Il cardinale Poupard: portare Cristo ai giovani

La ricerca di un nuovo linguaggio e di nuovi incontri per portare alle nuove generazioni ciò che la Chiesa ha di più caro: Gesù Cristo e il suo messaggio di amore e di impegno.
29 Marzo 2004 | di

Porterò Dio in discoteca: era questo l'ammiccante e intrigante titolo di un articolo scritto di recente dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio consiglio della Cultura, per un noto settimanale nazionale. Nel testo, che affrontava il tema dell'evangelizzazione nella società  odierna, vi erano anche alcuni interessanti spunti di riflessione sull'annuncio del Vangelo ai giovani. Abbiamo pensato di approfondire l'argomento affidandoci proprio al cardinale.

Msa. Eminenza, Porterò Dio in discoteca voleva essere solo una provocazione?
Poupard.
Forse qualcuno avrà  pensato al lancio di una nuova moda, magari una Cardinal disco dance. Al di là  della battuta, quindi della semplice spiegazione del titolo come probabile esigenza redazionale di suscitare la curiosità  del lettore, veniamo alla domanda: sì, vedo una nuova via di evangelizzazione nel farci prossimo dei giovani, per capire il loro modo di vivere e la loro cultura. Così si può trovare un linguaggio e un metodo per comunicare loro il Vangelo.

La sfida è, dunque, quella di parlare di Cristo ai giovani con il loro linguaggio, con la loro cultura.
Ci sono alcuni programmi televisivi, di grande successo tra i nostri ragazzi e ragazze, costruiti su una miscela accattivante, mescolando insieme simpatia e contrasto, ironia e comprensione, desiderio di apparire e bisogno di comunicare, senso di responsabilità  e disinteresse. Allora, senza trasformare i format mediatici in iniziative pastorali, utilizzando queste modalità  comunicative e purificandole, la Chiesa può affrontare la sfida per parlare di Cristo ai giovani.

I giovani sono i nomadi del divertimento, ma anche gli oltre due milioni di Tor Vergata. C'è un punto di contatto sul quale concentrarsi per avvicinare anche i più lontani?
L'universo giovani è un'unica realtà . Perciò, come punto di contatto, vedo un rapporto diretto con i nostri giovani, per trasformare dal di dentro gli aspetti negativi della loro cultura e sostenere quelli positivi. È vero: il loro mondo è controverso e talvolta ambiguo. Per questo motivo insisto nel costruire rapporti personali, per promuovere e vivere una cultura della relazione significativa, per coinvolgerli in una proposta di fede.

Il Papa ai giovani ha chiesto di seguire un grande ideale, di non lasciarsi inghiottire dalla mediocrità . Non crede che l'annuncio del messaggio cristiano avrebbe bisogno di una certa creatività  per essere più attraente?
Creatività  non è sinonimo di moda. Io credo nella fantasia del quotidiano, per costruire una vita insieme con essi, attraverso un servizio paziente alla loro intelligenza, educandoli, in famiglia, nella scuola, nella comunità , nei gruppi e nelle associazioni, alla libertà  e alla responsabilità . No alle lezioni dalla cattedra, sì, invece, alle esperienze di vita da partecipare, ai passi concreti da compiere insieme.

Si dice che i giovani abbiano bisogno di testimoni più che di maestri; testimoni a loro vicini, credibili. Ha qualche suggerimento?
Direi: hanno bisogno di maestri testimoni, uomini e donne capaci di insegnare con la vita, di risvegliare nei giovani il mai scomparso desiderio di Dio e di impegnarsi per i grandi ideali, come la vita, la pace, la dignità  dell'uomo. Hanno bisogno di testimoni disposti a partecipare coraggiosamente, anche nell'attuale supermercato religioso e culturale, una risposta ai tanti interrogativi della vita, cioè Gesù Cristo. Ecco il Testimone vero e unico. Altri testimoni a loro vicini e credibili? Sembrerò perfino scontato, ma penso a tanti papà  e mamme, a professionisti e persone di cultura impegnati ovunque a realizzare un convivere pacifico e civile, a tanti giovani occupati nel volontariato.

I giovani vogliono sentirsi ascoltati e avere la responsabilità  su ciò che li riguarda. Anche nella Chiesa vogliono essere protagonisti della pastorale e non solo fruitori.
Certo, si può fare sempre di più e sempre meglio. E benvenute anche le critiche da parte dei giovani, perché ci aiutano a migliorare. Ora, proviamo ad allargare l'orizzonte pastorale: alla sfida della multiculturalità , con la ricchezza del dialogo interculturale, ma anche con due rischi diametralmente opposti. Il primo, la perdita delle proprie radici culturali e della propria identità , e conseguente relativismo culturale e scetticismo dell'intelligenza. Il secondo, l'atteggiamento fondamentalista, la rigidità  della mente e del cuore. Alla sfida della dilatazione crescente dell'indifferenza religiosa e della non credenza. Alla sfida del fai da te del sacro, in cui ognuno sceglie gli elementi più graditi. Ecco alcune proposte per rendere i giovani protagonisti della pastorale.

In ultima analisi, alle soglie del terzo millennio, che cosa si aspettano i giovani dalla Chiesa? E la Chiesa che cosa può offrire loro?
L'adesione entusiasta alle Giornate mondiali della Gioventù e il filo diretto con Giovanni Paolo II ci testimoniano l'attesa dei giovani di una ragione di vita e di valori per cui valga la pena impegnarsi. La Chiesa dona ciò che ha di più caro: Gesù Cristo e il suo messaggio di Amore. A tutti i giovani non si stanca di offrire la forza, contenuta nelle parole Duc in altum - Prendi il largo (Lc. 5,4), per affrontare il mare aperto della vita, sapendo di non essere soli.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017