Il pasticcio dell’energia

Il passaggio dal mercato tutelato di luce e gas al mercato libero è avvenuto, e per la luce sta ancora avvenendo, con poche regole e scarsa informazione. Gli utenti hanno pagato molto di più e spesso subito pratiche commerciali scorrette. Era inevitabile?
08 Aprile 2024 | di

Non siete ancora passati di vostra volontà al mercato libero dell’energia elettrica e del gas e siete ancora parcheggiati nel limbo del mercato tutelato per quanto riguarda l’energia elettrica o dell’offerta Placet in deroga, nel caso del gas? Se leggete i commenti di alcuni esperti, c’è chi vi definirà «pigri», o «restii» a prendervi le vostre responsabilità in fatto di energia. Nella realtà la cosa è più complessa di come appare. Vale la pena chiarire come e perché siamo arrivati alla fine del mercato tutelato, a chi è convenuto e, soprattutto, come difendersi per avere in futuro un accesso all’energia adeguato alle nostre esigenze e al nostro portafoglio.

Cominciamo dai «pigri». Le famiglie che non sono passate dal mercato tutelato (quello in cui prezzi e condizioni contrattuali sono fissate dall’Autorità pubblica di luce e gas, Arera) al mercato libero dell’energia (dove invece i prezzi e le condizioni contrattuali sono fissate dal fornitore) sono circa il 30 per cento del totale. Il mercato tutelato del gas si è concluso il 10 gennaio del 2024, e chi a quella data non aveva scelto un’offerta del mercato libero non ha subito la chiusura dei rubinetti del gas, ma è finito in una via intermedia, un’offerta con nuove condizioni contrattuali ed economiche, che si chiama Placet in deroga e che durerà un anno (fino al 31 dicembre 2024). Il mercato tutelato della luce doveva concludersi il 1° aprile, ma la chiusura è slittata al 1° luglio 2024.

Chi pigro non è stato e ha scelto un’offerta del mercato libero ci ha guadagnato o ci ha perso? Ovviamente la risposta non è univoca, ma ci sono stati dei problemi non indifferenti. «Un anno fa – racconta Cristina – si è presentata a casa mia un’operatrice di una grande azienda dell’energia, dicendomi che i prezzi dell’elettricità sarebbero saliti alle stelle e che se non avessi sottoscritto il contratto che mi proponeva, applicandomi uno sconto del 30%, me ne sarei pentita amaramente. Mi sono fidata perché si trattava di un gestore molto noto, ma è successo l’esatto opposto rispetto a quanto prospettatomi: mi è arrivata la bolletta più alta di sempre, senza gli sconti promessi e ho dovuto battagliare non poco, “sballottata” da un call center all’altro prima di farmeli applicare, e comunque il costo è più alto di prima».

I dati Istat del dicembre 2023 attestano, numeri alla mano, che nel caso dell’energia elettrica il pigro ha guadagnato molto di più rispetto allo «zelante»: nel mercato libero il chilowattora costava in media 44,33 centesimi, contro i 28,29 centesimi del mercato tutelato, una media di 433 euro in più su base annua, tutt’altro che un affare per il povero zelante. Riguardo al gas, i dati definitivi dell’Istat di luglio 2023, avevano comunque verificato che il costo del gas nel mercato libero su luglio 2022 era rincarato del 28,3%, mentre nello stesso periodo il costo nel mercato tutelato era addirittura crollato del 34,6%: un divario del 69,2%, ancora una volta disastroso per il povero zelante.

Poche regole e scarsa concorrenza

Che cosa è andato storto? «Noi abbiamo sempre avuto una posizione molto critica, non tanto rispetto al mercato libero, quanto rispetto al modo in cui è stata gestita l’uscita dal servizio di maggior tutela, nonostante i tanti rinvii» afferma Marco Vignola, responsabile energia dell’Unione nazionale consumatori. «Un mercato davvero libero, e quindi conveniente anche per il consumatore, dovrebbe avere due presupposti. Il primo è un numero ragionevole di aziende che si facciano una vera concorrenza e invece oggi in Italia, un unicum in Europa, ne abbiamo circa 700 con migliaia di offerte, ed è difficile capire quale convenga davvero non solo per i costi ma anche per i servizi erogati». 

