Francesco Lojacono il «ladro del sole»

A Palermo una mostra inaugura una nuova sede museale: la Galleria di arte moderna, nell'ex convento di sant'Anna. Ma la città lascia scoprire anche altri inediti tesori.
21 Novembre 2005 | di

Palermo è una città  bella e composita, fatta a strati, tanto che il giornalista Roberto Alajmo l'ha paragonata a una cipolla. La stratificazione delle influenze e degli stili si vede anche nell'architettura. Perciò è difficile coglierla nel suo insieme, meglio isolarne qualche spicchio, qualche «tesoro ritrovato».
Nel cuore del centro storico, dove sorge l'antico mercato dei Lattarini, in un dedalo di animatissime viuzze (in epoca musulmana Suq el attà¢rin ossia «mercato dei droghieri») c'è uno dei tanti gioielli dell'architettura palermitana: il complesso di Sant'Anna alla Misericordia. Comprende l'ex convento francescano con la chiesa di Sant'Anna (in splendido barocco palermitano) e Palazzo Bonet, in stile gotico-catalano. Il palazzo, voluto dal mercante catalano Gaspare Bonet (1487), nel 1582 fu acquistato dai gesuiti che lo cedettero, poi, alla famiglia Bologna; nel 1618 l'edificio passò ai francescani che lo usarono per ingrandire il vicino convento, arricchito, negli anni successivi, da un bel chiostro. Ma quei muri dovevano cambiare ancora destino: ospitarono, infatti, prima le guardie daziarie comunali e poi il liceo ginnasio Umberto I.
Nel 1929 i frati francescani tornarono a occupare una piccola porzione del loro convento e ad officiare nella chiesa, che era stata trasformata nel tempo in granaio municipale. Oggi di questo splendido complesso, in cui si mescolano sacro e profano oltre che stili architettonici, è appena stata ultimata un'impegnativa opera di restauro e le sue sale ospitano la mostra dedicata a un palermitano illustre: Francesco Lojacono .
Il complesso di sant'Anna diventerà  la sede della Galleria d'arte moderna, assieme a Palazzo Abbatellis e al museo archeologico Antonino Salinas, motivo di vanto per la città  siciliana.

