I nuovi volti degli italiani

Il Dossier statistico immigrazione, curato da Caritas e Migrantes, fotografa un'Italia sempre più multietnica. Un punto di partenza per una politica migratoria più matura.
19 Ottobre 2005 | di

Sono i primi ad arrivare, quando il sole è appena spuntato. Occupano i lati della stradina acciottolata che conduce alla spiaggia e aprono il loro negozio: i senegalesi dispongono le statuette in legno, sagome nere e affusolate. La ragazza nigeriana mette ordine tra i rocchetti di spago colorato, che di lì a poco servirà  a fissare decine di treccine, ormai un must tra le ragazzine; il giovane algerino carica l'armadio portatile con cui girerà  il litorale nelle prossime ore: salvagenti e giochini per i più piccoli, camicette e vestiti in stile orientale, cappelli e racchettoni. Poco più in là  l'ambulante vende i suoi prodotti con l'aiuto di un giovane polacco, l'anziano si appresta a prendere un po' di sole, accompagnato dalla badante filippina, e i piccoli giocano in riva al mare sotto l'occhio delle baby sitter ... rumene e salvadoregne.
I ricordi dell'estate ormai svaniscono, ma sicuramente sarà  capitato un po' a tutti di assistere a uno spettacolo del genere. Cina, Africa, Asia, America latina in pochi metri quadri... basta guardarsi intorno per capire che oggi immigrazione e globalizzazione viaggiano a braccetto, fenomeni ambivalenti, da governare e accogliere. Inutile chiudere gli occhi.
È l'invito che lancia il XV Dossier statistico sull'immigrazione presentato ufficialmente da Caritas e Migrantes a fine ottobre.
Lo slogan del Dossier, curato dal sociologo Franco Pittau, va proprio sotto questa cifra: «Immigrazione è globalizzazione». Nell'introduzione, i responsabili dei tre organismi promotori - monsignor Vittorio Nozza, per la Caritas italiana, monsignor
Luigi Petris, della Fondazione Migrantes e monsignor Guerino Di Tora, della Caritas di Roma - dichiarano che «l'immigrazione non solo si avvale delle condizioni della globalizzazione, ma è anche, al tempo stesso, una tra le espressioni più significative di globalizzazione dal basso».
A quanti guardano al fenomeno con sospetto e pregiudizio, il Dossier - che in questi anni si è accreditato come un serio strumento di lavoro - spiega perché oggi l'immigrazione per l'Italia è un'opportunità . «Senza di loro sarebbe un disastro autentico» , dicono i tre firmatari dell'introduzione, riferendosi agli stranieri.
In questa fase di transizione diminuisce la popolazione italiana ma non quella dell'Italia, per l'arrivo di nuovi immigrati e la nascita dei loro figli.
La mancanza di forza lavoro che per diversi anni si è riscontrata in molti settori è stata colmata: basti pensare al mezzo milione circa di donne straniere che si prendono cura delle nostre famiglie, ma anche al doppio di lavoratori immigrati che si sono inseriti in settori come l'agricoltura, l'edilizia, la pesca, l'allevamento, e in certi rami dell'industria o dei servizi. Se così stanno le cose, dunque, sostengono Caritas e Migrantes, «l'immigrazione non è l'espressione di un attacco pregiudiziale al nostro benessere, alla nostra cultura, alle nostre istituzioni, al nostro sentimento religioso. È vero invece che l'immigrazione è un'opportunità  che può essere colta in misura più o meno soddisfacente» .
Le affermazioni si basano su una raccolta dati che intreccia le ultime ricerche in relazione al tema trattato: dai dati del ministero dell'Interno a quelli dell'Istat, dall'Inps ai sindacati e varie fondazioni specializzate.

I numeri del Dossier
Oggi sono circa 2 milioni e 800 mila i cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia (all'incirca lo stesso numero di Spagna e Gran Bretagna). Il nostro Paese viene subito dopo la Germania (7,3 milioni) e la Francia (3,5 milioni). Italia e Spagna sono caratterizzate da un ritmo d'aumento che è il più consistente di tutta l'Unione europea.
La cosa interessante da notare è che non si tratta più di flussi contenuti di lavoratrici domestiche e di richiedenti asilo o di migranti di passaggio, bensì di nuclei familiari e di lavoratori presenti in tutti i settori e in tutto il territorio italiano.