A permettere un qualche confronto sui costi annuali di luce e gas è il Portale Offerte dell’Autorità per l’energia (Arera). Siamo andati sul sito e abbiamo impostato la richiesta di una fornitura annuale di energia elettrica per una famiglia di 3 persone, a Padova (consumo previsto 2.385 Kwh), con un livello di potenza di 3Kwh. Al 5 marzo sono risultate 614 offerte. Tra i gestori ci sono decine di compagnie, alcune piccolissime e mai sentite prima, ma ciò che salta all’occhio è che l’offerta in regime di maggior tutela è pari a 539,20 euro, nessun’altra offerta ha un costo inferiore e – cosa preoccupante – l’offerta più cara è pari a 3.957,10 euro all’anno, ovvero 3.417,90 euro in più rispetto alla tariffa di maggior tutela. È chiaro che una persona consapevole non sottoscriverebbe mai un contratto così svantaggioso, ma una persona fragile? Magari raggirata da un venditore aggressivo e senza scrupoli?

Il secondo presupposto che è mancato nel passaggio al mercato libero è proprio la consapevolezza dei consumatori, possibile solo dopo un’adeguata informazione, che di fatto non c’è stata. «Scegliere il fornitore di gas ed energia elettrica non è banale – continua Vignola –. Mentre le offerte delle compagnie telefoniche sono piuttosto semplici da valutare, perché hanno a che fare con poche e comprensibili caratteristiche – i minuti, i giga, la copertura – le offerte collegate all’energia dipendono da dati tecnici non facili da analizzare». Per esempio, sempre nel caso dell’energia elettrica c’è il costo della materia prima che è controllabile con un indice che si chiama PUN (Prezzo Unico Nazionale), poi c’è la commercializzazione, il trasporto e la gestione del contatore e le varie imposte. È chiaro che bisogna essere consapevoli di tutte queste voci nella propria bolletta, per capire se l’offerta è conveniente. Insomma non è come acquistare un pacco di pasta.

C’è solo una categoria di persone che avrà accesso sempre e comunque al mercato tutelato. Sono i cosiddetti «vulnerabili», nella fattispecie si tratta di anziani con più di 75 anni, chi si trova in condizioni economiche svantaggiate, chi è costretto a vivere grazie all’utilizzo di apparecchiature mediche salvavita, chi è soggetto con disabilità ai sensi della legge 104/92, chi si trova in un’abitazione di emergenza a causa di eventi calamitosi, chi vive in un’isola minore non interconnessa. A parte questi casi, che comunque devono verificare che gli sia stato davvero riconosciuto lo stato di vulnerabilità e il diritto a rimanere nel mercato tutelato, tutti gli altri giocoforza sono finiti o finiranno nel mercato libero, che abbiano o meno la sufficiente consapevolezza per gestire le scelte che esso comporta. Alcuni hanno già fatto il salto, anche per quanto riguarda l’energia elettrica, ma non se ne sono neppure accorti. In tal caso è bene leggere con attenzione la bolletta: in alto a destra, dovrebbe esserci scritto «servizio di maggior tutela».

Si poteva evitare

Le privatizzazioni dei vari servizi sono iniziate con il decreto Bersani del 1999, che recepiva una direttiva comunitaria in tema di liberalizzazioni. Tra gli intenti, quello di creare concorrenza tra i gestori, in modo da favorire l’abbassamento dei prezzi per l’utente finale. Per il momento, probabilmente anche a causa della congiuntura – legata alla pandemia, alla guerra in Ucraina, all’eccessiva dipendenza dell’Italia dal gas russo, ma anche alla speculazione –, le cose non sono andate esattamente come ci si attendeva. L’entrata nel mercato libero è stata per molti caotica e poco consapevole, con i gestori che sovente, come nel caso di Cristina, hanno attuato politiche di marketing poco trasparenti, pur di accaparrarsi gli utenti, che hanno finito per pagare di più, proprio in un tempo di difficoltà economica. L’incentivo in più da parte del governo per finalizzare le privatizzazioni è stato il fatto che esse sono state inserite tra i target da raggiungere per ottenere i finanziamenti del Pnrr. Ciò potrebbe far pensare che il resto d’Europa ha un mercato dell’energia fortemente liberalizzato, e che noi, al solito, siamo il fanalino di coda delle innovazioni. Ma è davvero così?