Francesco Lojacono esportò la sicilianità 
Francesco Lojacono è un siciliano che si fece onore in tutta Italia e oltre i confini nazionali. Visse anche a Parigi (conobbe Camille Corot) e forse proprio perché seppe esportare la sicilianità  senza tradirla, i suoi conterranei gli sono ancora oggi grati. Proprio a lui Palermo dedica una mostra, aperta fino all'8 gennaio 2006, frutto di anni di studi e di ricerche.
Francesco Lojacono nacque a Palermo il 26 maggio 1838. Figlio di un pittore, Luigi, autore di quadri di soggetto sacro o militare, a formarlo fu però soprattutto il grande pittore partenopeo Filippo Palizzi (1818-1859) e determinante fu anche l'influsso di De Nittis.
Francesco Lojacono partecipò in prima persona alle battaglie risorgimentali, dopo lo sbarco dei Mille a Marsala. «Prendo i tuoi figli - avrebbe detto Giuseppe Garibaldi a Luigi Lojacono - e tu fammi il ritratto». Francesco fu ferito nella battaglia di Milazzo, ma continuò a combattere agli ordini di Nino Bixio fino alla battaglia del Volturno nell'ottobre del 1860, insieme a diversi altri artisti. Di tale impegno, però, non c'è traccia nei suoi quadri che, come si vedrà , prediligono soggetti del paesaggio siciliano.
Francesco nel 1861 partecipò alla prima «Esposizione nazionale» a Firenze, dove soggiornò più volte e strinse amicizia con i paesaggisti toscani che frequentavano il Caffè Michelangelo. In seguito partecipò a tutte le più importanti rassegne di pittura in Italia (Venezia, Napoli, Torino, Palermo) ma la sua consacrazione fu anche internazionale (Vienna, Parigi, Bordeaux).
Il suo quadro la Strada di campagna, esposto a Napoli nel 1877, fu accolto subito nel museo nazionale di Capodimonte e L'arrivo inatteso , altro capolavoro di grandi dimensioni, venne scelto nel 1883 dalla regina Margherita per il palazzo del Quirinale, suscitando le lodi di D'Annunzio.
La Strada di campagna descrive l'atmosfera che precede un duello e pare di trovarsi in un libro di Verga e nel vivo delle suggestioni musicali di Mascagni. C'è un caldo inesorabile, un'afa opprimente, un sole cocente. Nessuno seppe dipingere il sole meglio di Lojacono - questa la fama che il pittore si fece in vita - tanto che nel quadro di Paolo Vetri ed Ettore De Maria Bergler Una carovana di artisti nel deserto (1889), Lojacono è raffigurato in mezzo al corteo di artisti nell'atto di reggere il sole e, vent'anni dopo, il nobile siciliano Romualdo Trigona gli affibbiò l'epiteto di «ladro del sole» per la luminosità  della sua pittura.
La visione naturale di Lojacono - secondo Antonella Purpura, direttrice della Galleria d'arte moderna - affonda le radici nel contesto culturale e storico dell'epoca: «L'esperienza con i Mille costituisce una pausa nell'evoluzione pittorica di Lojacono, ma ne rafforza i postulati teorici che si basano sull'osservazione della natura che non è più oggetto di imitazione ma realtà  da rappresentare e presentare, ponendo così le basi per una moderna concezione della pittura di paesaggio».
Nella maturità  Lojacono dipinse scogliere e luoghi della Sicilia: Erice, Taormina, Agrigento, la Cubula (è la prima volta che un edificio arabo entra in pittura italiana, fa notare Fernando Mazzocca, uno dei curatori della mostra), strade polverose e riarse, l'Orto Botanico, agavi, cactus, le infinite suggestioni del giardino di Villa Tasca, sempre con una resa del particolare straordinaria. Scegliendo questi soggetti, diede anche un contributo notevole alla valorizzazione dell'autonomismo isolano, al rispetto della tradizione, pur non rinunciando all'apertura culturale che la sua formazione gli dava. Gli ultimi quadri di Lojacono prediligono tonalità  più fredde, la natura si fa tramite di stati d'animo: si respirano malinconia e presentimento della fine. Si vedano le scogliere dipinte negli ultimi anni del Novecento o il Paesaggio Mediterraneo del 1905.

Gli oratori ritrovati
All'interno del complesso di Sant'Anna si trova anche l'Oratorio della confraternita di Maria Vergine del Rifugio costruito nel 1616 e radicalmente trasformato nel 1888.
Gli oratori palermitani, luoghi di assemblea e di culto, sono autentici gioielli, difficili da individuare dall'esterno, fatti erigere dalle Confraternite - associazioni di laici con fini spirituali e pietistici - che lì si riunivano per le loro riunioni (capitoli). Gli appartenenti alle confraternite (confrati) avevano regole precise, dovevano tenere un comportamento esemplare e retto, partecipavano alle celebrazioni e avevano intenti caritativi.
Nella parrocchia di San Mamiliano ci sono altri oratori, da poco restaurati e resi fruibili al pubblico, che sono autentiche meraviglie. L'Oratorio del Rosario in San Domenico è stupendamente decorato e rappresenta una felicissima fusione, operata da Giacomo Serpotta, tra le pitture seicentesche raffiguranti i misteri del rosario e lo stucco plasmato attorno ad esse.
La pala d'altare fu commissionata al pittore fiammingo Anton Van Dyck, che vi ha raffigurato la Madonna tra i santi e, al centro, santa Rosalia acclamata patrona di Palermo, quando liberò la città  dalla peste del 1624.
Nell'Oratorio del Rosario in Santa Cita l'interno barocco è stupefacente, pieno come un cannolo siciliano, ma di un equilibrio e di una bellezza rara.
Qui lo stucco, abilmente lavorato e trasformato da Giacomo Serpotta, si dispiega e dà  forma plastica ai misteri del Rosario e alle virtù.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017