Oltre alle due province che si attestano sulle 300 mila (Milano) o sulle 340 mila (Roma) presenze regolari, ve ne sono molte con 100 mila presenze (Torino, Brescia) o con 50-70 mila (Padova, Treviso, Verona, Bergamo, Modena, Firenze, Napoli).
L'immigrazione è, come sempre, un indicatore del dinamismo occupazionale del Paese: più forte al Nord (59 per cento della presenza immigrata), mediamente forte al Centro (27 per cento) e più debole nel Mezzogiorno (14 per cento).
I ricongiungimenti familiari vedono saldamente in testa il Marocco e l'Albania (ciascun Paese con 13 mila visti), seguiti da Romania (8 mila) e Cina (7 mila) e distanziati, ma con una significativa quota di 3 mila visti, India, Ucraina, Iugoslavia, Bangladesh e Macedonia.
Le migrazioni sono un incentivo anche allo sfruttamento, organizzato in maniera industriale nel settore della prostituzione: nel 2004 sono stati concessi 811 permessi per protezione sociale. A partire dal 1998 sono state 6 mila 781 le donne inserite nei progetti di protezione sociale, 5 mila 732 quelle avviate a corsi di formazione, 28 mila 90 quelle accompagnate ai servizi socio-sanitari-legali, mentre iniziano a essere avviati progetti per il reinserimento in patria.
I lavoratori stranieri sono stimabili pari al 9 per cento circa della forza lavoro
(2 milioni 160 mila sulla popolazione complessiva regolare, secondo le stime del Dossier, all'inizio del 2004). L'occupazione degli stranieri ha come caratteristiche differenziali la maggiore incidenza dei contratti di lavoro a termine e  a tempo parziale. Anche se tra di essi aumenta la quota di lavoratori occupati in posti che richiedono maggiori competenze professionali, 3 su 10 (e non 1 su 10 come avviene per gli italiani) svolgono mansioni non qualificate nonostante l'alto livello di preparazione scolastica. L'Istat dice che circa il 40 per cento è occupato nell'industria, circa il 50 per cento nei servizi e il resto in agricoltura. Nell'industria è forte la presenza nelle costruzioni, e nei servizi spiccano il commercio, il settore del lavoro domestico e l'assistenza alle persone.
Le quote programmate per il 2004 sono state di 50 mila stagionali e 29 mila 500 lavoratori non stagionali. Gli imprenditori che hanno risposto all'indagine Excelsior hanno stimato in quasi 200 mila (ipotesi massima) il fabbisogno di nuovi lavoratori.
I contratti stipulati nel 2004 hanno coinvolto 783 mila 303 lavoratori nati in Paesi extracomunitari. Il Dossier definisce un «triangolo occupazionale», costituito da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, seguite da Toscana, Trentino Alto Adige, Piemonte e Lazio. Tra le province per capacità  occupazionale viene al primo posto assoluto Milano (63 mila 863 assunzioni) e quindi Roma (35 mila 758), mentre registrano più di 20 mila assunzioni Bolzano, Brescia e Trento.
Anche la provenienza continentale ha il suo peso sulla dinamica occupazionale: gli immigrati dell'Est Europa prevalgono nei contratti del settore agricolo e detengono circa la metà  dei contratti anche nell'industria e nei servizi; tuttavia, gli asiatici si affermano nei contratti riguardanti il settore conciario3,0 e tessile, gli africani in alcuni rami dell'industria e gli americani in alcune branche dei servizi.
L'incidenza delle donne oscilla tra il 41 per cento del tempo indeterminato e il 36 per cento di quello determinato, con una diminuzione rispetto allo scorso anno ma con maggiori possibilità  di garantire i posti di lavoro.
La collaborazione familiare è la categoria a più alta etnicizzazione: dopo la regolarizzazione del 2002 si è arrivati a superare il mezzo milione di addetti a fronte di 100 mila italiane che ancora rimangono nel settore, con una prevalenza (54,2 per cento) di donne dell'Est Europeo (ucraine, romene, polacche), una partecipazione ridotta ma significativa dell'Asia e dell'America (16,4 per cento e 14,9 per cento) e una ridotta dell'Africa (9,9 per cento). Questa presenza è diffusa in tutta Italia, con una grande concentrazione (attorno alle 100 mila unità ) nei due grandi poli urbani di Roma e Milano e una media di 8,5 colf per mille abitanti, un addetto quindi ogni 118 residenti. Si tratta di donne non più giovanissime: «Tra non molto tempo - conclude il Dossier  - queste persone costituiranno, molto più di altri immigrati, una schiera di pensionati al minimo e cioè i nuovi poveri della società  italiana» .
