Il bombarolo del Nord-est è solo un pazzo criminale

È un criminale al quale non va dedicato troppo spazio. E che non va chiamato "Unabomber", perché i suoi gesti malati non sono supportati da alcuna ideologia, per quanto folle.
29 Aprile 2005 | di

Il delinquente o i delinquenti che disseminano ordigni esplosivi nel Nord-est del Paese ferendo a caso ignari bambini e adulti non meritano ovviamente alcuna indulgenza e devono essere messi al più presto in condizione di non nuocere. Le loro gesta non hanno alcuna plausibile giustificazione e sono il frutto di una mente malata e pericolosa. La difficoltà  nell'individuarli diffonde tuttavia il massimo dell'allarme che, talvolta, sconfina nel panico e nella psicosi collettiva. Le ultime imprese criminali degli ignoti dinamitardi - mi riferisco a quanto avvenuto nel mese di marzo di quest'anno - sono esemplari delle reazioni che fatti di questo tipo possono provocare in una comunità  impaurita. Innanzi tutto la scontata richiesta della pena di morte per i responsabili, richiesta che puntuale riaffiora ogni volta che le vittime della violenza sono i bambini. È un argomento, questo, che merita un approfondimento maggiore di quello che questo spazio concede. La pena di morte non è prevista dal nostro ordinamento e sta scomparendo da gran parte dei codici dei Paesi civili, non funziona come deterrente, è soltanto una concessione a quella parte di cittadini che chiede vendetta e, per i credenti, è una vera e propria contraddizione in termini, visto che nessuno di noi è autorizzato a spegnere una vita che è stata data dal Creatore. Risultati molto migliori si otterrebbero, mantenendo tutti i diritti garantiti a imputati e detenuti, attraverso una giustizia meno lenta e meno indulgente di quella attuale, con pene certe, senza sconti facili e più rispettosa delle vittime.

Ma la tv ha davvero un potere così grande?

Un'altra reazione degna di nota è stata la polemica sui presunti effetti di trasmissioni televisive, come la fiction Ris-Delitti imperfetti, sulla psicologia del misterioso delinquente. È stato detto che una particolare puntata avrebbe in qualche misura esaltato l'attentatore, spingendolo a ripetere le sue gesta. Chi si occupa professionalmente di serial killer sa bene che alcuni di essi non sopportano il silenzio mediatico e anzi, non di rado, sfidano l'opinione pubblica e le forze dell'ordine a scoprirlo. Per non stare al loro gioco, dovrebbe dunque calare il silenzio sulle loro malefatte, cosa che è inaccettabile da chi ha invece proprio il dovere di informare i cittadini su quanto avviene in Italia e nel mondo. Io non sottovaluto gli effetti negativi, soprattutto sui bambini e adolescenti, dell'overdose di spettacoli violenti in televisione. Tuttavia, credo molto poco all'ipotesi che una fiction possa essere determinante nel rafforzare o perfezionare gli intenti criminosi di un individuo adulto che, proprio perché molto probabilmente malato, tenterebbe comunque di realizzare i suoi obiettivi a prescindere dai programmi televisivi. Per di più, se l'ipotesi dell'influenza negativa di una fiction fosse fondata, dovremmo trarne la conseguenza che una grande quantità  di spettacoli televisivi, cinematografici e teatrali, e di opere letterarie, anche di altissima qualità , dovrebbe essere censurata perché in grado di avere effetti nefasti su personalità  fragili o inclini al crimine. Per quanto mi riguarda, eviterei piuttosto di esaltare il criminale dedicandogli spazi che vanno al di là  della semplice informazione, di utilizzare le sue imprese per spettacoli televisivi di dubbia utilità  in cui i soliti noti si esibiscono in ricostruzioni, talvolta scontate ma spesso patetiche, dell'identikit dello sconosciuto attentatore: è giovane, è vecchio, forse è una donna, è italiano, è straniero, ha avuto problemi nell'infanzia, è un ex militare, e chi più ne ha più ne metta.

E non chiamiamolo Unabomber

Per non parlare della bella idea di averlo chiamato Unabomber, mettendolo così sul piano di Theodor John Kaczynski l'ecoterrorista che fu l'incubo degli Stati Uniti fino al 1995, e dandogli dunque anche una, molto dubbia, dignità  ideologica. Queste etichette sono davvero molto più pericolose di una fiction televisiva perché capaci di fissarsi nella mente dell'ignoto attentatore, che potrebbe così convincersi di essere stato ammesso nel pantheon dei grandi criminali con lo stesso soprannome di chi uccideva dichiarando di volere difendere l'ambiente.
Torniamo a terra: lasciamo lavorare chi ha mezzi ed esperienza in questo difficile campo di indagine tenendo alla larga i dilettanti del crimine. Sperando che la stampa continui a informarci con completezza senza romanzare i fatti, che le fiction continuino a romanzare i fatti senza pretese di informare, e che certe tavole rotonde la smettano di spacciare per ricerca della verità  quella che è invece spettacolarizzazione del crimine e del dolore.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017