Il divino Antonello e il maledetto Modì

A Roma una mostra imperdibile riunisce alle Scuderie del Quirinale quasi tutte le opere di Antonello da Messina. Al Vittoriano si ammirano i quadri di un genio inquieto: Amedeo Modigliani.
19 Aprile 2006 | di

Un viaggio a Roma è d’obbligo. Per vedere i capolavori di uno straordinario pittore del Quattrocento, Antonello da Messina. Di lui ci sono pervenute pochissime opere, una cinquantina in tutto, che sono sparse in giro per il mondo. Ritrovarle riunite a Roma, alle Scuderie del Quirinale, è un’occasione forse irripetibile.

Le tavole di Antonello sono di una bellezza sovrumana. È curioso che Jacobello, figlio di Antonello e pittore anch’egli, si firmasse con riverenza: Filius non humani pictoris, «Figlio di un divino pittore». Le opere del grande messinese sono di una struggente bellezza e, viste dal vero, affascinano per la potenza dei contrasti di luce che effondono, e per quegli occhi «stregati» dei suoi ritratti che catturano l’osservatore e lo seguono con lo sguardo. Ritratti che, assieme ai soggetti sacri, hanno fatto di Antonello un grandissimo artista.
Apparentemente senza maestri né seguaci: «Dall’alto del suo genio – scrive Mauro Lucco, curatore della mostra di Roma – Antonello ha guardato a tutti e a nessuno». Di lui poco si sa e le scarne notizie si possono ricavare da pochissimi atti rimasti, come per esempio il testamento del 14 febbraio 1479, certificato da un notaio. La data di nascita la si desume dal fatto che Giorgio Vasari, celebre biografo cinquecentesco, lo descrisse come artista dedito ai piaceri, morto a quarantanove anni. E fu sempre il Vasari a diffondere la leggenda di Antonello da Messina detentore del segreto della pittura a olio.
Ma sono notizie poco attendibili e quasi tutte le testimonianze storiche su di lui sono andate perdute, anche per lo spaventoso terremoto di Messina del 1908.
Figlio di Giovanni Michele D’Antonio, un capomastro, e di Garita (forse Margherita), si sa che Antonello andò a Napoli a studiare alla Bottega di Colantonio e, probabilmente attraverso di lui, recepì la lezione dei fiamminghi. Napoli era il regno della cultura e della pittura, poiché vi era stato sovrano re Raniero, e cioè Renato D’Angiò, amante dell’arte e mecenate.
Un’altra tappa significativa fu il suo soggiorno veneziano, durato solo due anni, ma estremamente produttivo: Antonello dipinse in quel tempo circa un quadro ogni venti giorni. Venezia era luogo di transito e di rinnovamento del linguaggio pittorico e fu per lui il trampolino di lancio che ne fece un genio per il mondo intero. Antonello tornò nella sua Sicilia nel 1476. E purtroppo, poco dopo, vi morì.
È curioso sapere che Antonello dipingeva su supporti lignei: le opere su tavole di noce le dipinse a Messina, quelle su legno di pioppo parte al Sud e parte a Venezia; i quadri su legno di frutto li eseguì tutti al Sud e quelli su tiglio a Venezia.
La mostradi Roma dà conto di tutta la sua produzione pittorica edè organizzata per temi. Comincia con il San Girolamo nello studio (Londra); seguono i ritratti: di privati, quasi sempre personaggi anonimi (veneziani o messinesi) spesso con sguardo ironico, in tralice, come il Ritratto d’uomo o Sorriso dell’ignoto marinaio (Cefalù) che ispirò lo scrittore Vincenzo Consolo o i diversi Ritratti di giovani. I soggetti sacri sono grandiosi: La vergine leggente (Venezia), il cui il volto bianco sembra irradiare luce; la Madonna col Bambino di Messina; la Madonna col bambino benedicente e un piccolo francescano in adorazione, una tavola piccola e stupenda; l’Annunciazione di Siracusa, bellissima e danneggiatissima; i santi Girolamo, san Gregorio Magno e sant’Agostino, e la celeberrima Annunciata, solitamente custodita nella Galleria regionale di Palazzo Abbatellis, a Palermo, mentre un’altra versione si trova a Monaco. Una Madonna che, secondo Leonardo Sciascia, ha il volto delle donne siciliane dell’interno: «Col volto stretto tra le falde della mantellina, essa par chiusa in un’armatura che sa di chiostro e di ovile. Questo classico copricapo rende la flagranza delle sue guance e l’ardore dei suoi occhi, favolosi e irraggiungibili». L’angelo dell’Annunciazione non c’è più ed è come se lo spettatore assumesse il punto di vista dell’angelo scomparso.
 