Gli infortuni di lavoratori nati in Paesi extracomunitari denunciati all'Inail nel 2004 sono stati 115 mila 773 (di cui 116 mortali), il 12 per cento del totale delle denunce. Gli immigrati sono più soggetti a rischio (65 infortuni su 1.000 lavoratori mentre per gli italiani si tratta solo di 42 ogni 1.000). Si tratta di un rischio crescente perché, a fronte di una diminuzione registrata per gli italiani, per gli immigrati si è verificato un aumento del 6,6 per cento.
Per quanto attiene alla scolarizzazione, gli immigrati hanno un livello di istruzione più elevato degli italiani. Tra di essi i laureati sono il 12,1 per cento mentre tra gli italiani sono solo il 7,5 per cento; i diplomati sono il 27,8 per cento contro il 25,9 per cento, quelli con la licenza media il 32,9 per cento contro il 30,1 per cento. Per le donne immigrate la percentuale delle laureate e dei diplomati è ancora più alta rispetto ai maschi.
Uno sguardo, infine, il dossier lo lancia anche sui matrimoni misti. I maschi italiani sposano più di sovente filippine, romene, peruviane e albanesi. I matrimoni misti (7.000 l'anno) riguardano in prevalenza maschi italiani che si sposano con donne straniere, in 4 casi su 10 europee o americane

Politiche migratorie: l'ora della maturità 
Di fronte a questi numeri, il Dossier chiede al Paese di cominciare a pensare a una politica migratoria matura. «Arrivati a quasi tre milioni di immigrati, dobbiamo ora iniziare a collocare le nostre scelte in un contesto più ampio e secondo un progetto a lungo termine, un'impostazione, questa, scarsamente riscontrabile nel documento che il governo ha dedicato alla programmazione migratoria per il periodo 2004-2006», dicono Nozza, Di Tora e Petris. In pratica, si chiede di preparare vie agevoli di accesso alle persone ritenute necessarie, potenziando il meccanismo delle quote di ingresso per i Paesi di provenienza, snellendo e razionalizzando le pratiche burocratiche che finiscono per privare della loro efficacia le vie legali e inducono molti a seguire vie alternative. In riferimento al «Libro Verde» della Commissione europea si chiede di pensare «al permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro, finalizzando all'inserimento nel mercato occupazionale i permessi rilasciati per brevi soggiorni» .
Apertura all'immigrazione, si dice, non è affatto l'equivalente di ingenuità . «Siamo coscienti che la politica migratoria si sostanzia anche di azioni di contrasto e riconosciamo che fa parte dell'efficacia della norma la possibilità  di una sua capacità  coattiva, nel caso degli immigrati come negli altri aspetti della vita sociale. È sbagliato, però, confondere il diritto con le impostazioni restrittive» .
Un discorso a più largo raggio non può non considerare il rapporto tra immigrati e cittadinanza. In concreto, si dice che oggi sono pochi i titolari di carta di soggiorno; una ristretta minoranza quelli che riescono ad acquisire la cittadinanza italiana; non sono sufficientemente diffuse le esperienze di partecipazione consultiva a livello comunale e rimane esclusa dall'agenda dell'attuale legislatura una decisione sull'attribuzione del voto amministrativo agli immigrati, uno «sbocco che riteniamo positivo e sempre più necessario». Quanto alle paure relative all'indebolimento della nostra identità  nazionale, il Dossier non usa mezzi termini: non va assolutizzata e contrapposta alle altre e, tuttavia, è tempo di proporla con convinzione come base della convivenza, prevedendo anche sostegni finanziari per lo studio dell'italiano e la conoscenza delle nostre istituzioni. « Il venir meno dell'identità  cristiana va riferito alla perdita o al rinsecchimento delle nostre radici, che il confronto con altre religioni evidenzia ma non causa. Anzi, il confronto può favorire la riscoperta del vangelo di Gesù Cristo, ed è un fattore che promuove l'incontro e la reciproca comprensione. Le migrazioni ci aiutano a conoscere meglio non solo i temuti musulmani e i fedeli di altre religioni, ma anche tanti cattolici, ortodossi e protestanti di Paesi diversi che condividono la nostra fede e sono spesso occasione di edificazione con il loro esempio».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017