A questo proposito risulta interessante una voce fuori dal coro, Gianguido Piani, esperto di sistemi energetici, che in un articolo pubblicato su «Il Fatto Quotidiano» del 12 dicembre 2023 scrive: «In altri Paesi Ue il mercato tutelato, in forme diverse, esiste e serve la maggioranza degli utenti. In Francia il prezzo del kWh per i clienti domestici che non vogliono rifornirsi sul libero mercato è fissato dalla Commission de Régulation de l’Energie. Chi non può o non vuole perdere tempo a confrontare offerte, e soprattutto non vuole rischiare improvvise impennate del prezzo, sceglie la “Tarif Bleu” ed è a posto». E ancora: «In Gran Bretagna, il Paese che più ha spinto per le liberalizzazioni in Europa, metà delle utenze è ancora in qualche forma di regime tutelato e non è interessata a cambiare fornitore». 

Resta da capire che cosa significa in Italia essere nel servizio di maggior tutela: significa che c’era o c’è un monopolio pubblico ed altre proposte private non erano e non sono ammesse? No, neppure questo è vero, e lo spiega bene Marco Vignola: «“Servizio di maggior tutela” significa di fatto avere un contratto standard, con caratteristiche definite da un acquirente unico, ovvero Arera, l’autorità dell’energia. Non si tratta di entrare in un circuito di aiuti sociali, ma di sottoscrivere un contratto pulito, dove al cittadino non vengono caricati altri oneri, pur pagando l’energia a prezzo di mercato». Non solo, anche prima della fine del mercato tutelato esisteva la possibilità di scegliere un’offerta del mercato libero, dando all’utente una doppia possibilità. «Caratteristiche queste che già soddisfacevano i requisiti europei. È stata l’Italia a inserire la fine del mercato protetto tra i requisiti del Pnrr» continua Vignola. Una specie di autogol, dal punto di vista del consumatore.

Come difendersi?

Che cosa si può fare per difendersi dal caro bollette a breve termine?  «Innanzitutto imparare a leggere le bollette, capire in che mercato ci troviamo, quanto stiamo spendendo al metro cubo o al chilowattora. Quali sono le voci variabili e quelle fisse. Se ci accorgiamo che quel contratto non è più conveniente, è bene cercarne un altro nel mercato libero, stando attenti però alle proprie necessità». Per alcuni potrebbe essere più conveniente un contratto a fasce orarie, per altri uno a monofascia, per alcuni a prezzo variabile, per altri a prezzo fisso. «È importante, tuttavia, non fermarsi solo al prezzo, ma spaziare anche ai servizi che un dato gestore può garantire; c’è chi preferisce affidarsi a un’azienda che ha un buon servizio clienti o un buon sito, o, in altri casi, a un’azienda locale perché ha l’ufficio vicino a casa. Le variabili sono tante». Tutte però passano dall’informazione, dalla consapevolezza e dal controllo dell’utente. Con le complicazioni del caso.

Per quanto riguarda l’energia elettrica, c’è ancora un’opzione utile da valutare. Chi è rimasto nel servizio di maggior tutela, passerà automaticamente, quando tale servizio cesserà per i non vulnerabili, cioè il 30 giugno 2024, a un nuovo servizio detto «a tutele graduali». Tale servizio è frutto di un’asta che è stata fatta lo scorso gennaio, dividendo il territorio nazionale in 26 lotti omogenei, che ha visto gareggiare al ribasso le diverse aziende. Il risultato è che la quota di commercializzazione – semplificando, una specie di abbonamento annuale –, spuntata è molto bassa, addirittura più bassa del servizio a maggior tutela (e questo, pur se conveniente per i non vulnerabili, è assurdo, perché esclude i più deboli). L’aggiornamento non sarà più trimestrale ma mensile, come nel mercato libero, e il contratto potrà durare fino al marzo 2027.

La buona notizia è che anche chi è uscito dal servizio di maggior tutela può rientrarvi, seguendo una data procedura, per poter accedere al nuovo servizio. A patto che lo faccia al più presto, perché occorrono circa due mesi per cambiare contratto. «Le tutele graduali daranno agli utenti il tempo di gestire meglio questa entrata caotica nel mercato libero, sperando in una maggior regolazione e in una vera concorrenza tra aziende per il futuro» conclude Marco Vignola. Rimane, tuttavia, una domanda sullo sfondo. L’energia è di fatto un bene di cui non si può fare a meno nella vita delle famiglie. Ha senso che un bene così essenziale abbia regole troppo lasche e sia lasciato nelle mani del mercato che, per sua natura, ha come obiettivo solo il profitto?

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Data di aggiornamento: 08 Aprile 2024

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