Bellissimi sono i soggetti religiosi
Nel piano più alto delle Scuderie, ecco gli Ecce Homo, volti di intenso dolore e carnale sofferenza, che sembrano unire umano e divino. Nella Crocifissione di Sibiu (Romania) i corpi dei ladroni si tendono in una posizione che richiama la Crocifissione di Van Eyck, ma il contesto è completamente nuovo. Al posto della folla dipinta dal pittore fiammingo si profilano le donne piangenti e, sullo sfondo, la città di Messina. Il Cristo morto sorretto da tre angeli richiama il Cristo morto con quattro angeli di Giovanni Bellini, esposto tra le opere di confronto. L’intensità struggente del Cristo alla Colonna (Parigi) richiama un’altra Pietà straordinaria, quella conservata al Prado (e non esposta a Roma).
Il San Sebastiano di Dresda proviene dalla Scuola di San Rocco a Venezia e fu commissionato nel 1478, quando la città venne colpita dall’ennesima epidemia di peste. Attribuito solo di recente ad Antonello, sottoposto a un complicato restauro che ne ha accentuato gli azzurri, ricorda Mantegna e Piero Della Francesca per il raggruppamento delle figure nello spazio. Lo stesso soggetto è ritratto da Cima da Conegliano o da Bartolomeo Montagna, ma solo Antonello raggiunge la perfezione. Il suo San Sebastiano, un nudo apollineo di grandiosa monumentalità, sconvolge per l’accettazione serena della sofferenza da parte del martire cristiano.
 
Amedeo Modigliani il genio maledetto
Cinque secoli dopo Antonello da Messina, nasceva Amedeo Modigliani. Accostiamo i due artisti per la concomitanza delle mostre, ma essi presentano anche alcune analogie. Entrambi furono ritrattisti, entrambi morirono giovani, entrambe le vite entrarono nella leggenda. Ma se il primo vi restò con l’epiteto di divino, il secondo come genio inquieto, un Modì, che in francese suona come maudit, maledetto. Morì nel 1920 a soli 36 anni e, appena due giorni dopo, la moglie Jeanne, incinta di otto mesi del loro secondo figlio, si gettò dal balcone di casa.
Amedeo Modigliani nacque a Livorno da famiglia di origini ebraiche e fu subito cagionevole di salute. Anche lui, come Antonello, andò a Venezia e poi, con il demone dell’arte nel sangue, raggiunse la capitale francese. Ma a Parigi, il cigno del Louvre, dandy, eccentrico, raffinato, irrequieto, visse di stenti, dipingendo donne diverse, cercando per molti anni la sua strada. Quando incontrò Jeanne, la donna della sua vita, era ormai troppo tardi. Con lui finì anche la leggendaria vita degli artisti a Montparnasse. «Modigliani – scrisse Jean Cocteau – ha segnato la fine di una profonda eleganza a Montparnasse, ma non lo sapevamo. Pensavamo invece che quelle lunghe giornate di pose, quei disegni da caffè, quei capolavori a cinque franchi, quelle baruffe, quegli abbracci sarebbero durati per sempre».
La fama di Modigliani cominciò dopo la sua morte. I suoi ritratti di gente che aspirava alla gloria ma che spesso rimase nell’indigenza (letterati, poetesse, mercanti d’arte...) e i suoi celebri nudi (che fedri su legno di frutto li eseguì tutti al Sud e quelli su tiglio a Venezia.
La mostra di Roma dà conto di tutta la sua produzione pittorica ed è organizzata per temi. Comincia con il San Girolamo nello studio (Londra); seguono i ritratti: di privati, quasi sempre personaggi anonimi (veneziani o messinesi) spesso con sguardo ironico, in obliquo, come il Ritratto d’uomo o Sorriso dell’ignoto marinaio (Cefalù) che ispirò lo scrittore Vincenzo Consolo o i diversi Ritratti di giovani. I soggetti sacri sono grandiosi: La vergine leggente (Venezia), il cui il volto bianco sembra irradiare luce; la Madonna col Bambino di Messina; la Madonna col bambino benedicente e un piccolo francescano in adorazione, una tavola piccola e stupenda; l’Annunciazione di Siracusa, bellissima e danneggiatissima; i santi Girolamo, san Gregorio Magno e sant’Agostino, e la celeberrima Annunciata, solitamente custodita nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis, a Palermo, mentre un’altra versione si trova a Monaco. Una Madonna che, secondo Leonardo Sciascia, ha il volto delle donne siciliane dell’interno: «Col volto stretto tra le falde della mantellina, essa par chiusa in un’armatura che sa di chiostro e di ovile. Questo classico copricapo rende la fragranza delle sue guance e l’ardore dei suoi occhi, favolosi e irraggiungibili».
Qui l’angelo dell’Annunciazione non c’è più ed è come se lo spettatore assumesse il punto di vista dell’angelo scomparso.
 
  
Informazioni
 
Antonello da Messina
 Roma, Scuderie del Quirinale fino al 25 giugno 2006
Info: tel. 06 39967500 - www.scuderiequirinale.it
 
Modigliani
 Roma, Complesso del Vittoriano fino al 20 giugno 2006
Info: tel. 06 6780664

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017