambina che stava così bene con la mamma, che le aveva letteralmente creduto quando diceva che si può fare a meno degli uomini, che si era sentita una piccola regina, viziata per risarcimento (ma di chi: della figlia o della madre?) sente il sapore amaro della vendetta materna. Come donna, la madre poteva avere mille ragioni per essere furente contro il marito, ma non ha sicuramente ragioni per legare a sé la figlia in funzione anti-maschio. Perché proprio lei che vuol proteggere, circondare d'affetto e di felicità  la sua bambina, proprio lei che crede (sulla base anche di tutti i suoi sacrifici!) di poter trattenere nel suo abbraccio la figlia e bastarle, proprio lei le fa un danno che sembra irreversibile? E cioè l'istruzione a diffidare degli uomini. Abbiamo sentito con le nostre orecchie una madre separata dire in tutta umiltà  alla figlia, che stava mettendosi in coppia: Figlia, se è andata male a me, non è detto che vada male anche a te!. Una simile madre ama la figlia più di se stessa e più dei propri fallimenti.
La madre di Angela è convinta che sia il proprio livore di donna delusa e trascurata a proteggere la figlia e le consegna le chiavi del proprio risentimento come scudo protettivo. Ma fa una profezia che non tarderà  ad avverarsi: i denti di cane mordono, non importa se oggi o domani. La figlia, senza saperlo, aveva violentemente contestato la madre: non con la testa, ma... con la pancia, esibendole l'ingenuità  del suo innamoramento che avrebbe cambiato tutto. Diciamolo con forza, a carico di quelle che dovrebbero essere le coppie anziane nella vita e nella fede: il risentimento non protegge mai un figlio; istruirlo a non cadere nelle mostruose trappole in cui pensa di essere caduto un genitore è un cattivo lasciapassare; proprio questi figli di un solo genitore (anche con tanto di marito non separato!) poi scopriranno dentro di sé lo stesso livore, lo stesso risentimento. Entrano, per così dire, nel territorio nuovo del loro matrimonio, con la confusa cognizione del deja vu, anche quando tutto, proprio tutto, appare contestare la profezia materna.
Di nuovo, lo svincolo appare assai difficile e il lasciare la madre, un compito impossibile. Quando poi, ed è forse il caso di Angela, quel padre forse non era nemmeno così inesistente e così distante: se manda a casa i suoi guadagni e si precipita sulla strada del ritorno alla notizia che la figlia è incinta.
Lasciare la madre
Ma c'è di più: questa figlia non assomiglia alla madre per vezzo di natura ma purtroppo ha appreso un certo modo compulsivo di usare il denaro. In fondo, madre e figlia non se lo nascondono: spendono per rifarsi. La madre ha un marito all'estero per lavoro (se scavassimo un po' in fondo, troveremmo forse che la distanza a causa del lavoro poteva essere un guadagno per lui e forse anche per lei: un marito all'estero risulta obiettivamente più difficile!) e usa i soldi che egli le manda senza parsimonia, forse per lei è l'unico modo di sentirsi... sposata. La figlia Angela ha un marito vicino, che fatica nella bottega da fabbro, ma pare già  (inconsapevolmente) sapere come si trattano gli uomini e, quasi vantandosene, usa il bancomat come se fosse una pistola contro, mentre a parole si racconta che non sa frenarsi.
Ma Angela ha delle chance per sé e per il proprio matrimonio? Ora che scopre di essere uguale alla madre, sì. Ciò che finalmente può levarsi di dosso è la contiguità  con la madre, il sentirsi costretta a fare come lei, come se la bambina di un tempo non potesse lasciar sola la madre. Ora può non perdere la madre, ma lasciarla, lasciare cioè che le istruzioni della madre non abbiano più il potere di far fallire il suo matrimonio. Se potesse, questa madre non vorrebbe il fallimento della figlia: ma, ora soltanto, la figlia può riscattare la madre.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017